Lo scaffale di Tellus
Marco Cipollini: Su Tellus 28 e il "Manuale cattolico in versi e in prosa" di Claudio Di Scalzo
06 Ottobre 2007
 

Tellus è un annuario su carta stampata, collaterale sul web a Tellusfolio, immenso, visitatissimo edificio in continua polipesca espansione. Darci un’occhiata è divenuta anche per me, gutenberghiano incallito, un’abitudine quotidiana, come fare quattro passi in piazza, che ormai è elettronica. Ma Tellus è solida, immutabile costruzione di carta, e ciò me la rende più abitabile. Questo “annuario di arte pensosità e letteratura”, così si presenta, è qualcosa di unico nel panorama italiano, pur sovraffollato com’è di periodici culturali. Penso che nessun’altra rivista-annuario rechi tanto marcata l’impronta del proprio direttore, Claudio Di Scalzo, che ne forgia, pagina dopo pagina, l’aspetto il contenuto e lo spirito. Anno dopo anno Tellus ha sviluppato gli argomenti più vari; cito gli ultimi tre numeri: 24-25 (2003), Scritture celesti – poesie in cerca di Dio; 26 (2004), Vite con ribellioni rinomate e sconosciute; 27 (2006), Dalla Torre pendente alle Alpi – viaggi e altri viaggi. Il n. 28 è dedicato al Cattolicesimo nella letteratura italiana e nell’arte europea.

   

   Premesso che non si tratta della solita “operazione editoriale”, furbetta quanto basta in tempi di neoreligiosità, ma di un complesso di scritture che fanno impallidire già con il loro titolo, Cattolicesimo, le pagine patinate e abbastanza melense dell’editorialistica confessionale, quali una Famiglia (semplicemente) cristiana, chi si aspetta di aprire una prevedibile, anodina confezione di testi e di saggi rimarrà deluso, forse sconcertato. Anche stavolta, e più di sempre, l’orma di Di Scalzo è calcata fino allo stinco. Delle varie sezioni, di cui sono tre le principali, due sono di mano del direttore, e che mano! Il Manuale cattolico in versi e in prosa è un’opera quanto mai originale, dirò meglio, originaria. Scrive Di Scalzo in prefazione: “Diciannovenne, da questa convinzione [circa la fede in Dio e la letteratura] e dal Credo che leggevo da chierichetto a Vecchiano, il mio paese, nacque questa antologia”. Così, affiancando a ogni proposizione del simbolo niceno la poesia o la prosa di un autore che le sia consonante, ne nascono ventuno stazioni, in cui al testo scelto segue un breve commento del curatore.

   

   Questi medaglioni discalziani sono altorilievi spirituali, e tuttavia icastici e lucenti come stoviglie di casa adoperate quali arredi sacri; lo confesso, a volte mi riescono più accattivanti dei versi presentati. Di Scalzo scrive senza diaframmi ideologici; la sua è una confessione agostiniana, partecipe dell’autore di cui parla, con cui parla a tu per tu. Sono tutti scrittori non recentissimi, in quanto l’operetta è rimasta praticamente immutata dalla sua origine. Il giovanissimo Di Scalzo vi fonde la sua passione religiosa a una cultura già ben radicata. In una parola: ci crede. Randagio per i vari luoghi in cui sono vissuti i suoi autori, molti misconosciuti dalla critica, raccoglie testimonianze di prima mano (dettagli vividi) e prime edizioni, talora sopravvissute a stento. Il suo è un atto d’amore, che tuttavia ha i crismi di una filologia sana ma non fisimosa.

   

   Un breve, doloroso excursus. La Critica in doppiopetto a breve scadenza dovrà rivedere totalmente le tavole dei valori letterari (e probabilmente ciò avverrà con la dipartita biologica degli interessati). Quanti autori qui riproposti valgono più di tanti pseudopoeti che vanno per la maggiore, e destinati a un voracissimo oblio! La Critica delle ultime generazioni, sedicente “laica”, ha operato con rigide ripartizioni ideologiche, ghettizzando nel recinto “cattolici” quegli autori di cui non le è stato possibile far finta di niente: il supremo, Betocchi (molto, molto più valido di Luzi) che se lo avessero avuto all’estero sarebbe meritamente famoso. Che la maggioranza dei Critici, inamidati in dogmi storicistici, non valga un baffo d’inchiostro l’ho già detto e ripetuto, e me ne scuso con i miei tredici lettori; ma come si fa? È forza maggiore tirarli sempre in ballo. Fine dell’excursus.

   

   Il padre spirituale che segue l’adolescente Di Scalzo nella sua opera è don Gino Barzacchini, dall’ex chierichetto tirato sempre per la tonaca nella pagina. Leggerla è come mangiare il pane di una volta, cotto a legna, e mi spiace per i nostri tempi se possiamo parlarne solo al passato. Lo spazio risicato non permette citazioni, ma, credetemi sulla parola, Di Scalzo è, più che un vero scrittore, uno scrittore vero, cioè di verità, il quale espone tutto se stesso, con un coraggio delle proprie convinzioni ormai più unico che raro.

  

   Dote che è confermata nella sezione seguente, Il posatore di croci, un album fotografico dell’autore in pantaloni corti, con potenti notazioni memoriali. È una contratta, scandita e sanguigna biografia dell’artista in nuce, quale non ho mai letto di uguale in questi tempi di international style. I genitori, la scuola, la parrocchia, la Comunione, la Cresima, amici e parenti, i vivi e i morti: sono stazioni esistenziali che scavano per riflesso nella memoria del lettore, echeggiante di domande su sé medesimo. Non vorrei nuocere all’autore, dati i tempi filistei, definendo la sua una scrittura radicalmente toscana. Con ciò annotando che in essa non è alcuna condiscendenza vernacolare (a parte venature pudiche come “il mi’ babbo”), ma una forte aderenza alla realtà che si fa espressione immediata, in un italiano schietto e vissuto, all’uso del quale solo pochissimi ormai sono cresimati.

   

   Altre sezioni meriterebbero un’analisi non corsiva. Si segnala in particolare Arte cristiana, dalle catacombe a Tintoretto, (ma perché non arrivare al Caravaggio?), curata da Massimo Dasio, Hilgart Keller, Bodo Cichy. Affermando che si tratta di una sintesi fulminante, specialmente utile a un alunno delle scuole superiori, se ne vuol fare un elogio assoluto: il riassunto denso e chiaro, che tocca il cuore dell’argomento, è opera altamente intellettuale, di cui si sono giovati autori come Dante, fino al Rinascimento incluso. Tutto molto bello. (Una proposta ai docenti liceali: perché non adoperare questo numero come testo interdisciplinare? Ma forse è troppo intelligente e coraggiosa, e la ritiro.)

    

 

Marco Cipollini

 

 

(Questa recensione di Marco Cipollini comparirà anche sulla rivista Erba d’Arno, numero 110, a breve nelle principali librerie italiane)

 

 

CATTOLICESIMO - ANNUARIO TELLUS n. 28, AA.VV.,

LaboS Editrice, Morbegno (So),

pagg. 206, € 15,50.


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