Lisistrata
Lidia Menapace. Zero in condotta
09 Febbraio 2008
 

Di zeri in condotta il papa attualmente regnante ne ha rimediati ormai molti. Per gli attacchi all'islam a Ratisbona, per la messa in latino, per la schiena voltata ai fedeli, per gli attacchi alla libertà e autodeterminazione delle donne, si perde il conto. Tutte azioni che hanno finito di cancellare il Concilio Vaticano II, sicché ci ritroviamo alle prese con il Vaticano I, cioè con un concilio che rendeva dogmi alcune delle più reazionarie fantasie, introduceva l'infallibilità del papa, faceva diventare dogma la tradizione popolare dell'Immacolata e con ciò forniva una base “teologica” alla condanna dell'aborto, fino ad allora definito “cosa tetra”, ma non un omicidio ecc. ecc. Dava permanenza alle fantasie più reazionarie di Pio IX, definite nel Sillabo, con la condanna di tutte le libertà moderne (di coscienza, di pensiero, di parola, di stampa, insomma proprio tutte): un buio che più buio non si può, viene in mente “il sonno della ragione genera mostri”.

Ma l'ultimo zero in condotta è quello che Ratzinger si guadagna con la recente “preghiera” contro gli Ebrei, da inserire nella solennissima liturgia della messa del venerdì santo.

La rivista interconfessionale Il dialogo che dà una accurata e accorata informazione sulle parole e sulla storia di questo per ora ultimo zero in condotta, si chiede se si possa definire il papa antisemita e risponde di sì, sicché virgoletta “preghiera”: mi pare giusto accettare la pesante conclusione e definire le parole del papa una “preghiera contro gli Ebrei, dato che domanda al Signore che li illumini e gli faccia riconoscere Gesù Cristo come unico salvatore, e dunque si convertano al Cristianesimo. 

Su queste basi non si può intraprendere alcun dialogo interconfessionale, tutto l'ecumenismo va a farsi benedire e persino il colloquio con le realtà terrestri e politiche diventa impossibile. 

Lo si capì alla prima uscita al Quirinale, quando fu ricevuto da Ciampi subito dopo l'elezione ed erano due capi di stato che si incontravano naturalmente: Ciampi recitò al papa l'art. 7 affermando che era la definizione della laicità e Benedetto replicò seccato “bisogna vedere se è 'sana' laicità”, parole che mi misero la pulce nelle orecchie, dato che per l'appunto nel Sillabo si condanna la laicità e si afferma che essa deve essere “sana”, cioè conforme alla definizione che ne dà la Chiesa, non vi è indipendenza né sovranità di ciascuno nel suo ordine, ma la Chiesa cattolica è sovraordinata allo stato e ne giudica prerogative e definizione.

Siccome a proposito della “Sapienza”, Benedetto ne ha quasi rivendicato la proprietà, ricordandone la (tarda) fondazione, manca solo che chieda l'affitto a Napolitano, che in fin dei conti abita lì dove i papi avevano la loro splendida reggia.

Secondo me sta davvero tirando troppo la corda, ma continua a trovare l'appoggio di atei devoti e laici teneri perché una posizione reazionaria giova comunque alla destra e certo il Vaticano lo sa e credo intenda favorire un trend di democrazia autoritaria. Dato che si realizzerebbe -con la restrizione di tutte le libertà- per l'appunto il Sillabo. A quando una vera rivendicazione del potere temporale?

 

Lida Menapace

(per il supplemento domenicale di Liberazione)


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