Diario di bordo
Walter Mendizza. Metti l’Europa nella mittleuropa
17 Luglio 2007
 

Trieste si trova al centro della Mittleuropa e della sua vantaggiosissima posizione non sempre sembra accorgersene. Anzi, per qualche motivo, tutto viene ridimensionato tanto che qui vige il “No se pol”, cioè non si può, non possumus. Le aperture ad Est si fanno tenendo conto degli imperativi negativi dei nostri vicini. Così, se la Slovenia dice “no” ai rigassificatori, accettiamo supinamente questa posizione medievale. A nessuno sfugge che il “no” dei nostri vicini è perché i rigassificatori vogliono farli loro. A nessuno sfugge tranne a noi. Qui a Trieste si toccano radici storiche profonde e quando si parla di apertura ad Est, molti non vedono di buon occhio la cosa. Si tratta di una posizione antistorica che in un mondo globalizzato rischia di tenerci fuori da tutti i giochi. Lubiana è un capoluogo di regione super dinamico, super giovane, super moderno rispetto a noi: i suoi trecentomila abitanti aspirano al ruolo di interlocutore privilegiato con l’Europa centrale. E Zagabria? Idem. Con il suo milione di abitanti, gioca sullo stesso terreno: la diatriba sul corridoio V con la Slovenia si sta risolvendo proprio perché la Croazia ha deciso di realizzare un proprio corridoio diretto con Budapest. E quel che è incredibile è che non ci rendiamo conto che è Lubiana che ci spinge a riprendere il progetto del corridoio V per evitare che la centralità si sposti ad Est. Insomma, stiamo giocando una partita fatta da altri e decisa da altri. Noi non contiamo nulla. Aspettiamo la nostra ora con l’orologio fermo.

A nessuno sfugge l’importanza geopolitica di Trieste. A nessuno, tranne ai triestini. La verità è che siamo inadeguati e pasticcioni all’ora di implementare quella capacità di attrarre investimenti e di ospitare servizi che rispondano alla domanda di funzioni superiori, funzioni preziose per lo sviluppo dell’intera area e dell’intera regione. Trieste si è arroccata a difendere la propria identità, la propria memoria arginando le frontiere che ormai cadono come foglie d’autunno in una inconsapevole autocertificazione di irrilevanza culturale. Una resa all’egemonia incontrastabile dell’impetuosità dei nostri vicini, l’Austria, la Slovenia e la Croazia. Trieste è incapace di costruire quella primazia sul ruolo che le diverse città, regioni e nazioni sono invece in grado di assumere all’interno di un più ampio settore europeo. Tra pochi mesi il confine sloveno sparirà ma noi continueremo ad avere sempre in testa la bandiera dell’identità a difesa di un confine che ci rassicura su ciò che eravamo ma non su ciò che saremo, e quel che è peggio, non saremo neppure capaci di nutrire l’ambizione di conquistare una nuova centralità.

Giorni fa la galleria “Tergesteo”, al centro della nostra città, in piazza della Borsa, è stata acquistata dal fondo americano Carlyle. È probabile che il ragionamento del fondo Carlyle era quello di sfruttare la posizione geopolitica della nostra città. Solo che chi ha deciso di fare quell’investimento non ha tenuto conto della nostra mentalità, ha giustamente ragionato con la propria testa facendo i conti senza l’oste. Ha pensato ed ha provveduto a fare quello che noi non siamo in grado né di pensare né di fare, e cioè che il modo migliore per tutelare l’identità della nostra città è costruire le basi di uno sviluppo solido che investa tutte le sue risorse sulla modernizzazione e sulla internazionalizzazione. Gli americani hanno guardato la posizione di Trieste e hanno pensato che la nostra città potrebbe essere una delle capitali del centro Europa. Non hanno pensato che a nord abbiamo Monaco e la Baviera che ormai punta direttamente a essere un baricentro dell’intera Europa, che si posiziona su una piattaforma industriale impressionante, e che sta sviluppando un sistema di servizi di livello internazionale. Non hanno pensato a tutto questo perché gli americani sono competitivi. A loro non gliene importa nulla che Vienna punti alla sua pianura sul Danubio o a candidarsi come filtro tra le connessioni verso l’Europa orientale, il Baltico o i Balcani.

Agli americani non può che sembrare del tutto naturale che Vienna abbia scelto di avviare una integrazione infrastrutturale e funzionale con Bratislava per la nascita di una nuova metropoli transnazionale. Sarebbe stupido non farlo. Per la loro mentalità competitiva, è naturale che anche gli altri si diano da fare. Budapest è una capitale emergente: il terminale del corridoio V sia ferroviario che stradale, la porta verso i grandi mercati dell’Ucraina, della Russia e dell’Asia. Quindi Vienna non fa altro che giocare la sua partita e gli americani pensano che anche noi giocheremo la nostra. Purtroppo non è così. Trieste non gioca nessuna partita: come sempre, è pronta a sedersi dalla parte delle vittime perché tutti gli altri posti sono occupati. Perciò agli americani non passerebbe mai nemmanco per l’anticamera del cervello, come si usa dire, che qualora si dovesse fare un rigassificatore a Trieste, non venga, ad esempio, sfruttata l’energia fredda che il rigassificatore produrrebbe. Probabilmente non hanno pensato a comperare il terreno dove dovrà sorgere il rigassificatore per crearci un’industria del freddo semplicemente perché è talmente ovvio che non s’immaginano neppure che una cosa così, invece, non ci balena in testa. E non perché non sia stato pensato.

