Arte e dintorni
Anna Lanzetta: Visita alla Barbagianna di Alessandra Borsetti Venier
La porta della stalla
La porta della stalla 
30 Luglio 2007
 

Si sbaglia colui che, a cuor leggero, pensa alla Barbagianna come a un luogo fruibile per piacevoli merende all’aperto, un luogo aprico per godere il fresco della calura estiva; ben diversamente pensa chi ne conosce l’attività artistica condotta dal 1992 con cura e amore da Alessandra Borsetti Venier che ospita in questa dimora artisti, mostre ed eventi di arte contemporanea. La grande casa contadina, disposta su più piani, colpisce per il rapporto inalterato che mantiene con la natura, di cui è parte integrante.

La Barbagianna incuriosisce il visitatore e al contempo lo stupisce: non c’è in essa manifestazione di opulenza e la vera ricchezza è espressa dalle magnifiche opere d’arte, dal tempo dedicato agli incontri per discutere, confrontare, leggere e scoprire le ricerche degli artisti e interpretarne il pensiero, e da una miriade di libri, che testimoniano l’amore di Alessandra per l’Arte e il Libro, opera d’arte esso stesso. La Barbagianna è luogo di ospitalità vera, di tranquillità, di godibilità, di contemplazione assorta, dove il silenzio si spande lontano e non viene interrotto dal brusio di chi, ivi presente, gode dello spettacolo e guarda incuriosito la passiflora che s’inerpica audacemente tra le pietre vive dell’aia con i frutti della propria vita e con i colori della propria sostanza. Un luogo di pace: atrio aperto al connubio vita-natura e vita-arte; un luogo, dove ogni cosa e ogni opera ha in sé un significato nascosto, un invito al visitatore a cogliere ciò che è celato, in una simbiosi tra pensiero e realtà, tra ciò che appare e ciò che è, in una modernità antica dove le opere sono metafore di valori ancestrali in una metamorfosi tra l’uomo e la natura; non semplici mostre, né semplici spettacoli, ma momenti di riflessione sullo stato esistenziale dell’uomo e sul senso della vita intesa come Cammino: davanti alla grande porta chiusa della stalla, in attesa dello spettacolo teatrale Il Canto del Cammino, l’animo è preso da curiosità e l’immaginazione corre sull’interrogativo dell’ignoto:

 

Il mio lungo cammino si fermò il giorno

che mi trovai davanti a una porta

in mezzo a un campo…

 

La porta si apre e si resta sopraffatti dalla particolarità del luogo e dal silenzio in cui si muove l’attrice alla ricerca, nell’aria, di un qualcosa o di un punto. La musica scandisce il tempo della performance e ne accompagna la modulazione con ritmi tribali e inusitati; la voce si leva ora flebile, ora profonda; la parola si mescola al canto con passaggi recitati: non sempre il testo, in inglese e in cinese mandarino, riesce comprensibile ma l’attenzione posta dagli artisti alla fisicità, alla gestualità, all’utilizzo di pochi elementi, ne rende chiaro il significato. Sembra di riascoltare l’antico menestrello che nei castelli o nelle piazze raccontava la storia dell’uomo e del mondo, e piacevole ritorna il tempo che fu, ora pervaso di modernità ma non diverso nella verità che il teatro è racconto e che il racconto è Storia, un cammino senza fine in cui confluisce l’unicità di culture e civiltà, perché una è la storia dell’uomo e unica la melodia che la rappresenta. Il canto rapisce, la leggerezza delle movenze estasia, la musica emoziona e tutto sembra seguire il cammino dell’uomo così come indicato dalle parole in cinese dipinte dall’attrice su un foglio bianco:

 

Stai camminando…

Ogni via, lungo i passi, ha una traccia

di parole e musica

 

La scultura “Il fiore di Leonardo (da Pisa)” di Andrea Dami dedicata agli elementi aria, acqua, terra e fuoco interagisce con l’attrice divenendo strumento d’indagine sulle origini della Storia; corpo fisico e materia scultorea si fondono in un rapporto astratto che si concretizza nel suono o nel canto, mezzo espressivo dai tratti semplici e lineari come nell’antica tradizione popolare cinese.

All’improvviso la porta della stalla si riapre, l’attrice esce nella luce del sole che filtra come un fascio di vita.

 

Il canto è una mappa.

Conoscendo i canti, puoi sempre trovare la tua strada.

La terra è una partitura musicale…

 

Il momento è emozionante e il silenzio avvolge gli spettatori, ma l’applauso che segue esprime il consenso unanime verso questo modo particolare di fare teatro, ispirato al metodo di Jerzy Grotowski,* e verso i due artisti che hanno saputo trasmettere suggestioni, percezioni visive e uditive capaci di un trasporto in una dimensione atemporale. Il Canto del Cammino che si articola tra canti, musica, suoni, immagini è un inno alla vita, reso in modo magistrale dall’attrice cinese Ang Gey Pin e dal musicista bulgaro Nickolai D. Nickolov.

È sera quando si pensa al commiato, l’ultimo sguardo va ai tetti della casa e del fienile, sperando di scorgervi qualche barbagianni che perpetui la propria cova; ormai si irradia appena la luce del sole già tramontato tra le colline mentre una falce di luna, in un pallido alone, illumina divertita l’aia quasi a indicarci il nostro “Cammino”.

 

Anna Lanzetta

 

 

Il Canto del Cammino, composizione di testi a cura di Ang Gey Pin e Nickolai D. Nickolov

Traduzione di Alessandra Borsetti Venier

 

La Barbagianna: una casa per l’arte contemporanea

Via di Grignano 24, 50065 Pontassieve (Firenze)

Visite su appuntamento: 055 6811728 - 335 6676218

info@morganaedizioni.itwww.morganaedizioni.it

 

 

* Jerzy Grotowski (Rzeszòw 1933 - Pontedera 1999) regista teatrale polacco, è considerato unanimemente l’ultimo grande protagonista del teatro contemporaneo di statura universale. È ricordato per la straordinaria e rivoluzionaria tecnica di “allenamento” per gli attori, innovazione che ha modificato profondamente la figura dell’attore all’interno dell’arte teatrale. Al cuore del suo lavoro c’è l’attore e l’essere umano, il corpo nelle sue manifestazioni visibili (la persona) e invisibili (l’essenza).


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