Antonio Fiori: l'anniversario della Costituzione
07 Marzo 2008
 

Il giorno di Capodanno, nel TG1 di prima serata, l’attore Gabriele Lavia ha letto alcuni articoli della nostra Costituzione, saltandone ogni tanto qualcuno ed omettendo i commi più impervi. Ha concluso con l’art. 53, ricordando agli ascoltatori il dovere di concorrere alla spesa pubblica secondo la propria capacità contributiva. E non è certamente sfuggita ai cittadini più attenti la pubblicità istituzionale sul 60° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione. Sono apparsi sulla carta stampata articoli tratti dai suoi Principi Fondamentali, commi scelti con oculatezza, cercando di pesare idea e sostanza, leggibilità e valori.

Non so se questo distillato costituzionale metterà in moto qualche riflessione nei lettori, certo non potrà peggiorare la diffusa sensazione di un paese che appare, sul tema, distratto, disinformato e dalla memoria piuttosto evanescente. Si potrebbe anche dire, con un certo cinismo, che se stiamo diventando più poveri e marginali forse siamo destinati – alla fine – a ritrovare lo spirito che animò i Padri della Costituzione nel primissimo dopoguerra; se invece stiamo andando incontro ad un futuro più roseo (mantenendo a debita distanza la Spagna e la Grecia) vorrà dire che questa Costituzione ha contribuito al formarsi di un Paese migliore.

La verità, più preoccupante delle due ipotesi precedenti, è che manca in larghi strati della popolazione la capacità di dialogo, in troppe istituzioni la consapevolezza del ruolo e in chi ci rappresenta il coraggio necessario per perseguire il bene comune nel rispetto della Costituzione. È per questa ragione che, se anche le statistiche ci premiassero, un cauto pessimismo è ormai d’obbligo.

 

Antonio Fiori


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