Manuale Tellus
Anna Lanzetta: Pittura di Storia. Prima parte: Contesto storico-culturale
Giovanni Fattori: Magenta, Pitti
Giovanni Fattori: Magenta, Pitti 
14 Maggio 2008
 

Il Romanticismo fu un complesso movimento culturale e artistico sorto alla fine del Settecento e affermatosi soprattutto nell’Ottocento. Nato in Germania, come reazione al predominio della cultura francese, illuministica e classicheggiante, si estese poi a tutta l’Europa, pervadendo ogni campo della cultura con aspetti diversi. Nelle nazioni sottomesse, il Romanticismo s’identificò con il Risorgimento, caratterizzato in Italia dai fermenti patriottici e dalle lotte sostenute per la Libertà e l’Indipendenza, esigenza già fortemente sentita da Ugo Foscolo (Zacinto, 1778 – Turnham Green, 1827).

 

In un clima di forti ingerenze straniere e di delusioni, artisti e intellettuali si sentirono investiti del compito di partecipare alla lotta e di testimoniare con le proprie opere il bisogno di identità, di libertà e di riscatto nazionale; le Arti e la Letteratura ne diventarono gli strumenti più efficaci.

 

Con il trattato di Campoformio (17/10/1797), Napoleone aveva ceduto all’Austria: Venezia, l’Istria, la Dalmazia e le isole venete dell’Adriatico in cambio del riconoscimento della Repubblica Cisalpina e del passaggio alla Francia dei Paesi Bassi austriaci (Belgio), dei possedimenti veneti in Albania e delle isole Ionie, deludendo così le attese di quanti avevano creduto in lui, e tra questi Ugo Foscolo, che espresse nei suoi scritti la propria delusione e la condizione di esule che ne derivò.

In alcuni passi del suo romanzo epistolare: Le ultime lettere di Jacopo Ortis del 1802, egli dice:

 …-ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi mi opprime mi commetta a chi mi ha tradito?… Il sacrificio della nostra patria è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resta che per piangere le nostre sciagure, e le nostre infamie.

Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo… quanti infelici! E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degli italiani. (Colli Euganei, 11ottobre 1797).

Potrò io vedermi dinanzi gli occhi coloro che ci hanno spogliati, derisi, venduti… Devastatori dei popoli (i francesi), si servono della libertà come i papi si serviano delle crociate. 13 ott.:

Mi parlò a lungo della sua patria: fremeva e per le antiche tirannidi e per la nuova licenza. Le lettere prostituite: …non più la sacra ospitalità, non la benevolenza, non più l’amore filiale… e poi mi tesseva i delitti di tanti uomicciattoli che io nominerei… ma ladroncelli, tremanti, saccenti..chè non si tenta? Morremo?… e pensi tu, che s’io discernessi un barlume di libertà, mi perderei in questi lamenti? Allora io guardai nel passato…e mi volgevo avidamente al futuro…ma le mie braccia tornavano deluse… e conobbi tutta la disperazione del mio stato. (L’incontro col Parini, Milano 4 dicembre)

 

Dirà nel sonetto A Zacinto (settembre 1802):

Tu non altro che il canto avrai del figlio,

o materna mia terra; a noi prescrisse

il fato illacrimata sepoltura

 

 

E In morte del fratello Giovanni (aprile 1803)

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

Di gente in gente, me vedrai seduto

Su le tua pietra, o fratel mio, gemendo

Il fior de’ tuoi gentil anni caduto.

La Madre or sol….

Straniere genti, almen le ossa rendete

Allora al petto della madre mesta.

 

Foscolo affida alla Poesia il compito di eternare il coraggio, l’eroismo e il valore di coloro che muoiono per la Patria, affinché siano di monito agli altri:

Dei Sepolcri, agosto 1806:

Un dì vedrete

mendico un cieco errar sotto le vostre

antichissime ombre, e brancolando

penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne, e interrogarle.

.Il sacro vate,

placando quelle afflitte alme col canto,

i Prenci Argivi eternerà per quante

abbraccia terre il gran padre Oceano.

