Alice Suella: Democrazy. Elogio dei pugnali di Augusto
Alice Suella
Alice Suella 
10 Maggio 2008
 

Ottaviano Augusto costrinse i Romani a scegliere l'onestà. Uccise tutti quelli che si opposero. Così propose anche Machiavelli, con l'idea di essere temuti ma non odiati. Cito Kurt Vonnegut: «I romani sorpresi a comportarsi come maiali furono appesi per i pollici, scaraventati nei pozzi, dati in pasto ai leoni e sottoposti ad altre esperienze tali da instillare in loro il desiderio di essere più decenti e fidati di com'erano. Funzionò? Potete scommetterci la testa! I maiali scomparvero d'incanto! E come chiamiamo il periodo seguito a questa repressione, oggi inimmaginabile? Né più né meno, amici e compagni, che l'Età d'oro di Roma».

  

Ecco cosa penso io. Potrei già finirla qui ma invece no, devo argomentare. No, la democrazia è fallimentare. No, non credo che tutti abbiano diritto di parola. No, non credo che sia giusto che individui possano liberamente discutere sulla malattia degli omosessuali, sulle donne assassine o boiate interminabili. No, credo ci voglia qualcos'altro. La democrazia, nel nostro stato, è illusione.

Dal dopo Mussolini, ci siamo illusi di votare e decidere. Eppure, non è mai cambiato nulla. Mai. Dc. Dc. Dc. D'Alema. Berlusconi. Prodi. Berlusconi. Che altro non sono che Dc, sotto altri nomi.

Dal dopo Mussolini le persone sono state ammaestrate a credere che non esistesse che l'inevitabilità, il dover parteggiare per il meno peggio, o contro qualcosa. Mai, e dico mai, un voto italiano è stato dato con soddisfazione. Mai, e dico mai, la democrazia è stata la voce del popolo.

  

O forse mi sbaglio. La voce del popolo c'è eccome. In fondo se la classe politica è marcia è perché prima siamo marci noi. Anzi, voi, perché io me ne tiro fuori senza alcun timore di sbagliare. Andare a votare, sempre e comunque, perché è dovere, ha portato solo all'essere stagnante, al non poter mai scegliere. Anno dopo anno la possibilità di avere un candidato deciso dalle persone sfuma. Anno dopo anno, però, milioni di italiani si limitano a dire sono tutti uguali, ma quello è peggio. Questa è forse democrazia? Certo che no.

Siamo poi così sicuri di volere una democrazia in questo paese? Paese in cui il cattolicesimo dilaga – con i bravi concetti legati al terrore, alla sottomissione, alla regressione – in cui gli omosessuali vengono visti ancora come dei pervertiti, in cui la Famiglia è sacra (salvo poi vedere donne e bambini molestati, e con quali dati preoccupanti!), in cui rubare è imperativo. In cui molta gente non è in grado nemmeno di parlare correttamente l'italiano. Dove interi eserciti di bambini vengono allevati da personaggi egoisti, abietti, spesso violenti e crescono per diventare a loro volta egoisti, abietti, violenti. Dove la televisione, i giornali, la stampa, la musica,  tutto è legato all'imperativo della mediocrità.

  

No, questa non è democrazia. Questo è Licio Gelli trasformatosi in realtà. Cosa voleva Licio? Licio, per chi non lo sapesse, era il gran maestro della P2, la loggia massonica presente in tutti i fatti di cronaca nera e di politica dell'Italia degli anni '80. Ustica, Bologna e tutti i casi famosi hanno dietro, in qualche modo, Licio. Cosa voleva dunque? Prendere il potere, senza più nemmeno la violenza. Controllare le menti, fare in modo che le persone dicessero sempre le stesse ovvietà, focalizzando l'attenzione su fattucoli privi di importanza, per permettersi azioni altrimenti intollerabili.

E funziona, eccome se funziona. La gente, convinta di scegliere, si adagia. La gente, ammorbata dai programmi televisivi privi di neuroni, consegna il non voto alla democrazia, si illude di stare compiendo una scelta. E i burattinai si succedono, anno dopo anno, fornendo informazioni scarse.  Quelli che mal pensano, quelli che non si accontentano della patina colorata di nullità che li circonda, trovano barlumi di verità. Ma non è più importante, non sono pericolosi. Tanto rappresentano una minoranza schiacciante, minoranza tra l'altro fortemente frammentata al suo interno.

   

Personalmente, non credo più nella democrazia. I grandi pensatori (Socrate, per esempio) sono stati massacrati da quella che chiamiamo democrazia. Platone voleva massacrare i deboli e gli inetti ed io non sono da meno.

Non credo nel voto, non credo nelle parole, non credo soprattutto nelle persone. La società ormai è talmente marcia... Anzi, non la società. LE PERSONE sono talmente marce da non meritare pietà, da non meritare compassione. Sono talmente egoiste e vuote da votare solo quando la cosa li riguarda. Quando possono trarre vantaggio dai fatti. Oppure votano la fazione: Ah, io sono di sinistra. Come se questo li definisse in qualche modo migliori. No, questo è un popolo, un mondo di beoti. Beoti che hanno permesso, in nome della demcorazia, di far lavorare otto ore al giorno la gente, di farli ringraziare per avere un posto di lavoro – spesso inutile – dove vengono maltrattati (quando non muoiono). Dei perfetti schiavi agonizzanti, senza che lo sappiano. Persone che non sanno cosa fare del loro tempo libero, che desiderano tornare a lavorare anche quando sono in ferie, vivendo poi il resto dell'anno in attesa delle ferie e il cerchio non si chiude mai. Degli schiavi che hanno distrutto l'ecosistema, che hanno messo il denaro come valore (non intendo valore assoluto, ma come valore e basta) e il lavoro come status di dignità. Questo, ha fatto la democrazia.

  

Chi ha cultura viene deriso da quelli incolti. Questo è un paradosso che può avvenire solo oggi, nel mondo democratico e non pensante. Grazie agli esempi squallidi presenti nella televisione e nel mondo politico, viviamo in una non democrazia in cui si vota, si parla, in cui non c'è nemmeno più bisogno di uccidere per fare quello che si vuole. E' un sistema perfetto, alimentato da teatrini inutili in cui la gente crede ancora, nonostante siano identici a se stessi da secoli.

  

Facciamo un gioco.

  

Qui, nelle mie mani, ho una collana. A turno, uno di noi prende la collana e se la mette al collo. Da quel momento il proprietario della collana deciderà per tutti. Quando vi sarete stancati del potere di quello della collana, gli chiederete gentilmente di toglierla e passarla  a qualcun altro.

Questo raccontava Gaber, negli anni settanta. La collana non è mai girata, la portano addosso sempre le stesse persone. La gente ogni tanto si lamenta, chiede di far passare di mano la collana. E mentre vota dimentica che le mani sono le medesime, sudate, sporche, ma piene di fastosi anelli.

Forse è meglio che vi salvi. Forse è meglio che diventi il nuovo Ottaviano Augusto.

Secondo me sarebbe un posto migliore.

 

                                                                                                   Alice Suella


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