Diario di bordo
Valter Vecellio. Gli affetti e i concetti 
Una partita da vincere non tanto “contro” Berlusconi o “per” Veltroni, ma per le riforme urgenti da assicurare al paese
26 Febbraio 2008
 

Ilvo Diamanti, sociologo e studioso di flussi e tendenze che attraversano l’opinione pubblica tra i più autorevoli e accreditati, valuta che il “distacco” tra centro-destra e centro-sinistra sia valutabile intorno ai sei punti a favore del primo; e che una rimonta sia cosa che “sì, si può fare”. Veltroni come leader miete consensi, anche se Berlusconi è in recupero. Negli ultimi giorni è Veltroni a dettare l’agenda politica, e indubbiamente alcune candidature annunciate sono tali da far ben sperare. Non si nascondono le difficoltà, dalle parti del loft, e però sembra di cogliere un cauto ottimismo. Si sogna Obama, insomma. Chissà. Per Obama occorrerà attendere prima il 4 marzo e vedere come la pensano in Texas e in Ohio. Poi ci sarà lo scontro vero, con McCain.

Dai sogni americani alla realtà italiana: gli entusiasmi, a volte, giocano brutti scherzi. Bruttissimo scherzo giocò, nel 1976, all’allora PCI guidato da Enrico Berlinguer: erano un po’ tutti convinti, allora, che il sorpasso sulla DC di Benigno Zaccagnini fosse cosa fatta. Finì, se vi ricordate bene, che la DC alla Camera si pappò un 38,7 per cento mentre il PCI si fermò al 34,4 per cento. Al Senato il distacco fu di cinque punti. La delusione fu cocente; ma ancor più cocente fu quella del 1994. Ricordate Achille Occhetto con la sua “gioiosa macchina da guerra”? Era sceso in campo Silvio Berlusconi, quel brambilla impomatato, che raccontava barzellette da caserma, indossava vestiti improbabili, affettava sorrisi che suonavano di falso come le monete di stagno nel Medio Evo… Era certa, la «gioiosa macchina da guerra», non che si potesse fare, ma che fosse cosa già fatta. Risultato: il brambilla impomatato e guardato con tanto disprezzo, si insediò a palazzo Chigi, e ci ha fatto vedere di cosa è capace: di tutto, appunto.

Veltroni al suo comizio di Pescara ha detto (e lo ha poi ripetuto) che il Partito Democratico «sta risalendo a una velocità impressionante». Facciamo scongiuri e tocchiamo tutti gli amuleti che sono a nostra disposizione. Roberto Weber, sondaggista della SWG, su l’Unità ha chiarito qualcosa: il PD, per ora è fra il 30 e il 31 per cento, percentuale dell’Ulivo alla Camera nel 2006. Poi ha spiegato che il PD se vuole vincere davvero, deve mietere consenso nelle regioni del Nord, e in particolare il Veneto e la Lombardia. In queste due regioni chiave «non si sono registrati spostamenti a favore di Veltroni». Il punto dolente, dunque è questo. È augurabile, dunque, che la “composizione” giorno dopo giorno realizzata da Veltroni e dai suoi, riesca e possa aggredire il monolite lombardo-veneto. Chissà se basteranno i Colaninno, i Veronesi, gli Ichino, le Martine Mondadori. E anche Antonio Di Pietro: quanti consensi potrà portare la sua Italia dei Valori, così sgangherata e populista, con parole d’ordine rubate al magmatico “popolo” di Beppe Grillo? Pierluigi Bersani, che ha fama di persona pragmatica e abituata a fare i conti con il dare e l’avere, l’altro giorno ha detto una cosa che dovrebbe far pensare: «Qualcosa si muove, ma il centro-destra ha un insediamento mostruoso».

Forse se Emma Bonino e Marco Pannella, se i radicali fossero stati “utilizzati” dal Partito Democratico in modo diverso da come li si vuole utilizzare, quell’insediamento potrebbe risultare meno mostruoso. I radicali per tutta la legislatura Prodi, e anche in queste ore, hanno mostrato come sanno essere riformatori, responsabili, pazienti, consapevoli e forza autenticamente di “governo”. Che siano ripagati nel modo che sappiamo, che non si perda occasione per sfregiarli e mortificarli, alla fine è un boomerang, è cosa che si ritorce contro chi tenta lo sfregio e la mortificazione, ferisce relativamente chi lo subisce. Un diverso “utilizzo” della risorsa radicale, insomma, qualche frutto e qualche risultato avrebbe portato. Anche in passato, del resto, i radicali sono stati capaci di incursioni positive là, dove per altri quei territori erano inaccessibili. È comunque andata così, giochiamo ora la partita. Per vincerla; non tanto “contro” Berlusconi e “per” Veltroni, quanto per questo paese: che sempre più ha bisogno delle riforme che da anni proponiamo, e che da troppo tempo non vengono attuate.

È vero: accade di rendersi conto che sempre più contano gli affetti rispetto ai concetti. Ma siamo partito che pur dando il giusto valore alla “pancia”, è consapevole, sa fare scelte anche difficili; chi spera (o teme) che i radicali per il fatto che si accingono a giocare la scommessa elettorale con candidati nelle liste del Partito Democratico, rinunciando questa volta a proprie liste e simboli, si annacqueranno, perderanno la loro identità, si venderanno e svenderanno, solo un piccolo, sommesso consiglio: prima di giudicare, aspettino e valutino sui fatti, sui comportamenti, sulle cose concrete. Più d’uno avrà modo di ricredersi, certamente nessuno di quanti ci hanno dato in tutti questi anni fiducia avrà motivo di esser deluso.

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 25 febbraio 2008)


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