Itaca
Bevilacqua e Osti. La pancia della cittą
27 Aprile 2008
 

Il tempo dei vegetali si risolve nel proprio spazio…

F. Ponge da “Il partito preso delle cose”

 

hanno ridisegnato l’incrocio, aggiornato lo sviluppo al breviario… e con questo cercato di forare l’onda che impercettibilmente batte e ribatte sul porfido. Ancora, e certo più di prima, ci sarà lo spazio per muoversi; lo dico fra i denti e forse il suono che ne esce è più quello di un tombino smosso

Francesco Osti

 

 

Come ogni città ha la sua pancia nascosta

in una piazza esatta, così la nostra è costellata

di uomini a braccia conserte impreparati a parlarti

nell’aria che gli cinta le facce e schiaccia i corpi

nelle panchine. Una rotonda brulla vuota di fiori

è il ricordo che l’agosto ennesimo vuole portarsi

nella fine. Le auto sfilano meste nella centrifuga

d’asfalto che tiene l’ombelico saldo al suo ventre.

È la piazza principale che nella quotidiana

guerra con le schiere di abitanti, decide a chi

avvinghiarsi per stringergli radici come con l’alpino

imbalsamato in cima al sasso. Qualcuno ancora

la dovrà assimilare e per forza innamorarsi.

Sembrano senza profili i negozi, gli angoli, i tavoli

smussati tutti nell’equivoco storico che li ha voluti

qui, eppure tutto sta passando e qualche vecchietto

sorride domandandoti delle parentele

o prendendosi un poco degli occhi dei bambini.

Massimo Bevilacqua

 

 

Materiali per la manutenzione. Sparklehorse, album Vivadixiesubmarine. Joseph Roth, Il museo delle cere, Adelphi. Juana Molina, album Tres Cosas.

 

 

(da 'l Gazetin, settembre 2006)


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