E tu onore di pianti, Ettore, avrai

Ove sia santo e lacrimato il sangue

Per la patria versato, e finchè il Sole

Risplenderà sulle sciagure umane.

 

Nota: Le parole riportate in corsivo/neretto indicano l’importanza nel contesto letterario della scelta lessicale, di termini capaci di esprimere tensioni, sentimenti e stati d’animo.

 

La Lettera semiseria di Crisostomo al suo figliolo, scritta da G. Berchet (1783-1851) nel 1816, rappresenta il “manifesto del Romanticismo”. In essa Berchet esalta la “poesia popolare” in quanto espressione di una nazione di cui rappresenta sentimenti, credenze e tradizioni.

La cultura, tra la fine del Settecento e il primo Ottocento, rivolge concretamente la sua attenzione al popolo che nei secoli XVIII e XIX svolge un ruolo fondamentale nel contesto storico. La Rivoluzione francese aveva acceso vane speranze e aveva segnato la crisi dell’Illuminismo. L’Epopea napoleonica e la Restaurazione avevano cambiato in modo radicale la situazione socio-politico- culturale dei paesi europei e soffocando l’identità dei popoli, avevano alimentato in essi il bisogno di riscatto nazionale che in Italia si realizzò con il Risorgimento, espressione di quel Romanticismo, nel cui ambito gli artisti, in modo soggettivo, interpretarono e rappresentarono la condizione del proprio territorio.

 

Il Romanticismo opera una revisione dei contenuti e delle forme espressive:

Rifiuta la mitologia classica e le regole del classicismo.

Rivaluta le tradizioni culturali nazionali, locali e popolari, il sentimento della natura, le religioni tradizionali, il Medioevo come momento di lotta dei Comuni per la Libertà e l’Indipendenza

Riscopre l’età antica e ne attinse i valori sociali e morali, il ruolo del popolo nella storia e il sentimento dell’Amor Patrio.

Ribadisce la necessità di una produzione artistica, moderna e nazional-popolare.

Pone l’esigenza di educare il popolo.

Afferma l’origine cristiana della letteratura romantica e il suo carattere sentimentale e melanconico, l’importanza della contemporaneità, l’apertura a un pubblico più vasto e la necessità di un lessico connotato emotivamente e simbolicamente rappresentato.

Riconquista e riafferma l’idea di popolo e di nazione.

Recupera la Storia e la memoria della tradizione come ritorno alle proprie radici.

Esalta i sentimenti, tra cui l’amore, la fantasia, il desiderio di infinito e il senso del mistero.

Indaga il mondo interiore dell’uomo.

L’artista romantico si oppone alle ingiustizie politiche e sociali e le denuncia. Si approfondisce l’indagine sul senso della Storia: Cosa ci dà la Storia?

Ciò che gli uomini hanno compiuto: i sentimenti che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro progetti, i discorsi con cui hanno fatto o hanno tentato di far prevalere e le loro passioni e altre volontà, con cui hanno espresso la loro collera, effusa la loro tristezza, dirà Manzoni

La poesia di Alessandro Manzoni diventava pertanto incitamento a combattere per la libertà, sull’esempio degli antichi:

dirà nel Primo coro della tragedia Adelchi:

Dagli atri muscosi, dai Fori cadenti,

dai boschi, dall’arse fucine stridenti,

dai solchi bagnati di servo sudor,

un volgo disperso repente si desta;

intende l’orecchio, solleva la testa

percosso da novo crescente rumor.

E sopra i fuggenti, con avido brando,

guerrieri venir;

li vede, e rapito d’ignoto contento,

con l’agile speme precorre l’evento,

e sogna la fine del duro servir.

Udite! Quei forti che tengono il campo,

son giunti da lunge…

E il premio sperato, promesso a quei forti

sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, d’un volgo straniero por fine al dolor?

L’un popolo e l’altro sul collo vi sta

Si posano insieme sui campi cruenti

D’un volgo disperso che nome non ha.

 

e in “Marzo1821”:

L’han giurato: altri forti a quel giuro / rispondean da fraterne contrade…

O compagni sul letto di morte, /  O fratelli su libero suol.

