Telluserra
Paola Loreto: Autoantologia Minima.
Paola Loreto
Paola Loreto 
07 Gennaio 2008
 

sono un curioso incrocio tra Avola e la Valle Imagna: tra i mandorli in fiore contro un cielo blu cobalto, le case bianche di calce, una terra riarsa e lo stesso generosa, e una montagna ridente e pudica, riservata, ritrosa

 

amo ascendere alle vette dei miei monti perché penso che la poesia e la montagna siano la stessa cosa: una forma di attenzione inesorabile, un ascolto permanente, stupito, catturato di tutto quello che è fuori di me e sembra dentro; la percezione e il riconoscimento di una presenza immensa, immobile e imperturbabile, che parla attraverso il silenzio o le voci di altri esseri e i rumori delle cose naturali

 

cerco la verità, grande e piccina; l’amore inconsapevole e cauto; la gioia d’esser stanca; la visione e la pazienza di tutti i miei anni e di quelli che verranno; il sollievo nello sguardo di chi guardo

 

solitamente leggo, insegno, cammino, scrivo…

 

www.paolaloreto.net

 

 

 

AUTOANTOLOGIA MINIMA

  

 

Ganda eterna

 

I

Strania la luce

sulla punta del monte.

 

II

Appaiono di platino

poggiate

a dorsi grevi.

 

III

Del color della pesca

dove dal giallo passa

al rosso era la sera.

Amo lo scuro

contro la luce.

 

inedito

 

 

 

Far giornata

 

È stato come

le altre volte. Ho bucato

la nebbia su per il monte

dove gela la pelle in superficie

se sudi. Ho ascoltato

il cuore palpitare

sui sassi.

Mi tenevan compagnia,

come al solito, i corvi.

Volano neri e superiori,

con rare grida improvvide

e molta stasi nel planare.

La sete e la fame hanno

nuove papille, in alto.

E poi c’è il tempo

e la pazienza di calare.

La danza delle anche

che han mangiato il moto.

E poi il riposo: il calore

che emana la carne

asciutta e intenerita.

 

da L’acero rosso (Crocetti 2002)

 

 

 

Il solito giro

 

C’è un posto

che vado a ascoltare

che è tutto

bianco. Se guardo

in alto, però,

vedo blu.

Sta ritto il San Cristoforo

e piatto (un po’ pallido)

sulle pietre oltre l'acqua.

Pigolano lucciole

nel nero le ali novelle

incerte sospese nell'aria

dov’era la capanna

del taglialegna. Mi guarda

la roccia e tiene

le sue voci.

Ma la sento se corre

la lepre di neve.

 

da L’acero rosso (Crocetti 2002)

 

 

 

Profilo serale

(col Portula e il Reseda)

 

Come faccio

a andar via

se mi tieni?

Un tiro di polvere

ammanta il punto

che la nuvola è uguale

al monte. Hai infossi

di bianco nel collo

dove incrocia il declivio

che porta alla spalla.

Perché sei così

pulito? Non posso

guardare senza vederti.

S’asconde il nuovo passo

ma so trovarlo

se voglio.

 

da Addio al decoro (LietoColle 2006)

 

 

 

Sui propri passi

 

Sono tornata a far giornata su per i sassi

che portano al Brunone. Sono sola un’altra

volta, ma col cuore che pesa e non vuole

reggermi così in alto. Ho paura. Paura

del freddo e della luce, paura che la gioia

sia troppa e immeritata. Eppure incontro

chi come me non parla e sale

e si sdraia al sole di fine ottobre.

Siamo insieme in questo nostro amore

irrimediabile per le cose e il sacrificio

senza motivo che le cose vogliono

per essere, per avanzare, per prodursi

un’altra volta e esser nostre in un istante

solo, che paghi il tempo speso nell’attesa.

Mi fermo ogni due passi per lasciare

il passo al respiro. Non voglio

sapere se ce la farò. Per ora vado,

come posso vado e guardo al monte

che ho mancato di raggiungere la scorsa

estate e che un arco di bianco oltrepassa

adesso, in una linea per sempre incompiuta

che mi guida, nel blu perfetto e senza macchia,

come la neve, la morte che ci chiama,

la vita che ci aspetta, quando osiamo

passare al di là di questo ponte

di tronchi spaziati per bene sull’acqua.

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

 

Impronte

 

Voglio andare dove va il camoscio.

È la strada più dura, lo so.

Potrei anche sparire, lassù.

Ma non c’è vera scelta di vita.

Sono quello che sono e ho una sola

occasione di gioia nel cuore.

 

E se dovessi intuire, nel bosco,

sulla neve, l’ipotesi di un’altra

via, ancora più ripida e alta,

la seguirei, senza tradire e

senza paura di finire dove

sono giunta. Con molto ardore

e nessuna brama, le mie orme

dietro di me, per chi voglia

venire e manchi di coraggio.

 

da La memoria del corpo (Crocetti 2007)

 

 

 

Alla baita del Vittore

 

C’è un’aria d’erba, stasera,

che viene di lontano

e mi porta il ricordo, pieno,

di quand’ero bambina

in un prato: di quando

il mondo era una promessa

e così la vita

che è stata esaudita.

 

inedito


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276