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Crisi cereali, aumento dei prezzi. Un interessante comunicato del NEIC 
Il problema è l'uso dei cereali per i mangimi animali, anziché per nutrire gli umani. Diminuire il consumo di carne è ormai un obbligo per la sostenibilità ambientale e alimentare
30 Maggio 2008
 

Anche se sembra una novità di questi giorni, era noto già almeno dal luglio scorso, dalle dichiarazioni dei responsabili del programma delle Nazioni Unite per combattere la denutrizione in Africa e altre regioni del mondo (Programma WFP), che la situazione della scarsità di cereali per il consumo umano era un problema estremamente urgente.

Dichiarano i responsabili del NEIC, il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione: «La domanda sempre crescente di cereali non può essere attribuita alla sola produzione di biocarburanti, come qualcuno si ostina ingenuamente a credere (o a voler far credere) che è ancora marginale, ma all'enorme consumo - che nei paesi in via di sviluppo continua ad aumentare - di carne e altri alimenti di origine animale, che esiste da qualche decennio».

L'unico modo di soddisfare questa domanda è attraverso l'allevamento intensivo con mangimi a base di cereali. Le coltivazioni nei paesi in via di sviluppo stanno passando rapidamente dalla produzione di cibo per il consumo umano alla produzione di mangimi per animali: nel 1983 in media venivano usate 128 milioni di tonnellate per nutrire gli animali, nel 1993 il totale è salito a 194 milioni di tonnellate, e continua ad aumentare.

La trasformazione vegetale-animale è un non-senso che non ci possiamo più permettere: gli animali d'allevamento sono “fabbriche di proteine alla rovescia”, basti pensare che per produrre un kg di carne bovina, per esempio, servono mediamente 15 kg di vegetali. Fino a che solo pochi paesi ricchi hanno contribuito a questo spreco enorme, la situazione poteva essere a malapena “sostenibile”, ma ora che anche i molto più numerosi abitanti dei paesi in via di sviluppo vogliono salire qualche gradino della “scala alimentare” è ovvio che la sostenibilità non può più esistere. E che quella di prima esisteva solo perché pochi predavano le risorse di tutti.

L'Irri (Istituto internazionale per la ricerca sul riso) stesso ammette che tra le cause vi sono: la riduzione della terra coltivabile e dell'acqua per l'irrigazione, la domanda in crescita di carne e formaggio da parte delle classi medie urbane dell'Asia (che porta alla riduzione delle coltivazioni di riso). Ma la terra coltivabile è scarsa proprio perché ne viene sprecata una quantità immensa per coltivare mangimi per animali. Se i vegetali (cereali, legumi, ecc.) venissero usati per il consumo diretto umano, si risparmierebbe fino al 90% del raccolto, dell'acqua utilizzata, delle sostanze chimiche, dell'energia... Bisogna invertire la tendenza e tornare, tutti, a consumare meno carne. Il fatto che si mangi più carne non è affatto “un miglioramento della dieta”, come qualcuno ha dichiarato sui giornali.

Nei paesi in via di sviluppo, la maggior parte delle persone che riescono a nutrirsi in maniera adeguata - come quantità di cibo - consumano pochissimi (o per nulla) prodotti animali, eppure la loro dieta - formata per lo più da cereali, legumi, verdura e frutta - soddisfa tutti i requisiti nutrizionali. Molte più persone potrebbero nutrirsi adeguatamente con questo tipo di dieta, consumando le stesse risorse, rispetto al numero di persone che si può nutrire con una dieta a più alto contenuto di alimenti animali.

I paesi sviluppati detengono comunque la maggiore responsabilità in questo spreco di risorse, come maggiori consumatori di cibo animale. Se i paesi ricchi riducessero del 10% il loro consumo di prodotti animali ricavati da bestiame nutrito a cereali, potrebbero “liberare” 64 milioni di tonnellate di grano per il diretto consumo umano. Questo coprirebbe il fabbisogno derivante dall'aumento di popolazione per altri 26 mesi. Una diminuzione del 20% coprirebbe il fabbisogno per più di quattro anni. E i benefici per la salute farebbero diminuire di molto i costi delle cure sanitarie.

Oltretutto, se si vuole parlare del problema dei combustibili, è proprio la trasformazione vegetale-animale a causare un enorme spreco di energia: la quantità media di combustibile fossile necessaria a produrre 1 kcal di proteine dalla carne è di 25 kcal, vale a dire 11 volte tanto rispetto a quello necessario per la produzione di grano, che ammonta a 2,2 kcal circa. Il rapporto è di 57:1 per la carne di agnello, 40:1 per quella di manzo, 39:1 per le uova, 14:1 per il latte e la carne di maiale, 10:1 per il tacchino, 4:1 per il pollo.

Conclude il NEIC: «L'unica soluzione razionale, e a questo punto ormai obbligata, è una diminuzione dei consumi di carne. Questo porterebbe a molti effetti collaterali positivi: una dieta più sana, migliore qualità dell'aria, maggiore disponibilità di acqua, una razionalizzazione dell'uso dell'energia e della produzione di cibo».

 

NEIC - Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione

www.nutritionecology.orginfo@nutritionecology.org

 

LEAL Sezione di Sondrio

(da 'l Gazetin, maggio 2008)


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