Lo scaffale di Tellus
George Sand: “La foresta di Fontainebleau”. Recensione di Rosa Pierno
edizioni Pagine d’Arte,  2008
edizioni Pagine d’Arte, 2008  
09 Maggio 2008
 

Ha un incipit lieve George Sand in questo suo invitarci a visitare la foresta di Fontainebleau, come farfalla che si posi sulla nostra spalla, ma che abbia il ferreo proposito di renderci incalliti amanti dei tronchi, delle rocce ricoperte di foglie secche, dei vanitosi rami che ghermiscono spazi già occupati e arrancano verso il cielo. Ci tenta in vari modi, forse in tutti quelli che ha a disposizione, proponendoci attività che sono legate alla fruizione del parco: come lei dovremo portarci nella visita album per disegnare gli scorci più insoliti, scatole per catturare insetti, erbari per conservare il colore delle foglie e come lei dovremo concederci il beneficio che le passeggiate all’aria aperta donano al nostro corpo e al nostro animo la condivisione del piacere della scoperta della natura con i nostri cari. Sa che la posta in gioco è di ottenere da noi, suoi lettori, amore per la natura: solo col numero più alto possibile di amanti, natura potrà dirsi posta in sicure mani.

 

Inoltre, ci invita a riconoscere l’individualità dei luoghi. La foresta di Fontainebleau non è uguale a nessun altro luogo al mondo. Nessuna foresta è uguale a un’altra foresta. Proprio in questa ricerca dell’individuazione delle singole caratteristiche dei luoghi naturali, d’altronde efficacemente esperita anche nel suo viaggio in Italia, la Sand rivendica il diritto all’esistenza di ciascun brano naturale. E ci ricorda che ogni pensiero malato, depresso, desolato nasce nel disaccordo con le nostre vere necessità. Un riavvicinamento alla natura vale anche come atto terapeutico, come un metro assoluto in grado di ridarci il giusto esempio rispetto al quale ricalibrare il nostro essere.

 

Natura come monumento nazionale. Che non va smembrato né modificato. Siamo in presenza di un vero e proprio richiamo alla conservazione del patrimonio naturale, alla salvaguardia di un patrimonio che appartiene a tutti, inalienabile se non a prezzo della nostra stessa esistenza. La bellezza e la poesia delle foreste sono un bene per l’intera umanità, non solo per gli artisti. Natura è maestra, contro la stessa modalità di vita contemporanea che ci siamo dati e il cui ingranaggio ci stritola, di contemplazione e di irrinunciabili diritti per tutti.

 

Concetto che viene ripreso nel prologo da Matteo Bianchi (che arricchisce con questa nuova perla la collana “Sintomi”) attraverso la sua coraggiosa presa di posizione contro un’ideologia che sullo smaltimento dei rifiuti, sulle costruzioni urbanistiche distruttive dell’ambiente, sullo sfruttamento delle risorse, proponendo di non intervenire, contribuisce in realtà alla mancata soluzione dei problemi legati alla vita dell’uomo nell’ambiente. Trovare soluzioni concrete e rispettose e adeguate alle funzioni complesse e strettamente correlate dell’utilizzo e della salvaguardia, invece, deve essere il vero obiettivo di chi natura ama.

 

Rosa Pierno


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