Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. Preferisco i lupi
22 Maggio 2008
 

Ecco che è arrivata. La “prossima Lorena” di cui scrivevo la settimana scorsa. Questa non l'hanno uccisa, è viva, se si può chiamare vita quella di una quattordicenne italiana violentata per un anno da almeno ventitré baldi giovanotti italiani (gli indagati erano inizialmente un'ottantina), che la ricattavano tramite un filmato. Sottolineo la nazionalità a scopo terapeutico: se ce n'era uno solo di straniero, in mezzo alla folla degli stupratori, si sarebbe scatenato l'uragano.

I maestri pensatori nostrani si stanno stracciando le vesti sul “deserto morale della gioventù”, come se non fosse il riflesso, la conseguenza e l'imitazione dell'abisso immorale degli adulti. Quasi tutti i violentatori si sono discolpati di fronte ai carabinieri dicendo che “Lei ci stava”. E certo. La sequenza è: lusingala, minacciala, filmala, ricattala. Poi ci sta. La mafia non si comporta mica diversamente, e in Italia se ti condannano per mafia la pena è un seggio parlamentare.

La ragazzina a scuola è stata bocciata, non ha amici, è alternativamente anoressica o bulimica. Era diventata lo zimbello dei giovani del suo paese: dicevano che era affetta da Aids e che bastava uno squillo di telefono per averla, che sessualmente era disponibile a qualsiasi cosa e di sua spontanea volontà. Dov'erano gli adulti? I genitori, gli educatori, gli insegnanti? Ci “stavano” anche loro? Volete farmi credere che si può stuprare in gruppo una bambina per un anno intero, diffamarla per l'intero paese e ridurla psichicamente ad una larva senza che nessuno sappia, nessuno capisca, nessuno sospetti?

*

Ecco che è arrivata, un altro file nella mia cartella: quando mi deciderò a scrivere il distillato di questa cantina di veleni mi esploderà il cuore.

Però dovrò farlo, perché anche questa “Lorena” sparirà dalla carta stampata, e dalla memoria collettiva, nel giro di pochissimo tempo. Non ne sapremo più nulla, perché non sarà più utile a qualcuno saperne qualcosa. Si denunciano quattro stupri al giorno, nel Belpaese (e quindi la cifra è assai probabilmente più alta), ma a tenere la prima pagina sono quelli che comodano in periodo elettorale o per propaganda politica.

Allora ascoltatemi, amici e amiche di progressista indole, che sobbalzate alla parola “femminismo”, che vivete nell'era fantastica del post-patriarcato, che scrivete articoli sulla sconfinata libertà delle veline e delle velate, che analizzate il raptus e il deserto morale della gioventù: non potete chiamarvene fuori in questo modo. La guerra mondiale contro le donne ha un fronte nel vostro paese, e la guerra va fermata. Se siete solo minimamente conseguenti con le belle parole che riempiono i vostri testi e le vostre bocche, usate gli uni e le altre per protestare.

Protestate contro quella cultura che inonda i giovani maschi dei principi di dominio e violenza, e che esalta i delinquenti come furbi. Protestate contro quella cultura del venditi-e-compra che seduce ambo i sessi. Smettete di essere complici passivi dei discorsi sessisti che udite e delle molestie di cui siete testimoni. Se avete accesso ai media, usatelo per dissentire. In quante dobbiamo morire ancora, fisicamente o emotivamente, prima che la cosa vi faccia orrore?

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E ascoltatemi, ragazzi: lo stupro non è sesso. Farlo con altri dieci che ti guardano mentre aspettano il loro turno, su una ragazzina ricattata, non è sesso, è roba da sfigati. Non è da “veri uomini”, è da “veri vigliacchi”.