O stranieri, nel proprio retaggio / torna Italia, e il suo suol riprende;

o stranieri, strappate le tende / da una terra che madre non v’é.

O stranieri! Sui vostri stendardi / Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;

Voi che a stormo gridaste in quei giorni: / Dio rigetta la forza straniera;

ogni gente sia libera, e pera / della spada l’iniqua ragion.

Cara Italia! Dovunque il dolente / grido uscì del tuo lungo servaggio;

dove ancor dell’umano lignaggio, / ogni speme deserta non è;

dove già libertade è fiorita, / dove ancor nel segreto matura,

dove ha lacrime un’alta sventura / non c’è cor che non batta per te.

Quante volte sull’Alpe spiasti / L’apparir d’un amico stendardo!

Ecco alfin dal tuo seno sboccati, / Stretti intorno ai tuoi santi colori,

forti, armati de’ propri dolori, / i tuoi figli son sorti a pugnar.

Oggi, o forti,…./ ….Per l’Italia si pugna, vincete!…

La frase più incisiva è: Dio rigetta la forza straniera, ogni gente sia libera, e pera della spada l’iniqua ragion, che dimostra la fiducia che Manzoni aveva in Dio, il suo desiderio che tutti gli uomini fossero liberi e che si ponesse fine alle guerre.

Marzo 1821 è un’ode politica scritta da Manzoni (Milano, 1785-1873) nel 1821, quando i patrioti speravano nell’aiuto dato da Carlo Alberto ai Lombardi contro gli austriaci.

Manzoni precorse gli eventi, immaginando che i patrioti piemontesi avessero già varcato il Ticino, l’azione invece non si verificò e l’ode fu pubblicata nel 1848 dopo le cinque giornate di Milano.

Particolare importanza, assume la dedica a Teodoro Koerner, poeta e soldato tedesco morto per l’indipendenza del proprio paese, combattendo contro Napoleone, simbolo di tutti coloro che in ogni nazione combattono contro l’oppressione e muoiono per la libertà.

 

Nel 1847 Goffredo Mameli (1827-49, di Genova, morto per la difesa della Repubblica Romana il 6 -7- 1849) scriveva Fratelli d’Italia, conosciuto come Inno di Mameli.

In esso egli richiamava episodi storici da cui gli italiani potessero trarre ispirazione per la lotta di liberazione: Roma repubblicana, la battaglia di Legnano, Francesco Ferruccio, Balilla, i Vespri siciliani:

Dall’Alpi a Sicilia / Dovunque è Legnano,

ogn’uomo di Ferruccio/ ha il core, ha la mano,

i bimbi d’Italia / si chiaman Balilla,

il suon d’ogni squilla / i Vespri suonò.

Stringiamoci a corte / Siam pronti alla morte

L’Italia chiamò.

 

Nota:Giovanni Battista Perasso (1729-81), detto Balilla, era il ragazzo di Portoria, quartiere popolare di Genova, che secondo la tradizione iniziò l’insurrezione vittoriosa di Genova contro l’Austria (1748).

 

Goffredo Mameli: A Genova, marzo 1849.

Sorgiamo tutti come un solo uomo e corriamo alle pianure di Lombardia: i Sacerdoti col Cristo nelle mani sieno i primi a dare il religioso esempio di morire per salvare la patria…Fratelli d’Italia quanti siete dall’Alpi sino a Spartivento (Calabria)! La Patria con voce solenne ci chiama tutti alla difesa. E’ richiamo di madre che avvisa i figli a darle aita. Maledetto lo spietato che non si commuove, e ricusa, ingrato, di concorre a spendere l’esistenza per Lei.

