Lo scaffale di Tellus
Annagloria Del Piano. La scrittrice Dacia Maraini a ruota libera col suo pubblico 
In Albosaggia (So), nel maggio scorso, per iniziativa del Comune
18 Giugno 2008
 

Martedì 20 maggio, per la rassegna “Primavera della Cultura”, Dacia Maraini è stata ospite d’eccezione ad Albosaggia. Una serata intensa in cui la nota scrittrice ha presentato l’ultimo suo romanzo, Il treno dell’ultima notte, e ha conversato coi presenti, rispondendo generosamente alle numerose domande.

Quattro anni per scrivere questo suo ultimo libro, da tanto tempo dentro di lei, nella sua mente.

«Sono cresciuta con le immagini della persecuzione degli ebrei e questo è uno dei temi portanti del racconto. Scrivo, infatti, di una ragazza poco più che ventenne nel ’56 (in piena guerra fredda), giornalista, che riceve l’incarico di andare a toccare con mano e poi riferire come si vive aldilà della cortina di ferro, decidendo di approfittare di questo caso della vita per ritrovare le tracce di un piccolo amico di infanzia, ebreo austriaco, sparito nel ’39, dopo il rientro dall’Italia a Vienna».

Sullo sfondo, continua la scrittrice, i fatti dell’ottobre ’56 a Budapest con l’invasione sovietica e la rivolta.

«La mia sensibilità verso la privazione della libertà e l’orrore della prigionia è sempre stata molto viva, anche perché ho vissuto due anni da bambina in campo di concentramento (dal 1943 al ’46 la famiglia Maraini viene internata in Giappone – dove risiedeva – per il rifiuto di riconoscere ufficialmente il governo militare giapponese alleato all’Italia e aderire alla repubblica di Salò, nda). So che la guerra, la violenza… non solo distruggono le persone fisicamente, ma ne distruggono l’anima. La protagonista del mio romanzo è dunque testimone delle due grandi tragedie del ‘900: la Shoha e il fallimento di quella grande utopia importante e bella sulla carta, che fu il comunismo, ma la cui applicazione pratica si rivelò, appunto, un dramma e un fallimento».

L’amarezza con cui Dacia Maraini accompagna questa prima dichiarazione, emerge anche in seguito, durante il dibattito col pubblico. Sollecitata da altre domande in proposito, la scrittrice precisa: «L’utopia, l’idea di possibilità equanimi per tutti – accesso a lavoro, studio, sanità – è bellissima, ma ribadisco che il comunismo, nella sua applicazione, non è riuscito a fornire queste libertà, non ha mai funzionato del tutto, da nessuna parte. Si guardi non solo la Russia, ma anche Cuba o la Cina. Certo, anche il capitalismo funziona malissimo! L’unica cosa che è uscita vincente da tutte queste guerre, orrori del ‘900, è l’idea della democrazia e con essa, forse, salverei quelle forme miste di economia, in parte statale e in parte capitalista sul modello dei Paesi scandinavi. E in generale possiamo dire che l’Europa è ancora un giardino rispetto al resto del mondo d’oggi. Bisogna trovare un sano equilibrio».

Altra questione politica, sollevata questa volta dal Prefetto di Sondrio, è stata incentrata sul conflitto israelo-palestinese, con la richiesta di cosa ne pensasse Dacia Maraini.

«Penso che l’Europa e i Paesi arabi non abbiano mai fatto niente per aiutare questi due Paesi a dialogare fra loro. La paura è il sentimento predominante, paura di essere dominati da questi numerosi Paesi arabi intorno, che ha creato in Israele un eccesso di difesa divenuto a mano a mano aggressione. È innegabile che ci siano dei territori cha Israele ha occupato e che non avrebbe dovuto occupare, zone concordate di appartenenza ai Palestinesi. È in una posizione ormai di soverchieria. Ricordando, certo, che neppure l’atteggiamento dell’Iran di non riconoscere tout court Israele è accettabile! Israele è nato territorialmente da una decisione delle Nazioni Unite, non da se stesso. Non trovo inoltre assolutamente giusti i comportamenti di chi ha polemizzato sulla presenza degli scrittori israeliani al Salone del Libro di Torino, oltretutto trattandosi dei maggiori intellettuali di quel Paese, aspramente critici contro i suoi eccessi militareschi e per tal motivo spesso apertamente condannati dal loro stesso governo!».