Lo stupro è la parodia del sesso che la violenza vi dà, ed è un surrogato infame. Non avete neppure idea di quanto sia delizioso scoprirsi a vicenda, proteggersi a vicenda, rispettarsi a vicenda, provare tenerezza l'uno per l'altra e viceversa, inventare, sperimentare, “pazziare” in un letto o su un divano con qualcuno che ci desidera, ci considera, ci vuole bene. Non ve la menerò sull'amore: so anch'io che può essere disgiunto dal desiderio, ma so altrettanto bene che se non rispetti ed impari a conoscere il corpo stretto al tuo la soddisfazione che ne ricavi puoi averla da solo, maggiorata, in bagno, e so pure che quando sei innamorato di qualcuna/o la cosa ti riesce cinquemila volte meglio. Ascoltate anche questo: le ragazze non sono venute al mondo per compiacervi. Non vi appartengono, non sono spoglia di guerra o bottino di conquista. Voi non siete venuti al mondo per compiacerle, stesso discorso. Voi e loro condividete uno status giuridico che garantisce i vostri diritti umani. Ciò significa che voi e loro condividete il diritto, poiché entrambi siete esseri umani, a non essere stuprati, battuti, umiliati e così via. Non ci sono persone che diventano “cose” in base ad una loro caratteristica, e questo vale per le femmine, per i maschi, per quelle di tredici anni, per quelli di diciassette, per quelli con gli occhiali, per quelle con le orecchie a sventola, per quelle che parlano un'altra lingua e per quelli che sono arrivati qui da un altro paese.

Non è difficile da capire, vero? Perché dovete sapere ancora una cosa: non siete immuni alla violenza sessuale. Ma nel caso non sarà una donna a forzarvi, sarà un altro uomo. È di oggi (21 maggio 2008) la notizia che nella mia città un coetaneo della ragazzina del lucchese è stato stuprato da un vicino di casa. Quest'uomo ha potuto farlo grazie ad una gerarchia valoriale che anche voi tendete a perpetuare, quella che avete appreso dagli adulti, quella che vedete in televisione, quella che vi propongono ossessivamente pubblicità e video eccetera. Il maschio dominante, il cui unico potere è quello di costringere con la violenza gli altri e le altre a far quello che vuole lui. E dopo che l'hai simbolicamente uccisa con lo stupro, la tua vittima, cosa ti resta? Potrebbe parlare, darti fastidi, forse bisogna aumentare la dose di violenza, picchiarla di più, infine ammazzarla davvero. Bel seduttore, bel dongiovanni, proprio “figo”. Voi vi vantate di essere diversi, non volete che la vostra vita sia controllata, vi credete autonomi: allora perché non avete uno scatto di orgoglio e non rigettate tutta l'immondizia di cui vi ingozzano? Avete paura del giudizio dei vostri amici? Chi vi organizza nel cosiddetto “branco” non è un amico, è un farabutto che vi volterà le spalle non appena sgarrerete per volontà o necessità, e che se per salvarsi dovrà pugnalarvi alla schiena lo farà senza rimorso. Gerarchia, ragazzi. Dominio. Chi sta sotto conta fin tanto che serve ed esattamente nella misura in cui serve.

Immagino che possa esserci un brivido di piacere nel sentirsi assimilati ad un gruppo di lupi che cacciano insieme, ma se l'esercizio della violenza è l'unico piacere che riuscite ad avere i vostri sensi sono già morti per tre quarti. Vi dirò, bisognerebbe conoscerli meglio, i lupi. Credo si offenderebbero ad essere equiparati ad un club di stupratori. Innanzitutto, cacciano per mangiare e non per accoppiarsi. Derivano il loro “rango” da quello delle loro madri: tanto che un capo può essere cieco da un occhio o zoppo, non dev'essere necessariamente il più dotato a livello fisico. E qual è il ruolo di questo capo, infine? Proteggere. Attirare i pericoli lontano dal branco, sacrificandosi se necessario. Senza offesa, lo preferisco ad un violentatore. Se mai dovesse attaccarmi lo farà per fame o per difesa, e mai per libidine di servilismo ai dettami di una società che distrugge voi ragazzi nel mentre vi incita a distruggere altre ed altri esseri umani.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 22 maggio 2008)


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