Lo scaffale di Tellus
Carlo Bordini: “Sasso”. Recensione di Giulio Marzaioli. Vie d’uscita 9
02 Luglio 2008
 

Diventare legno

 

«A volte scrivo delle cose che non so assolutamente cosa significhino; lo capisco dopo, o a volte, addirittura, me lo faccio spiegare da altri». Così dichiara Carlo Bordini nell’articolo riportato in appendice alla sua ultima prova in versi (l’articolo era stato pubblicato su L’Unità del 1° maggio 2002). Una sorta di confessione che cela una presa di posizione assolutamente consapevole.

Carlo Bordini è stato spesso definito poeta narrativo. In effetti, se risaliamo alla radice etimologica del verbo “narrare”, troviamo che la narrazione è comunque una forma di conoscenza. E, quindi, Bordini è poeta della conoscenza, o meglio della forma più diretta e sperimentale di apprendimento che abbiamo a disposizione: l’esperienza.

L’urgenza non nasce dal linguaggio ma nel linguaggio si esprime. In tal senso Bordini è anche un artista di denuncia, nel momento in cui notifica circostanze che meritano pubblica condivisione. L’autore scopre il verso scrivendolo e scrive ciò che scopre. Qualsiasi soluzione non è artificio, bensì marcatura di una sintassi del reale, come intagliatore che segue le venature del legno. Tale esercizio - in cui, ancora per dichiarazione dell’autore, la scommessa si gioca sul piano della spontaneità - prevede un controllo assoluto della forma, così come nello smontare un castello di carte la mano deve osservare immobilità. La focale dell’autore approssima con crescente limpidezza l’oggetto (un avvicinamento per immagini a ciò che è stato). E, a ben guardare, Bordini è autore spietato, poiché fissando il suo e nostro sguardo sul fatto ne scardina progressivamente l’apparato di presupposti e pre-giudizi che “formano” il luogo comune e ne dichiara apertamente e rigorosamente l’imperfezione.

Strumento principale per attraversare esperienza, denuncia e spietatezza è il dolore. Il “sasso”, quindi, altro non è che il rapporto instaurato con il proprio dolore e, ad un tempo, il mezzo con cui questo è posato sulla pagina. Il dolore non si supera, si sopporta tramite l’anestesia di uno sguardo che registra e fissa, senza quasi mostrare emozione. E, così facendo, insinua ancor più efficacemente nel nostro sguardo la stessa immagine, lo stesso dolore, senza mediazioni o palliativi. Non si tratta di cinismo; piuttosto, e ancora, si tratta di esperienza, ovvero attraversamento delle cose. Torna in ogni pagina il “vecchio” della prima sezione di testi, e si rappresenta come quadro riflettente quasi che sovrapponendo il profilo di chi legge fosse già evidente come stanno le cose. Se c’è un tempo è un tempo caduto, che non si può contare. E se c’è ironia, è comunque postuma, un’espressione già consumata su ciò di cui si è già sorriso. Così, con l’articolo in appendice già citato, termina il libro: «in realtà tutti gli artisti, dai poeti ai fabbricanti di cravatte, ai disegnatori di fumetti, in qualche modo contribuiscono a creare un’autorappresentazione e un’idea di sé dell’umanità. E spesso sono gli unici a dire la verità, e l’umanità se ne accorge solo in ritardo: i poeti non possono salvare il mondo, perché il mondo se ne accorgerà solo dopo».

 

Giulio Marzaioli

 

 

Carlo Bordini
Sasso
Scheiwiller

14,00

 

 

Carlo Bordini è nato a Roma nel 1938. Ha pubblicato in versi Strana categoria (1975), Poesie leggere (Barbablu, 1981), Strategia (Savelli, 1981) Pericolo (Aelia Laelia, 1984), Mangiare (Empirìa, 1995), Polvere (Empirìa, 1999), Pezzi di ricambio (Empiria, 2003), Pericolo (Manni, 2004); in prosa Manuale di autodistruzione (Fazi, 1998), Gustavo, una malattia mentale (Avagliano, 2006); ha curato con Antonio Veneziani, Dal fondo, la poesia dei marginali (1978 rist. Avagliano, 2007).


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