 

 

Giuseppe Giusti, nativo di Monsummano Terme (Pistoia) (1809-1850) dice: «Mi trovai un giorno in Sant’Ambrogio dove mi aveva condotto il figlio di Manzoni e c’era un gran numero di soldati tedeschi. La prima impressione che mi fecero fu di ribrezzo e di sdegno. Mi trattenni e sentii che suonavano della musica italiana, un pezzo di Verdi. Allora le mie idee presero un altro avvio… e nacque Sant’Ambrogio:

Ma in quella che s’appresta il Sacerdote / a consacrar la mistica vivanda,

di subito dolcezza mi percuote / su, di verso l’altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le note / come di voce che si raccomanda,

d’una gente che gema in duri stenti / e de’ perduti beni si rammenti.

Era un coro di Verdi; il coro a Dio / là de’ Lombardi miseri assetati;

quello: O Signore, dal tetto natio / che tanti petti ha scossi e inebriati.

Qui  cominciai a non esser più io; / e come se quei cosi diventati

fossero gente della nostra gente, / entrai nel branco involontariamente.

Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello, / poi nostro, e poi suonato come va;

e coll’arte di mezzo, e col cervello / dato all’arte, l’ubbie si buttan là.

quand’eccoti, per farmi un altro tiro, / da quelle bocche che parean di ghiro,

 un cantico tedesco lento lento / per l’aèr sacro a Dio mosse le penne:

era preghiera, e mi parea lamento, / d’un suono grave, flebile, solenne,

tal, che sempre nell’animo lo sento, / …Sentia nell’inno la dolcezza amara

dei canti uditi da fanciullo; il core…/ …un pensier mesto della madre cara,

un desiderio di pace e di amore, / uno sgomento di lontano esilio,

che mi faceva andare in visibilio. / E quando tacque mi lasciò pensoso

quest’odio che mai non avvicina / il popolo lombardo all’alemanno

giova a chi regna dividendo…/ Povera gente…

Chi sa che in fondo all’anima…/ Non mandi a quel paese il principale!

(Testi nella storia, vol.3, B. Mondatori)

 

 

Giovanni Berchet: (Milano,1783-Torino,1851), poeta e patriota milanese, uno dei primi romantici italiani e tra i fondatori del Conciliatore. Esule nel 1821, fu a Milano nel ’48 e poi in Piemonte.

Nella romanza: Clarina, la fidanzata dell’esule, il poeta allude all’incerto e contraddittorio comportamento di Carlo Alberto di Carignano durante i moti piemontesi del 1821 che suscitarono vane speranze: i rivoluzionari furono dispersi dagli austriaci, mentre Carlo Alberto, che dopo l’abdicazione di V. Emanuele I, in qualità di reggente aveva concesso la Costituzione, ubbidendo al nuovo re Carlo Felice, si presentava al Comando austriaco di Novara.

Clarina fu pubblicata nel 1822 in un foglio volante.

 

Sotto i pioppi della Dora / Dove l’onda è più romita, ogni dì, su l’ultim’ora,

s’ode un suono di dolor. / È Clarina, a cui la vita

rodon l’ansie dell’amor. / Poveretta! Di Gismondo

piange i stenti, a lui sol pensa. / Fuggitivo, vagabondo,

pena il misero i suoi dì; / mentre assiso a regal mensa

ride il vil che lo tradì. / …Gridò l’onta del servaggio:

«Siam fratelli; all’arme! all’arme! / giunta è l’ora in cui l’oltraggio

denno i barbari scontar. / Suoni Italia in ogni carme

dal Cenisio infino al mar». / «Tutti unisca una bandiera!»

«Fermi sieno i nostri petti; / questo il giorno è dell’onore:

senza infamia a’ molli affetti ceder oggi non puoi tu».

Ahi! Che giova anco l’amore / Per chi freme in servitù?

Va, combatti; e ne’ perigli / pensa, o caro, al dì remoto

quando, assiso in mezzo ai figli, / tu festoso potrai dir:

Questo brando a lei devoto / tolse Italia dal servir”.

Poveretta! E tutto sparve! / I patiboli, le scuri

di sua mente or son le larve, / la fallita libertà,

l’armi estranie, i re spergiuri, / e d’Alberto la viltà.

e in mano ai re (Santa Alleanza) / die’ la patria, e i generosi

che in lui posta avean la fè. / Esecrato, o Carignano,

va il tuo nome in ogni gente! / Non v’è clima sì lontano,

ove…la bestemmia d’un fuggente / non ti annunzi traditor.

