Ritratti
Mazzola e Prati, glorie del calcio italiano
22 Gennaio 2006
 

Alla “Settimana del libro sportivo”, manifestazione poco tempo fa organizzata a Oreno (Mi) dall’editore Roberto Vallardi, sono state invitate due grandi glorie del calcio italiano: Sandro Mazzola e Pierino Prati.

Mazzola, 63 anni, ha vinto 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Intercontinentali con l’Inter, oltre a 70 partite in azzurro (22 reti) e la perla dell’Europeo ‘68. Pierino Prati, 59 anni, con il Milan ha vinto 1 scudetto, una Coppa delle Coppe, una Coppa dei Campioni (con tripletta personale), una Intercontinentale, giocando 14 partite con la Nazionale (7 gol). Entrambi affrontano con disponibilità le domande del pubblico, anche quando a Mazzola si chiede della famosa staffetta di Messico ’70 con il suo eterno amico-rivale Gianni Rivera.

M: «Bisogna sapere come in realtà è nata la staffetta. La notte precedente la partita contro la Nazionale di casa che ci fecero giocare a mezzogiorno avevo avuto la dissenteria, la famosa maledizione di Montezuma. La mattina mi sentivo svuotato di energie e ne avevo parlato con il medico. Mi fu chiesto se riuscivo a fare almeno un tempo. Risposi di sì. Alla fine dei primi 45’ uscii ed entrò Rivera. Nella semifinale con la Germania, però, non mi aspettavo di lasciare il campo. Mi arrabbiai moltissimo: vincevamo 1-0 e i tedeschi avevano Beckenbauer infortunato. In Finale, contro il Brasile, alla fine del 1° tempo, rientrato negli spogliatoi, feci per togliermi le scarpe, ma Valcareggi mi fermò, dicendomi che dovevo ancora giocare. Così si svolsero i fatti della famosa staffetta». L’ultimo atto fu un 4-1 per la Seleçao.

P: «Io in Messico giocai subito un’amichevole senza considerare i problemi dell’altura. Per 10’ mi diedi un sacco da fare, ma a quel punto una nebbia mi calò sugli occhi. Boninsegna divenne titolare accanto a Riva, che Valcareggi non si sentì mai di togliere dal campo, neanche per soli 45’. Io, scherzando, gli dissi: “Uccio, ho realizzato tutti i miei sogni di bambino. Sono qui, sono un calciatore e non ho mai perduto una finale cui ho partecipato. Fammi giocare che vinciamo”». Non giocò, mentre Rivera in Finale giocò i 6’ finali, quelli della discordia.

P: «Rivera è degno di stare assieme a Pelé e Maradona. Ricordo che le prime volte che giocavo con lui mi dava dei palloni incredibili: guardava a destra e passava a sinistra. Mi domandavo come poteva riuscirci. Poi, pian piano, ho capito come muovermi e dove andare per ricevere i suoi passaggi».

Il duo Rivera-Mazzola segnò negli anni ’60 e ’70 una fiera rivalità stracittadina: Inter contro Milan o Helenio Herrera contro Nereo Rocco.

P: «Devo molto a Rocco. Quando arrivai al Milan, ero un ragazzo. Ero pieno di anelli e ciondoli, i pantaloni rosa: Rocco mi guardò e disse... “Portatelo via, mi aspettavo un calciatore, non un cantante”». Rocco sapeva sdrammatizzare, pur essendo un maestro di football. Un classico: «Facciamo un po’ di giri di campo. Dicono che faccia bene. Facciamolo anche noi».

Anche il popolare Baffo ne ha da raccontare, come quella volta che HH richiamò verso la panchina il suo giocatore dicendogli... “Ora devi smetterla di giocare tecnicamente e devi cominciare a giocare tatticamente”, che non voleva dire proprio nulla. Il Mago, evidentemente, voleva solo far vedere che diceva qualcosa durante il gioco. «Poletti, che mi stava marcando – prosegue Mazzola – e che mi aveva seguito sin lì, dopo un po’ mi disse: “Ora spiegami un po’ quel che significa, che non ci ho capito proprio niente”».

Che pensate dei mutamenti subiti dal calcio contemporaneo?

M: «Qualche volta, dopo mezz’ora di certe partite, mi addormenterei. È scomparso il dribbling, la capacità di saltare l’uomo. E vietano il dribbling anche ai giovanissimi!». Mazzola ha segnato, a giudizio dell’UEFA, il più bel gol di sempre della Champions League-Coppa dei Campioni: contro il Vasas Budapest, nel 1966, un dribbling magico e infinito contro tutta la difesa magiara, con stoccata decisiva a rete. Un capolavoro indimenticabile.

P: «Dicono ai bambini di girare la palla e di non tenerla. All’oratorio a volte si giocava uno contro tutti, ma ci si divertiva e s’imparava a dribblare. Oggi ai bambini spiegano la diagonale, ma loro potrebbero dirti che l’hanno già fatta a scuola».

Previsioni sul campionato in corso?

P: «La Juve mi sembra molto ben attrezzata con la coppia Emerson-Vieira».

M: «Concordo. Mi pareva che Vieira avesse un passo diverso quando giocava in Inghilterra, meno adatto al nostro campionato. Ma ora l’ho visto benissimo».

Inevitabile la domanda a Prati, vecchio cuore milanista, del dramma maturato a Istanbul il 25 maggio (anche l’Inter perse una Coppa dei Campioni un 25 maggio, a Lisbona, contro il Celtic Glasgow).

P: «Ancelotti non ha colpe. Però bisognava spezzare il gioco del Liverpool fermandoli alla linea di centrocampo. La mazzata vera è stato il gol del 3-2».

Prati insegna il gioco del pallone nelle scuole calcio, con impegno, passione e serenità. Mazzola è un abilissimo commentatore-opinionista TV e con il Golden Boy, alias Gianni Rivera, è immerso nel bell’universo della solidarietà: testimonial, insieme, dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Di recente hanno presenziato all’inaugurazione di due padiglioni destinati ai disabili gravi e agli anziani non autosufficienti. Cuore d’intramontabili campioni.


Alberto Figliolia


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