Lo scaffale di Tellus
Luigi Carletti. Lo schiaffo
02 Aprile 2008
 

Luigi Carletti

Lo schiaffo

Baldini e Castoldi Dalai editore, pagg. 350, Euro 16,80

 

È un vero piacere imbattersi in narratori italiani ancora capaci di raccontare storie che trasmettono emozioni. Luigi Carletti, giornalista di carta stampata e multimediale, è uno scrittore con la esse maiuscola, razza che in Italia credevo estinta. Alla larga dai comunisti (2006) era un intenso romanzo di formazione ambientato in una città di mare sferzata dai venti di scirocco e libeccio. Lo schiaffo (2008) è la storia di Eddy Della Nave, regista di origini elbane che sfonda nel mondo del cinema a cinquant’anni e vede cambiare la sua vita. Il romanzo abbonda di citazioni cinematografiche, da Tutti pazzi per Mary a Riso Amaro, passando per L’uomo della pioggia, il cinema di Tarantino, L’ultimo bacio (ridicolizzato da L’ultimo schiaffo), La dolce vita, Il segno del comando e gli eccessivi titoli del porno (Astersex, Il giustiziere della gnocca…), che faranno la gioia degli appassionati. Carletti costruisce una storia ricca di personaggi complessi e porta l’azione in due locationes suggestive e così diverse come Roma e l’Isola d’Elba. L’autore descrive la capitale in uno stupendo notturno. Di notte, quando l’inverno si annuncia con la pioggia, Roma si placa. Occulta gli isterismi di capitale splendida e inadeguata alla sua modernità forsennata, ricopre di normalità il fradiciume dei suoi sottomondi senza speranza, e si lascia percorrere con più calma, come una donna assonnata e languida che sa darsi e sa stupire. Affronta il tema della perdita dei genitori come dolore che sale da abissi sconosciuti, un’onda d’urto fulminea i cui effetti non sono mai prevedibili. Descrive la fine di un amore con poche ma riuscite pennellate, ricorrendo (novello Suskind) agli odori di una donna che si attaccano alle mura di una casa e non se ne vogliono andare. Eddy vive a Roma, fa cinema indipendente, gira porno in Ungheria, pellicole commerciali, corti e lavori mal retribuiti. Il suo agente lo esorta a non mollare, fino al giorno in cui arriva l’idea giusta con La scelta di Alfio, pellicola che lo porta a lottare per rappresentare l’Italia agli Oscar. La vita di Eddy diventa problematica, tra una moglie che vuole un figlio, una ministra che lo insidia sessualmente, un agente ebreo che odia i palestinesi, i parenti elbani che cominciano a considerarlo, gli scrittori arroganti che lo criticano, il passato che torna alla ribalta, i pettegolezzi, le rivalità del mondo cinematografico, le perdite, i dissapori, i tradimenti e i sogni infranti. Eddy è un regista che non vuole aver niente a che fare con il passato che non passa, vuole vivere nel presente, raccontare storie di oggi, di come siamo, magari di come saremo. Eddy è un uomo che vive aggiustando il sapore della vita, sopravvive alle delusioni, alle frustrazioni, alla precarietà negli amori e negli affetti. La madre gli ha insegnato a vivere e a crederci sempre, nonostante si sia spesso sentito un quarantenne sradicato alla ricerca del suo posto nel mondo. La scelta di Alfio nasce proprio durante un soggiorno elbano, alla ricerca delle radici, e viene fuori da tutte le sue insoddisfazioni. Eddy sa di essersi giocato la parte migliore della vita per inseguire un futuro, si volta indietro, vede la strada percorsa e spinge il lettore a fare un bilancio della sua esistenza. Ed è questa la forza di un romanzo che non ha paura di affrontare neppure il tema dell’eutanasia.

Lo schiaffo è una commedia amara che ricorda il cinema di Nanni Moretti, soprattutto La messa è finita e Caro diario, ma anche la commedia all’italiana classica, quella che non deve avere per forza un lieto fine, ma che è capace di raccontare grandi storie facendo sorridere.

 

Gordiano Lupi


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