(Gismondo muore e Clarina piange la perdita del suo amor.)

 

In questo contesto, l’arte darà un contributo notevole al movimento romantico-risorgimentale, con la pittura di storia correlata al linguaggio letterario e a quello musicale, come vedremo in seguito, in particolare con Francesco Hayez.

 

 

Note aggiuntive, sintesi degli avvenimenti:

Il Risorgimento fu un movimento che portò nel sec. XIX all’unificazione dell’Italia e alla proclamazione dell’indipendenza nazionale.

Preparato già nell’ambito del ‘700, il Risorgimento iniziò con i moti del ’20 nel regno delle due Sicilie, (con Guglielmo Pepe), falliti per l’intervento della Santa Alleanza.

I moti ebbero  ripercussione  nel regno di Sardegna dove Carlo Alberto, reggente, concesse la Costituzione, ritirata in seguito, per ordine di Carlo Felice, succeduto a V. Emanuele I, che aveva abdicato.

1831, moti di Modena con Ciro Menotti, estesi ai domini pontifici dell’Emilia, della Romagna,delle Marche e dell’Umbria, falliti per l’intervento austriaco.

1831, Mazzini fonda la Giovine Italia: programma repubblicano e tentativi insurrezionali.

1834, la spedizione di Savoia, guidata da Ramorino; 1843, i moti di Romagna; 1844, il tentativo dei fratelli Bandiera; 1853, i moti di Milano; 1857, la spedizione di Sapri con C. Pisacane.

1848 elezione di Pio IX e “neoguelfismo” di V. Gioberti . 1848, moti rivoluzionari in molti paesi europei. C. Alberto entra in guerra con l’Austria. I guerra d’Indipendenza: esito negativo ma tramonto del neoguelfismo. V. Emanuele II succede a Carlo Alberto e grazie all’azione diplomatica di Cavour ottiene l’appoggio di Napoleone III (accordi di Plombières, preliminari di Villafranca) e al termine della II guerra d’Indipendenza ottiene la Lombardia. Annessioni, tramite plebisciti, di Parma e Piacenza, Modena, Bologna, Romagna, Toscana.

1860, Garibaldi conquista la Sicilia e il Napoletano; Marche ed Umbria riconoscono la sovranità di Vittorio Emanuele II che viene proclamato Re d’Italia il 17-marzo-1861. 1866, la III guerra d’indipendenza portava alla conquista del Veneto (Pace di Vienna). 1870, dopo alcuni tentativi falliti dei garibaldini (Aspromonte e Mentana) , le truppe italiane entrano in Roma (Porta Pia,20 settembre)

 

Alcune riflessioni:

Riusciranno le Arti e la Letteratura a sensibilizzare gli animi nell’ambito del Risorgimento? Non fu né semplice né sempre fattibile anche se enorme fu il contributo da esse dato alla causa finalizzata all’Unità d’Italia.

Quando si parla di popolo nell’Ottocento, ci riferiamo soltanto ad alcuni ceti sociali dato che le masse, per quanti sforzi faccia Manzoni per renderle protagoniste, sono ancora lontane dal processo storico in atto (pensate al fallimento della spedizione di Pisacane) e il termine Proletariato che le identifica sarà adoprato soltanto nel manifesto di Marx ed Engels del 1848, nell’ambito del movimento socialista.

Saranno gli universitari, a Padova, il caffè Pedrocchi diventerà punto di riferimento, ritrovo letterario e politico durante il Risorgimento, gli intellettuali del Conciliatore, in relazione alla Biblioteca italiana, Manzoni, Hayez, Verdi, con le loro opere a sensibilizzare gli animi a partecipare alla lotta per la libertà.

