Oblò cubano
Gordiano Lupi. Vieni avanti, Miná!
24 Ottobre 2007
 

Non mi sono mai divertito tanto come a leggere l’ultima intervista di Gianni Minà, ché me lo sono immaginato rosso in volto a gridare: “Credete che la censura sia all’Avana? A Cuba sono più liberi che negli Stati Uniti!”. Infatti sul Malecón c’è pieno di poliziotti che ributtano in mare cittadini nordamericani a caccia della famosa libertà caraibica.

Il vecchio Minà non vuol sentir parlare nemmeno di dissidenti cubani, per lui non esistono proprio e quei pochi sono fasulli, gente pagata dalla Cia diecimila euro al mese per fare la galera. Ma tu guarda che non lo sapevo... Chissà dove le va a prendere queste informazioni il vecchio baffetto da sparviero, secondo me spara cifre a caso, poi dice che ha le prove, tanto lo sa che nessuno lo può contraddire. Gianni Minà sostiene che l’arcivescovo di Santiago spara a zero sul regime cubano, infatti a Cuba è noto come un pericoloso agitatore di folle. Nonostante tutto il magnanimo Fidel non l’ha rinchiuso in galera. Pensa come è stato buono! Minà non dice che mettere in galera un arcivescovo magari sarebbe politicamente poco conveniente per i buoni rapporti con il Vaticano. Minà omette che le galere cubane sono piene zeppe di dissidenti (oltre 250) e che i veri agitatori e promotori della protesta fanno la spola casa-prigione. Minà non sa niente di Varela, Beatriz Roque, Antúnez, Rivero… Carneadi, chi sono costoro? E la gente fucilata? “Ochoa era un narcotrafficante, lo ha pure confessato”.

Il bello è che queste buffonate il vecchio Minà le dice convinto. Tutti quelli che Pinochet torturava prima di mandare a morte confessavano, ai tempi di Torquemada c’erano donne che si dichiaravano streghe purché smettessero di seviziarle. Arturo Sandoval decide di abbandonare Cuba, proprio durante il processo farsa al generale Ochoa, perché comprende che la sua Terra non è più un posto per uomini liberi. Minà dovrebbe leggersi l’intervista alla figlia del generale Ochoa contenuta nel libro Il sole nero di Federico Guiglia (Edizioni Le Lettere). Magari impara qualcosa, ammesso che sia possibile.

Parla pure di embargo, il vecchio giornalista sportivo, tuttologo anni Sessanta e castrista d’accatto, ma questa volta è l’embargo della Rai nei suoi confronti, ché pare non lo chiami molto a parlare di Cuba. Che coraggio! Parla soltanto lui e da anni racconta le solite novelle, roba da denuncia penale, se solo esistesse il reato di giornalismo servile e inginocchiato, falso come una moneta da tre pesos con l’effige del Che.

I cubani veri ti odiano, compagno Minà, e tu lo sai bene. I cubani che soffrono e fuggono dalla loro patria pensano che fai più male alla loro Terra di quanto ne faccia Fidel Castro. Non comprendono questo amore per il Comandante e sognano il giorno in cui potranno dire ciò che pensano alla gente come te. Io che sono italiano provo tanta pena per le cose che dici, a volte persino vergogna, più spesso mi fai incazzare o sorridere. Ti chiamano giornalista e sei soltanto un comico da cabaret, fai battute mentre credi di parlare seriamente, magari ti lasci andare dopo aver bevuto mezzo litro di Havana Club. Lo so che non andresti preso sul serio, sei soltanto un pagliaccio che recita a soggetto, un servo del potere che lo difende. Peccato non ti abbia conosciuto Luciano Salce, magari faceva un film dopo quello con Lino Banfi, un sequel apocrifo intitolato Vieni avanti, Minà!

 

Gordiano Lupi


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