Carlotta Zanobini: I quattro battisteri del mio ieri
C.Z. Grandine che accartoccia, 2005
C.Z. Grandine che accartoccia, 2005 
26 Maggio 2009
 

Parobello è un personaggio che frettolosamente si potrebbe chiamare letterario dato che lo trovo scritto da me sulla pagina, ma non è propriamente così, ha un “suo” respiro disegnato prima che nella parola pensata e scritta perché vive della mia fantasia che si sposta nei luoghi più impensati. Probabile lo trascini, essa fantasia per farlo Parobello. All’inizio, esaltata dalla sua presenza, mi sono detta che gli avrei dato l’universo per casa, l’immensità quasi non raccontabile,… dopo m’è venuto da ridere,… Parobello è troppo domestico e locale, abita il comodino, a volte le sabbie dello zucchero nella teiera, e credo la mia piccola anima in piccolo corpo. Però Parobello è un amico vero, un innamorato, che mi dà gioia e smarrimento e fatica nel cercarlo, nell’esserne cercata, un frammento dopo l’altro, una storia dopo l’altra, perché del romanticismo è l’esalazione, assai inconsistente ma con carezze a lungo di cartavetra. CZ

 

 

 

I quattro battisteri del mio ieri

(Parola disegnata di Parobello)

 

(Noia) Sembrava il Battistero di Pisa un dolce di glassa capace di annoiare qualsiasi palato. Mi sentivo svuotata dall’appiccicosa ragnatela di dover dipingere il luogo dove non ti avevo detto che sarei stata. Angoscia di un solo tono di grafite, molto meno bianco che nero. Parobello rese affabile la sua disperazione allegra perché barattava ogni cosa con la manciata di stelle sopra al monumento. La raggiungo si disse, e poi non lo fece. E fischiettò l’assenza – la ragazza scuote la testa alla finestra – tra un’ironia e l’altra.

 

(Pioggia fine) Verso sera, dalla finestra della cucina vedo, il Battistero lisciato dall’acqua che inizia piano piano a scendere, spingo a fondo la sordina e la mantengo sopra la vanità che accartoccia il simulacro ridicolo del monumento celebre. La ragazza s’immagina stelo nell’acqua in balia di qualche rana capricciosa nei salti. Da accostare alla mancanza che ho di te. Nell’ombra schiarita dai fanali: il disincanto.

 

(Grandine) Ascolto. Tamburello. Conto i baci, anche cattivi, che ti darei per ogni grano di ghiaccio che rimbalza sui marmi della piazza miracolosa a marzo. Aspetto di macularti. Parobello perché annunci il tuo ritorno in me? Il disegno regge i nostri segreti nell’occhio, pensa la ragazza.

 

(Sole) Quando sei entrato nella camera stavo a occhi chiusi, mi sono accorta della tua presenza, notando il cambiamento di luce sotto le palpebre... fuori è tornato il baluginio di una buona giornata, anche lo zufolo melenso dei venditori ambulanti sento di nuovo e l’inglese irriconoscibile dei questuanti. La meteorologia negativa sul Battistero s'è dissolta. Anche la mia angoscia. Bacio il disegno portafortuna prima di te. Tieni in mano un ridicolo ombrello a macchie rosse e gialle. Ma dove l’hai trovato? Non capisci che sono capace di annullarmi in un luogo se tu non torni quando io voglio. Parobello stava nell’acerbo ricordo del mondo conosciuto con la ragazza e di esso non si dava pena.

 

Carlotta Zanobini


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