Sì, viaggiare
Carlo Forin. La favola dell’indoeuropeo
30 Luglio 2007
 

La favola dell’indoeuropeo è un racconto che viene fatto agli adulti e proposto come scienza delle origini (etimi di dizionari ed enciclopedie). Qual è il pezzetto di verità di questa favola? (agli adulti bisogna dare almeno un po’ di verità per amare una favola). Vediamolo per non litigare inutilmente.

Possiamo prendere da Mommsen, lo studioso tedesco di epigrafi romane, che verso il 1850 scriveva: «La patria della stirpe indo-europea è la regione occidentale dell’Asia centrale; di là essa si è estesa parte verso l’India in direzione sud-est; parte verso l’Europa in direzione nord-ovest. È difficile stabilire più precisamente la sede primitiva degli Indo-europei; essa deve essere stata ad ogni modo in un paese interno e lontano dall’Oceano, poiché nessuna denominazione del mare è comune al ramo asiatico e all’europeo. Parecchie tracce indicano più precisamente i paesi dell’Eufrate». (Theodor Mommsen, Storia di Roma antica, Sansoni, Firenze 1991, Vol. 1, cap. III)

È stato ‘profetico’: in Iraq vennero scoperti gli Accadi e poi i Sumeri decine di anni dopo. Una verità provata.

Dal punto di vista teonomasiologico questa è anche la nostra convinzione culturale (che ci fa correggere il titolo di Colin Renfrew Archeologia e linguaggio in Archeologia del linguaggio –come abbiamo visto con “La chiave sumera dei nomi degli Dei”): il logos greco –tutto- è LU GH US sumero Lux, “luce” e “fine della luce”.

C’è tuttavia una precisazione che hanno proposto le foto del satellite americano Landsat:

«Le foto della regione indo-pachistana scattate dal satellite americano Landsat hanno rivelato l’alveo “fossile” del grande fiume Saraswati che anticamente raggiungeva la larghezza di 14 chilometri e attraversava le regioni dell’Haryana, Punjab e Rajasthan, per gettarsi poi nel Mare Arabico. La scoperta del corso di questo fiume fossile spiega ora la presenza di oltre 300 siti archeologici la cui ubicazione era rimasta inspiegabile dato che non potevano essere messi in relazione al corso dell’Indo. Sovrapponendo la mappa del corso dell’antico Saraswati a quella dei siti archeologici, rilevata nel 1991 dall’americano Jonathan M. Kenoyer, si vede ora che questi ultimi erano in gran parte situati lungo le sponde del grande fiume.(…) Attorno al 1500 a.C. il corso del Saraswati subì profonde modificazioni i cui contraccolpi provocarono il collasso delle grandi città della Valle dell’Indo. (…) l’indianista americano David Frawley aggiunge l’ipotesi che i Sumeri, finora considerati da molti di origine iraniana, siano stati in realtà una tribù ariana dell’India migrata in Mesopotamia, dove elaborò la scrittura pittografica che finora ha dato loro il titolo di inventori della scrittura». (Corsera, 27/6/1999)

Attorno al 1500 a.C. è da intendere con un’approssimazione di 200-300 anni.

Al collasso delle grandi città della Valle dell’Indo aggiungiamo il declino di UR, ultima capitale sumera. Il disseccamento e lo sprofondamento del fiume Saraswati, che dev’essere durato decenni e decenni, determinò la cessazione degli scambi marittimi, lo spegnimento delle civiltà e diverse migrazioni India-Iraq-Europa. Le migrazioni non lasciano tracce utili. Ciò da origine alle favole per adulti che i nomi degli Dei irridono.

In questo modo si comprende Abramo uscito da UR, verso il 1850 a.C., con Sara.

Si comprende Babele sia come BAB IL, porta degli dèi (di EL LIL), sia come origine della confusione di popoli immigrati in Iraq dall’India con i precedenti.

La correzione sta nel fatto che la confusione moderna si dirada, forse, quando viene riconosciuta la civiltà del Saraswati fiorita in India tra il 5000 a.C. ed il 3500 a.C. come origine etnica lontana comune, mentre viene dato alla civiltà sumera, sbocciata tra il 3000 ed il 1850 a.C. con la sua scrittura cuneiforme, il titolo di matrice culturale effettiva che conserviamo nelle nostre lingue europee.

 

An? – diceva ‘forse che’ un latino dubbioso, col dito sotto il mento, guardando il cielo. AN in sumero è il cielo.

 

Carlo Forin


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