Diario di bordo
Marcella De Negri. Due notizie su Cefalonia 1943
11 Novembre 2007
 

Cari amici,

eccomi ancora qui, con due notizie questa volta; una negativa e l'altra, invece, buona.

La prima riguarda la chiusura, per sempre, definitiva, in Germania, di qualsiasi possibile procedimento contro criminali nazisti, per la fucilazione dei 137 ufficiali italiani, della Divisione Acqui avvenuta a Cefalonia, il 24 settembre 1943. La decisione della Corte d'Appello di Monaco di Baviera, emessa il 24 ottobre scorso, firmata da un presidente che, per ironia della sorte, si chiama Kaiser, è, nella sostanza, peggiore della ordinanza di archiviazione del procuratore capo August Stern, del 27 luglio del 2006 (quella diventata molto nota, nella stampa italiana ed estera, poiché definiva i soldati italiani di Cefalonia «traditori», come aveva fatto, qualche anno prima, Adolf Hitler ).

La notizia buona è quella dell'apertura, a Roma, presso la Procura Militare della Repubblica, del procedimento per lo stesso reato. Penso che molti di voi ricorderanno che un mese fa avevo pubblicato, con la richiesta di manifestazioni di solidarietà, che sono arrivate in tale numero da rendermi impossibile il rispondere personalmente, come avrei desiderato e prima avevo sempre fatto, l'esposto alla Procura Militare di Roma, firmato da Paola Fioretti, figlia del capo di stato maggiore a Cefalonia, fucilato con mio padre, e da me, in cui chiedevamo appunto l'apertura di questo procedimento. La Procura Militare di Roma ha, quasi subito, comunicato al nostro avvocato, Gilberto Pagani, di aver già aperto tale procedimento, prima ancora dell'arrivo del nostro esposto.

Paola Fioretti ed io siamo molto contente di questo ed abbiamo incaricato l'avv. Pagani perché collabori, con il massimo impegno, con la procura Militare di Roma, affinché si possa arrivare ad un giudizio, il più tempestivamente possibile.

La lotta è anche contro il tempo. Speriamo non sia troppo tardi.

Un abbraccio affettuoso e antifascista a tutti

 

Marcella De Negri

 

p.s. - Di seguito la nostra, di Paola Fioretti e mia, dichiarazione rilasciata alla stampa. Se qualcuno degli amici fosse interessato al testo della decisione della Corte d'Appello della Baviera, che ho sul pc, già tradotta in italiano e “asseverata”, sarò molto lieta di mandarla.

 

 

DICHIARAZIONE

 

Siamo Marcella De Negri e Paola Fioretti, figlie di due ufficiali uccisi a Cefalonia dall'esercito tedesco il 24 settembre 1943.

Con decisione del 24 ottobre la Corte d'Appello di Monaco di Baviera ha definitivamente archiviato il procedimento penale a carico di Otmar Mühlhauser, allora sottotenente, comandante del plotone di esecuzione che fucilò il generale Antonio Gandin, comandante della Divisione Acqui, ed un numero imprecisato di altri ufficiali italiani.

La fucilazione del generale Gandin fu l'atto che diede inizio al massacro a sangue freddo di quasi tutti gli ufficiali e di migliaia di soldati che, dopo aver resistito alle truppe tedesche, si erano arresi, data l'impossibilità di continuare il combattimento.

La decisione ci rattrista e ci angoscia, ma purtroppo non ci sorprende.

Come già nelle precedenti fasi dell'istruttoria anche la Corte d'Appello di Monaco ha ritenuto che il crimine commesso dal Mühlhauser sia prescritto, basando la decisione sulla distinzione, presente nel diritto tedesco, tra omicidio aggravato e “semplice”, utilizzata innumerevoli volte dai Tribunale tedeschi nel dopoguerra per mandare assolti gli autori di stragi di civili.

Presagendo ciò che sarebbe avvenuto abbiamo provveduto a presentare un esposto alla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma nei confronti di Otmar Mühlhauser, abbiamo fatto avere alla Procura la traduzione asseverata delle dichiarazioni rilasciate agli inquirenti tedeschi dal Mühlhauser, che ha apertamente confessato il suo crimine, che è quello di aver ucciso dei prigionieri di guerra obbedendo all'ordine di Hitler: «A Cefalonia non venga fatto alcun prigioniero italiano».

In particolare il Mühlhauser ha ammesso di aver formato e comandato il plotone d'esecuzione ma di non avere nulla da rimproverarsi, in quanto, secondo le sue parole, «Al tradimento vi era una sola risposta: l'esecuzione».

Le dichiarazioni confessorie del Mühlhauser sono precise e circostanziate, tali da rendere superflua ogni ulteriore indagine; la sua colpevolezza è evidente.

Sono trascorsi ormai più di sessanta anni dall'eccidio di Cefalonia; per circa cinquanta anni la documentazione relativa a più di 900 stragi di civili, militari e partigiani italiani compiute dalle SS e dalle forze armate germaniche è stata dolosamente occultata nel tristemente noto “armadio della vergogna”; per anni la magistratura tedesca ha indagato su Cefalonia con il risultato che abbiamo visto.

Il tempo stringe!

Siamo a conoscenza che un procedimento è già stato aperto, ma occorre che la Procura Militare si adoperi per giungere al più presto al processo. Nessun ritardo può essere tollerato, pena l'impossibilità di arrivare finalmente a giudicare uno dei massimi responsabili dell'eccidio di Cefalonia, che si macchiò direttamente dell'omicidio del gen. Gandin e di alcuni ufficiali e con il suo comportamento criminale agevolò la successiva uccisione di altre migliaia di ufficiali e soldati.

Milano, 9 novembre 2007


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