Diario di bordo
Benedetto Della Vedova. Le Olimpiadi, Pechino, e noi
09 Settembre 2008
 

Il sipario è calato sulle Olimpiadi di Pechino. Qualcuno ha detto che bisognava tenere separati sport e politica, ma questa, a mio avviso, era una considerazione ingenua: il regime cinese ha chiesto (e ottenuto) le olimpiadi non per amore dello sport e dello spirito decoubertiano, ma proprio per la rilevanza geopolitica che questo evento avrebbe assunto. La vetrina dei giochi ha consentito ai cinesi di mostrare tutta la loro efficienza e potenza, questo è indubbio. Ma dal punto di vista, semplifichiamo, dei diritti umani, voglio sperare che la partita sia finita in parità: Pechino ha fatto il suo ingresso definitivo nella comunità internazionale, ma i media di tutto il mondo libero hanno parlato dello stato dei diritti umani in Tibet e in tutta la Cina come non era mai accaduto. Ora starà proprio alle democrazie occidentali evitare che sul tema della liberalizzazione politica della Cina e dei cinesi non cada l'oblio.

Sostengo da sempre l'opportunità della crescente integrazione della Cina (e ancor più dell'India, fragile democrazia) nell'economia mondiale fino ad oggi guidata dall'occidente, ma questo processo non deve essere visto in contrasto con una politica forte per l'apertura democratica del paese più popoloso del mondo. Per noi non sarà indifferente, tra qualche decina di anni, se la Cina sarà un regime nazionalista e totalitario (oltre che post comunista) o un paese basato su un sistema che riconosca la libertà e i diritti di tutti, a partire dai suoi cittadini.

 

Benedetto Della Vedova

(per 'l Gazetin, settembre 2008
il giornale sarà in edicola sabato 13)


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