Diario di bordo
Valter Vecellio. Non è tempo finalmente di gridare “Siamo tutti iracheni”? 
Perché si rimane muti, sordi, immobili? Questo silenzio non è una complicità con i carnefici?
05 Febbraio 2008
 

L’unico termine per definire quanto è accaduto l’altro giorno a Baghdad è: orrore. Il lettore sa che questo giornale non ha mai avuto indulgenze nei confronti dei terroristi islamici che stanno insanguinando l’Irak: li abbiamo sempre definiti per quello che sono, terroristi tagliagole, anche quando c’era chi si baloccava qualificandoli come “insorti”, “guerriglieri”, “partigiani”. Ma gli attentati al mercato degli animali di Ghazil e al mercato degli uccelli di South Baghdad vanno ben al di là degli attentati cui eravamo finora abituati.

Ci sono stati, in precedenza, esempi che dimostrano in modo inequivocabile il livello di cinismo e di barbarie a cui sono capaci di arrivare questi farabutti (ed è termine blando, sia chiaro, i farabutti “normali” avrebbero ben motivo di adontarsene). Si può citare il caso delle centinaia di adolescenti iraniani mandati a morire, durante la lunga guerra che oppose i due paesi: quei ragazzini si facevano saltare per aria e “sminavano” così i confini; poi abbiamo avuto i ragazzini quattordicenni imbottiti di tritolo e mandati a farsi esplodere in luoghi pubblici a Gerusalemme e Tel Aviv; e più di recente un nonno che si è fatto saltare in aria presso la sede ONU di Algeri. Donne palestinesi poi si sono fatte esplodere in Palestina, “lavando” così la colpa di veri o presunti “adulteri”. Ma l’utilizzo, da parte dei terroristi di al Qaeda, di utilizzare ragazze down, del tutto inconsapevoli di quello che accadeva, e fatte esplodere a distanza, segna un livello di orrore e di barbarie che non è possibile definire e qualificare. Le due donne, travestite da venditrici, infagottate in vesti che ne celavano le “cinture” esplosive, sono state “sacrificate” perché ritenute malate. Un esperto di mondo islamico come il professor Renzo Guolo ci ricorda che questo allucinante episodio segna un’evoluzione: secondo i principi fissati dal Corano, le donne afflitte da qualsivoglia malattia sono dispensate dal jihad. È insomma sempre più evidente che l’Islam e la religione sono una foglia di fico, per i terroristi; che evidentemente, ormai, hanno perso ogni speranza di rendersi “popolari” e hanno acquisito la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli iracheni li condanna e li isola.

Il problema però, è tutto “occidentale”. Ci possono essere ancora dubbi sulla natura di questo terrorismo? Ma davvero c’è ancora chi può sostenere che in Irak si sta combattendo una guerra di liberazione, che vi siano degli insorti che lottano contro gli “occupanti” americani? I terroristi in Irak, in Afghanistan e ovunque possono colpire, uccidono inermi civili, donne, ragazzini, vecchi, colpendoli nelle scuole e nei mercati. Distruggono i pozzi e gli acquedotti, perché le popolazioni civili patiscano la sete; sgozzano e massacrano. E allora perché di fronte a questo orrore non si reagisce, non si protesta, non ci si mobilita? È accettabile, quanto sta accadendo? Possibile che in queste ore si assista a una discussione sull’opportunità o meno di boicottare Israele e la fiera del libro a Torino; e nessuno levi la sua voce, il suo pensiero, per denunciare l’orrore che si è consumato a Baghdad?

Nel 2005 al Qaeda ha “codificato” l’utilizzo delle donne kamikaze, istituendo regole e apposite “scuole”. L’esperto di anti-terrorismo Yoran Schweitzer ha censito almeno 220 donne che si sono “immolate” in questi anni nel mondo. Duecentoventi donne che, per una ragione o per l’altra, hanno patito lo sfruttamento supremo, e patendolo hanno provocato stragi, lutti, dolore. Non è giunto finalmente il momento per condannare, nel modo più risoluto e deciso questo ignobile, mostruoso sfruttamento? Due donne incapaci di intendere e volere, mandate a morire e a uccidere non scuotono le coscienze dei pacifisti che hanno riempito strade e piazze di mezza Italia e mezza Europa per chiedere la fine delle violenze e il ritiro delle truppe americane dall’Irak? Non credono di dover esprimere solidarietà ferma e piena nei confronti di quelle sventurate popolazioni, non è giunto finalmente il tempo di gridare “Siamo tutti iracheni”? Stesso discorso per le mille organizzazioni che compongono l’arcipelago femminista: non è una odiosissima, intollerabile violenza quella cui sono sottoposte le donne da parte dei terroristi? Se la risposta è sì – e come potrebbe essere altrimenti – perché si rimane muti, sordi, immobili? Se non ora, quando? Questo silenzio, questo esser sordi, questo restare immobili di fronte a questo orrore, non è una grave forma di complicità con i carnefici?

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 4 febbraio 2008)


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