Venendo poi ai fatti di cronaca di quei giorni, con iniziative popolari (e non solo) contro i Rom e la discussione istituzionale circa la pubblica sicurezza, è stato chiesto alla scrittrice il parere circa l’ondata di odio verso lo straniero, che pare imperversare in Italia.

«Sinceramente io ho molta più paura della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra! Detto questo, credo che il grande problema del nostro Paese sia la giustizia che funziona male! C’è già un principio di ingiustizia nella nostra giustizia ed è la lentezza. La colpa non è dei magistrati, ma di un sistema giudiziario da riformare assolutamente. Quando una persona delinque, italiana o straniera non ha importanza, va subito punito; le leggi ci sono, ma non vengono applicate. Costruire nuove carceri ha un senso, non decidere di far uscire subito chi commette un reato. Peraltro, l’Italia ha bisogno di stranieri lavoratori; non lo dico io, ma gli studiosi. Beninteso, devono essere messi in regola, devono essere bene accolti e ben trattati (vedi anche il problema degli affitti). Ribadisco tuttavia che tre regioni italiane sono in mano alla criminalità organizzata, intrecciata con le amministrazioni: di questo c’è d’aver paura. Bagheria è stata commissariata tre volte in dieci anni per rapporti acclarati delle amministrazioni con la mafia!».

Circa il suo rapporto con la TV, Dacia Maraini afferma:

«Preferisco di gran lunga leggere! Ma certo non si può sfuggire alla televisione, che in fondo va trattata per quel che è: una macchina. E non si può avercela con una macchina. Di sicuro invece si può valutarne l’uso che se ne sta facendo. Molto poco educativo. Il momento grave è stato quando la TV pubblica ha deciso di far concorrenza a quella privata; TV pubblica quindi con un compito formativo, di informazione, e culturale. È scesa sempre più in basso, avvicinandosi pericolosamente a quella privata, per esempio con lo spazio enorme che ha scelto di dare alla pubblicità, con programmi di nessuna utilità come i giochi a premio che io giudico immorali, col medesimo scriteriato uso del corpo femminile. Quest’ultimo divenuto linguaggio di finta seduzione; quella vera, peraltro bellissima, fa parte dell’eros. Qui invece è commercio puro, violenza che si fa alle donne, spogliandole della loro completezza, offendendole perché le si propone decapitate, senza pensiero, esistenti unicamente in quanto corpi».

Sulla figura della donna oggi, nella nostra società, Dacia Maraini è tornata più volte nel corso della serata, affermando tra l’altro che molto è stato fatto, che molte buone leggi sono state conquistate, ma che la parità resta ancora in troppi frangenti sulla carta e non nella pratica. Più che mai non nella gestione della famiglia e del lavoro, dove molte volte la donna è ancora messa nella posizione di dover fare una scelta che esclude l’altra, non potendo contare sul supporto necessario da parte delle istituzioni.

All’ultimo intervento, circa il dissolversi soprattutto fra i giovani dei necessari valori, una volta più presenti (secondo la signora del pubblico), ecco la risposta della Maraini:

«I valori sono un sentimento, sono universali; non c’è bisogno di una morale comune che li stabilisca e non credo neppure sia vero che essi oggi mancano. Mio padre ha cresciuto noi figli senza un tipo di educazione precettistica; non mi ha mai detto di fare o non fare qualcosa, se non trasmettendomi un unico suo pensiero cioè di evitare sempre di fare ciò di cui mi sarei potuta vergognare. Era convinto, e lo sono anch’io, che se una persona impara il rispetto per gli altri, una volta introiettato questo sentimento, le verrà sempre spontaneo, automatico essere onesta. Non servirà il pericolo di finire in galera, né la paura a far da deterrente ad altri comportamenti che semplicemente non verranno neppure in mente. Tutti noi abbiamo dentro la capacità di fare il bene e fare il male. Là dove non si stimola ad emergere la parte positiva, creativa ecc. i giovani non si sentono coinvolti, né parte di nulla… allora ci può essere l’adesione a modelli beceri, a cattivi esempi».

Un incontro denso di riflessioni interessanti, come ho cercato di riferirvi e con una donna davvero generosa nel porsi e nel raccontare di sé. Speriamo che occasioni come queste possano ripetersi!

 

Annagloria Del Piano

(per 'l Gazetin, estate 2008)


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