L’associazione ambientalista Tecnosophia, ad esempio, ha proposto questo schema anche in termini industriali ed ha trovato pure gli industriali che vorrebbero sfruttare il freddo… solo che la cosa si è arenata quando l’hanno presa in mano i nostri politici. E qualunque cosa prendano in mano i nostri politici, subito diventa un’altra cosa. Tutto cambia prospettiva e ciò che è business per il resto del mondo, in Italia invece, non lo è, o appare quantomeno sospetto. Non ne parliamo poi se si ha a che fare con un Comune amministrato dal centrodestra che sta in una regione di centrosinistra, con un governatore (Illy) appartenente ad una delle borghesie più ricche del Paese, e con un governo centrale di centrosinistra con al Ministero dell’Ambiente personaggi come Pecoraro Scanio. La fattibilità di un’industria del freddo in queste condizioni, rasenta lo zero assoluto! In ogni caso, al di là della battuta, una centralità territoriale la si potrà costruire solo con un progetto infrastrutturale e con una strategia di alleanze e di relazioni che riposizioni Trieste nell’ambito europeo ed internazionale. È una situazione di condizionamento plurimo e reciproco: ciascuno condiziona tutti gli altri con le proprie strategie. L’unica cosa che conta in questo caso è muoversi quanto prima. Chi prima arriva, prima alloggia e chi prima alloggia, prima ha la meglio.

Tra pochi mesi cadranno le ultime barriere con la Slovenia che diventerà a tutti gli effetti territorio europeo. Se non ci diamo da fare subito, diventeremo in men che non si dica da centro strategico geopolitico a semplice periferia. Trieste, la città più scientifica d’Italia, per il suo alto tasso di scienziati rispetto alla popolazione, potrà decretare il suo successo se riuscirà ad elaborare scelte vincenti per la propria governance territoriale. Questo vuol dire che Trieste potrà continuare ad essere capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia se saprà organizzarsi per diventare domani un sistema metropolitano di rango superiore. Gli eventi mondiali stanno riposizionando Trieste là dov’era un secolo fa: al centro dello scacchiere europeo, in mezzo all’Europa centrale. Però la Trieste mitteleuropea non c’è più. Oggi Trieste appare una città vecchia e stanca senza nessuna idea di sé. Senza industria, senza turismo, senza un porto, senza neppure quella cultura assicurativa che, un secolo e mezzo fa, contava più di centocinquanta compagnie; ora rimangono solo le Generali giacché l’ultima compagnia triestina, la Sasa Assicurazioni è stata “regalata” qualche anno fa al gruppo Fondiaria-Sai.

Non possiamo continuare così. Dobbiamo fare i conti con la realtà: un operaio negli Usa costa mediamente 17 dollari all’ora, poco più di 12 euro. In Italia costa 20 euro all’ora: quasi il doppio. Negli Stati Uniti l’energia pesa mediamente per 43 dollari a megawattora, che al cambio attuale fa poco più di 31 euro. In Italia l’energia pesa poco più del doppio, ma in alcune zone come la Sardegna raggiunge addirittura gli 80 euro a Mwh, quasi il triplo! Negli Usa i terreni per costruire si reperiscono a 15 dollari al metro quadrato, nel Veneto, semplicemente non si trovano terreni. Dove possiamo andare in queste condizioni? Ovviamente da nessuna parte. Perciò viene da chiedersi cosa abbiano visto gli americani per investire a Trieste. Nella nostra città a tutti questi problemi si sommano i “no a tutto” degli ambientalisti della domenica, l’incapacità della politica di rispondere alla domanda di senso che proviene dagli elettori ed un diffondersi del cinismo di massa che si traduce in un “nosepolismo” ignavo e indolente.

Se non vogliamo diventare la periferia d’Europa che sarebbe una beffa data la nostra eccellente posizione geopolitica, dobbiamo darci da fare. Il primo test industriale sarà il rigassificatore e subito dopo la conseguente industria del freddo. Un polo del freddo manca in regione e con esso il nostro porto potrebbe riavere il grande ruolo strategico che ha avuto in passato. Un ruolo concreto di “polo energetico” per la città, cerniera di traffico di risorse naturali come lo fu nell’Ottocento e che qualificherebbe ulteriormente Trieste come capoluogo di un polo dei servizi.

 

Walter Mendizza

(da Notizie radicali, 16 luglio 2007)


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