Di popolo, nella sua totalità si può certamente parlare in Francia dove la situazione storica lo consentiva, (l’unità nazionale era una realtà già configurata e strutturata) e in Germania dove il movimento romantico trova la sua massima espressione nella ricerca di radici storiche in cui tutta la nazione si identificava, non così in Italia, dove la divisione nei sette stati di cui parlava Berchet non consentiva di avere le stesse aspirazioni ( vedi il tentativo fallito nel napoletano ad opera del cardinale Ruffo. Considerate il peso della Chiesa e tutta la problematica legata a Roma capitale).

Quali furono le cause che non resero possibile il programma del Risorgimento

-mancanza di una lingua comune

-processi storici differenti, per le dominazioni

-presenza della Chiesa

-differenze sostanziali tra Nord e Sud, dal punto di vista economico e giuridico

-l’informazione (periodici: Il Conciliatore e la Biblioteca Italiana).

 

Il problema della lingua:

La mancanza di una lingua nazionale e di una scuola presente in tutto il territorio impedì la formazione di una coscienza politica.

Il processo storico dei singoli stati nazionali, rispecchiava la volontà dei governanti e lasciava in molti stati le masse completamente al di fuori.

La presenza della Chiesa impedirà in molti casi il processo di unificazione (vedi santa alleanza e il problema di Roma capitale).

Differenze tra gli stati a livello culturale, politico e giuridico (vedi pena di morte e i sistemi di mezzadria).

Una cultura che non arrivava alle masse per mancanza di mezzi di informazione come i giornali.

È vero: l’Italia unita era una realtà ma non lo erano gli italiani e per colpa di chi o di che cosa?

Importante era stato il contributo degli intellettuali e degli artisti ma insufficiente a soddisfare quanto Mazzini chiedeva: se vogliamo che il Popolo partecipi consapevolmente e attivamente alla causa nazionale, dobbiamo prima educarlo ma come, se il sistema scolastico rispondeva ancora soltanto ad un ceto selezionato?

Il progetto di Mazzini risultava utopico poiché il sistema scolastico non era idoneo a dare una risposta alle necessità del momento ancora troppo riservato a pochi ceti e se Cuore di De Amicis, dopo i primi consensi, si dimostrava inadeguato a un’educazione che rispondesse ai tempi fu Pinocchio il testo che a livello etico si mostrò più rispondente ai valori e ai bisogni educativi del momento.

Quale Risorgimento?

Dal punto di vista politico, la Questione meridionale ne dimostrava il fallimento sul piano pratico.

Dal punto di vista letterario, a Manzoni si contrapporrà Verga con i suoi vinti.

Dal punto di vista artistico, la rappresentazione del reale con Doumier, segnerà il tramonto di una pittura di Storia, in Italia troppo legata al Medioevo e la rappresentazione di momenti di storia contemporanea come la Battaglia di Magenta o Maria Stuarda al campo di Crookstone di Giovanni Fattori saranno senz’altro più vicini alla sensibilità del momento.

Importante è stato tuttavia il recupero del Medioevo per riscoprirlo, a scapito di chi lo vuole periodo di oscurantismo, momento di storia fecondo di ideologie e funzionale per certi aspetti alla causa risorgimentale e superamento di una cultura teocratica che aprirà le porte all’Umanesimo.

Ancora una volta dobbiamo fare i conti con il ruolo che la cultura aperta alle masse deve giocare per realizzare un mutamento di situazioni e sistemi. Ma veramente i governanti volevano che il popolo si acculturasse? Nel Granducato di Toscana forse sì ma negli altri stati, come ad esempio, lo Stato Pontificio? Dobbiamo prendere atto che il problema scolastico è e resta per altri aspetti un nodo storico.

Quale eredità siamo oggi disposti a raccogliere dal primo e dal secondo Risorgimento?

 

Concludiamo la prima parte della pittura di storia, relativa al contesto storico-culturale, modulo realizzato con gli studenti del biennio ITIS A. Meucci, di Firenze, per il progetto “Il diritto all’arte per gli studenti degli istituti tecnici” ed elaborato e riproposto nell’ambito di un progetto di educazione per gli adulti al Quartiere 3 di Firenze.

 

 

 

Immagine di copertina: G. Fattori Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Firenze, Galleria d’Arte moderna di Palazzo Pitti


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