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Bruna Spagnuolo: La grande Cina (la 'mia' / 1991) – 5. Pechino / Piazza T' ien-an-men
11 Luglio 2008
 

PECHINO

(in cinese Pei-ching, in tutti gli aeroporti internazionali Beijing)

 

Capitale delle Cina e capoluogo della municipalità omonima, nella regione del Nord, tra i fiumi Yung-Ting e Pai/ Centro delle stato feudale di Yen (dall'VIII al V secolo a. C.), Pechino (allora CHI) fu distrutta nel 226 a. C. Risorse come YEN nel 70 d.C. e, nel periodo TANG, cambiò di nuovo nome (You-Chow). Fu poi chiamata Nan-Ching dai Katai, che la invasero e ne fecero la loro capitale Sud. Gli Jurcen, nel 1153, la chiamarono Chung-tu (capitale del centro). Gengis Khān la distrusse (nel 1215) e la ricostruì (una decina d'anni dopo) chiamandola Khānbālīk (la città del khān). Fu questa la città (Cambaluc) di cui Marco Polo narrò meraviglie. Cessato il dominio mongolo (con l'avvento della dinastia MING sulla Cina -XIV secolo), la città si chiamò Pei-Ping (pace del nord) e poi (nel 1421) Pei-Ching (capitale del Nord). L'insediamento successivo della dinastia mancese mantenne Pechino come capitale dell'impero e lo stesso fece l'occupazione temporanea anglo-francese (1860), che vi stabilì una guarnigione internazionale permanente (a guardia del quartiere privilegiato delle ambascerie straniere), dopo la rivolta dei Boxers (1900). Nanchino divenne capitale (nel 1927) e Pei-Ching tornò a chiamarsi Pei-Ping. Occupata dai Giapponesi (dal 1937 al 1945), tornò nelle mani dei nazionalisti del Kuo-min tang e (nel 1949) in quelle dell'esercito popolare di liberazione. Il nuovo governo comunista ridiede alla città il nome Pei-ching e la nominò capitale della Repubblica popolare di Cina.

La parte antica della città è costituita da quadrati; in essi si trovano (a Nord) la città tartara o interna (al centro della quale, circondata da mura, rifulge la Città Purpurea o Proibita -antica dimora dell'imperatore e della sua corte), (a Sud) la Città Esterna o Cinese (in cui sorgono i quartieri delle delegazioni e quelli commerciali). Subito fuori dalla città tartara, i templi della Terra, della Luna e del Sole, erano il completamento-meraviglia della città antica e sono ancora oggi motivo di orgoglio e di ammirazione internazionale. Nel bel mezzo della Città Cinese, il tempio del Cielo richiama schiere infinite di visitatori, per la bellezza indescrivibile delle sua natura architettonica. Il Palazzo d'Estate (costruito dall'imperatrice Tzü-Hsi nelle periferie della città) è dotato di un parco magnifico, ricco di verde e di acque (che gli fanno da "corredo" provvidenziale e lo proteggono dagli ampliamenti galoppanti di questa metropoli ricca di commercio-storia-musei-università.

 

Questa città è la capitale della Cina, è vero, ma è anche e soprattutto la sintesi dell'anima della Cina stessa. In essa, il vecchio e il nuovo si tengono per mano, benché il nuovo avanzi con prepotenza e senza troppi riguardi. Basta guardare queste due immagini (le prime due allegate in calce, ndr). Bella da togliere il fiato, la città vecchia rimane impassibile e osserva, silente e sorniona, ergendosi a simbolo (e a monito-ambasciatore di bellezza e di storia)...

 

Beijing è una metropoli composita e sciamante, un luogo affollatissimo fatto di realtà variegate. Le sue vie principali sono quasi sempre invase da maree di biciclette (con targa) in movimento. I suoi centri commerciali traboccano di ricami e di oggetti di valore. I suoi mercati all'aperto sono paradisi della seta. I suoi giardini sono palestre libere in cui grandi e piccini fanno moto ginnico nel sole e i nonni insegnano il thai-chi ai nipotini. La sua aria, i suoi spazi e i suoi abitanti meriterebbero di essere affrancati dall'opzione ammorbante dell'inquinamento.

 

 

PIAZZA T' IEN-AN-MEN

Posare i piedi su questa piazza, intrisa, non molto tempo fa, del sangue di cinquemila studenti schiacciati da mezzi cingolati o inseguiti e trucidati nelle case, è sentir salire un brivido incontenibile dai piedi fino al cuore. Qualcuno mi dice che quel bagno di sangue è stato necessario, per far sì che la nazione non piombi nell'anarchia e nel marasma generale, ma la mia mente grida il suo orrore e il mio cuore duole al pensiero di quello spreco di giovinezza, di speranza e di cultura...

 

In questa piazza, lo spazio è come un personaggio da accogliere, festeggiare, conquistare, fare proprio, godere, nella celebrazione di una sorta di rituale secolare grazie al quale la gente si adatta a spazi piccoli per la vita familiare e ha bisogno di spazi grandi per la vita sociale. Negli spazi esterni, il singolo cessa di essere tale, perché incontra i suoi simili, forma la folla, se ne lascia conglobare, confortare, cullare, in un abbraccio insostituibile, che è come una placenta. Piazza T'ien-an-men è, per antonomasia, lo spazio in cui il singolo cessa di sentirsi solo, respira gli umori della società e della nazione e si abbandona alle atmosfere collettive. Lo spazio di questa piazza sembra orientato verso l'infinito e, invece, inizia e termina davanti alla città proibita, il cuore pulsante della storia cinese e del 'bello' architettonico metropolitano...

 

Bruna Spagnuolo (testi) e G. Ferrari (foto)

 

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