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Aldo Martorano. Quattro domande al ministro Gelmini
06 Settembre 2008
 

Fra le tante buone cose insegnatemi dal prof di filosofia al liceo, me ne viene in mente una, ora che leggo della ministra Gelmini, fattasi avvocato andando a sostenere l'esame dal decantato Nord al famigerato Sud, in quel di Reggio Calabria punta estrema dello stivale, per essere il più possibile sicura di superare la prova!

Il mio amato, all'epoca un gran moderno prof contro quell'assurda scuola (direi oggi, anche se non troppo mordace, per comprensibile paura!), un'istituzione da oltre mezzo secolo immobilizzata a letto da “perdurevole restaurazione”, un giorno si lasciò andare con una delle sue incontestabili verità: vuole il padrone della fabbrica - ci disse - far funzionare bene un reparto? Ebbene, scelga fra gli operai il più lavativo, il più scansafatiche e furbacchione. Lo si metta a guidare lui quel reparto e i risultati non mancheranno! Uno strizzacaviglie dai denti aguzzi da affondare nelle carni dei colleghi, lo si trova solo dove vera coerenza e professionalità lasciano molto a desiderare!

La ministra Gelmini è balzata alla ribalta come personaggio politico capace di rinnovare la nostra scuola, da cinquant'anni bisognosa di riforme e di quant'altro, cioè di nuovi metodi d'insegnamento, di nuovi programmi ministeriali, di più preparate figure professionali... E lei che fa? Semplicemente nulla, se non il rispolvero del vecchio, di ciò che puzza ancora di marcio sotto le spesse coltri di infiniti eventi che hanno visto cambiare significativamente sia la scuola che la società, entrambe divenute fotocopia esattamente contraria di un mondo ormai morto e sepolto! Una realtà totalmente diversa in fatto di rapporti fra generazioni e persone, in fatto di emancipazione femminile, di modi di pensare, di possibilità di sopravvivenza e di benessere supportati dalla tecnologia, cioè due facce della stessa medaglia che si ritrovano quasi irriconoscibili l'una rispetto all'altra, dove la frase “...ai miei tempi era così, era colà!” suona ormai ridicola a chiunque!

Il tutto, da parte della responsabile, senza tener conto delle ragioni che hanno prodotto un così radicale cambiamento negli anni, senza un quesito su come mai ciò sia avvenuto! Insomma la ministra ha messo mano alla materia “Scuola” semplicemente restaurando, senza ricorrere a creatività e ad un pizzico di fantasia, quasi a voler fare un bel dispetto al percorso della Storia e al suo ciclo di perenne trasformazione!

A fronte di tanto zelo, a noi suoi concittadini cosa resta, se non il solito riscontro di un altro ricco stipendio, con tanto di annessi e connessi, cioè di privilegi, in più sul groppone, a mantenere chi non si dimostra all'altezza del compito e non merita? Vediamo quali sono le “innovazioni” tanto proclamate:

1) Il grembiule alle elementari. Che senso ha? La scuola non è una caserma, in cui è d'obbligo la divisa. Tantomeno un collegio! Vi si accede ognuno con le proprie individualità, modo di vestire compreso! Abiti firmati, a scandire diversa provenienza sociale, fondoschiena ed ombelico in bella vista (improbabili alle elementari), sono una bella scusa. Vanno dissuasi, ma in ben altri termini!

2) Il maestro unico. E se fosse un cattivo pedagogo? Chi garantisce? Ogni impartizione del sapere deve avere dei riscontri, con altre persone. Il bambino deve poter contare su punti di vista diversi, su informazioni che rispecchiano una verità poliedrica, non solo piana. La classe deve essere un luogo aperto a tutti, dove direttore e preside, (genitori anche), abbiano la possibilità di entrare senza remore per un controllo del lavoro svolto dagli operatori. Non può diventare monopolio di chicchessia!

3) Il voto al posto del giudizio. Ha forse ha lo scopo di nascondere dietro la perentorietà di un numero le incapacità professionali di chi lo dà e lo esercita? Quand'è che si parlerà, invece, di “valutazione”, intesa come “autovalutazione”, da parte dell'insegnante? Dare un “quattro”, può voler dire tutto e niente, “asino” e “incapace” allo stesso tempo, ma può riguardare anche l'insegnante. È un “quattro” dato anche a se stessi, per come si è insegnato, per non essere riusciti nell'impresa di far capire al discente una lezione da noi stessi forse mai capita!

Andiamoci piano con le nostalgie del passato, di quando le cose non andavano meglio, ma sicuramente peggio! Mai un caso, in tanti decenni, di un solo insegnante indagato, dopo il suicidio di un giovane, avvenuto per cause scolastiche! E i suicidi di studenti che si sono ammazzati a causa dell'incomprensione da parte dei loro insegnanti, con tanto di lettera lasciata ad indicare l'insegnante a loro dire “colpevole”, ammontano a centinaia!

4) Il cinque in condotta. “Contro il bullismo”, si dice! Ma questa è una vera e propria dichiarazione di impotenza! Una dichiarazione di guerra e non di collaborazione con la famiglia, quella che dovrebbe farsi carico del cattivo comportamento di un figlio! Ok, allora, lo si bocci in tutte le materie! E poi? Avremo un disadattato e un delinquente in più nella strada, allo stadio, nelle carceri, non certo educative di questo Paese! Si vuole il pugno di ferro? Coi tempi che corrono non abbiamo certo bisogno di un nuovo '68!

Tanta demagogia da bella epoque, insomma, quella della Gelmini, a fare pubblicità e cassa di risonanza a ciò che “nuovo” non è, ma che si presenta come tale sotto false vesti!

E poi, amarus in fundo, questa cattiva notizia di un esame fatto, là dove non è necessario essere preparati, come altrove! Per carità, è comprensibilissimo che di fronte alle difficoltà della vita uno cerchi vie traverse e di farla franca! Ma ciò non vale non per chi poi si ergerà a nostro censore, bacchettando a destra e a manca!

Dubito che si dimetterà la Gelmini, sono più propenso a credere che resterà lì a pontificare sui nostri giovani e sul mondo intero, portandosi dietro la sua coda di paglia. Alla faccia del buon esempio!

 

Aldo Martorano

(da Notizie radicali, 05/09/2008)


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