Diario di bordo
Paolo Grifagni. Abolire le Comunità montane? 
E chi e come aggregherà allora lo svolgimento di servizi e funzioni comunali?
14 Giugno 2007
 

Sono entrato per caso nel vs. sito e ho visto il dibattito con tanto di sondaggio sull'abolizione delle cc.mm. Dalle vs parti deve essere successo qualcosa di grave che giustifichi questo accanimento esclusivo sulla questione ccmm! Forse è stata negata collaborazione al giornale o forse non c'è assoluta sintonia con la vs collocazione politica visto l'astio che trapela da tutti gli interventi che proponete in materia.

Avete ragione, l'Italia è salva se si tolgono le cc.mm., tanto nessuno in città le conosce (ma anche io che abito in montagna non conosco le circoscrizioni...) e poi è facile sparare qualsiasi cosa su di loro, un po’ come su la Croce Rossa! Se vi diverte fate pure ma almeno cercate di informarvi seriamente: mi sembra il minimo da richiedere a chi si spaccia per giornalista così come svolgere un ruolo serio di informazione consapevole, senza spargere demagogia e disinformazione a 360°!

Su quanto costano questi apparati, sulla loro funzione come sulla loro capacità di spesa basterebbe fare una mediocre ricerca nel web per trovare dati, cifre e fatti che smentiscono tutte le stupidaggini che state pubblicando.

Certo, nessuno nega che sia necessario, anche in questo caso, fare una bella cura dimagrante degli apparati, degli organi e dei rappresentanti politici; ma questo è un minimo comun denominatore che accomuna ormai tutte le pubbliche amministrazioni italiane, nessuna esclusa, così come la necessità di acquisire maggiore funzionalità e capacità di produrre risultati. Necessità che accomuna tutti i livelli della pubblica amministrazione italiana, dai più piccoli comuni tanto decantati (ma che poi in realtà forniscono servizi di serie B alle proprie popolazioni e al proprio territorio a costi elevatissimi che nessuno - fra l'altro - si sogna di contabilizzare) su su fino al governo e al parlamento, passando per tutta la galassia di enti, società, istituzioni, consorzi, associazioni, agenzie (e chi più ne ha più ne metta) create a livello locale e non.

Inutile stare qui a ricordarvi quanta limitata sia l'incidenza dei costi della politica nelle cc.mm. rispetto all'arcipelago che indicavo, tanto non c'è più sordo di chi non vuol sentire.

Una cosa però vorrei ricordare sinteticamente: parlare di abolizione delle cc.mm. significa voler buttar via il bambino con l'acqua sporca, non vedendo o non volendo vedere la duplice funzione che in realtà - dove stanno funzionando - le cc.mm. svolgono nel proprio territorio. Da un lato, come espressione diretta (anche se ancora organizzata in modo pessimo) in grado di costituire sintesi e valore aggiunto di un territorio che solo chi è in malafede non può non percepire come unitario geograficamente ma anche socialmente, culturalmente e spesso economicamente; in grado quindi - con la legittimazione dei comuni - di rappresentare unitariamente e quindi con più forza e capacità i problemi e le esigenze di territori che hanno un senso di identità comune e che, per definizione, sono spesso marginali e sempre svantaggiati rispetto ai capoluoghi di provincia e in genere alle zone di pianura. Rispondono in primis quindi ad un'esigenza di rappresentatività di grande rilievo.

D'altro lato possono costituire - e in molti casi costituiscono - lo strumento dimensionalmente adeguato per l'aggregazione e lo svolgimento di servizi e funzioni a carattere comunale. Parlare di aggregazione dei comuni è una pura e semplice boutade; chiunque si occupi da un po’ di questi problemi sa quanti tentativi - anche all'epoca del fascio - sono stati fatti per accorpare comuni e sa anche che fine miserrima hanno fatto. Per la semplice ma rilevantissima questione che il comune, prima di essere un modello istituzionale, costituisce l'espressione base della nostra collettività in cui essa trova la sua prima e vera forma di rappresentatività; negarlo, significa negare le ragioni di base del nostro stare insieme. Altra cosa è invece individuare una diversa organizzazione nella gestione dei servizi che privilegi l'efficienza e la loro efficacia; in questa prospettiva il piccolo comune non è più in grado di svolgere adeguatamente servizi sempre più complessi e articolati che richiedono professionalità specifiche; in montagna, una risposta in tal senso è assicurata da tempo dalle cc.mm.

 

Paolo Grifagni

 

 

Breve postilla a commento

Le assicuriamo, dott. Grifagni, che non abbiamo nulla, ma proprio nulla, di personale con presidenti e dirigenti delle Comunità montane “di queste parti”.

Da una “mediocre ricerca nel web” ricaviamo che lei è Segretario e Direttore affari generali e finanziari della Comunità montana del Casentino e fa bene – ci mancherebbe – a ‘difendere’ il suo lavoro che probabilmente svolge con professionalità e competenza. Il suo, in tutta franchezza, ci pare però il solito discorso per cui se uno propone una cosa ce ne sono sempre centomila di più importanti e se uno indica un problema ve ne sono, ed è vero, sempre di più gravi…

D’accordo: è una piccola goccia nel mare? Bene, noi riteniamo che si possa anche partire da lì! Chi ritiene si debba partire da altro, avanti, si accomodi…

Del resto le stesse sue argomentazioni concrete vanno nella direzione che qui si propone. Ci occupiamo anche noi, da un po’…, di questi problemi e ben conosciamo (il nostro territorio, poi, batte tutti i record) situazione e condizione dei piccoli comuni. Ma non è una boutade: basterebbe una chiara volontà politica, coniugata a un sano pragmatismo (che, se coerentemente espressi, tutti sanno riconoscere e apprezzare). E per contestare che le cc.mm. siano “espressione diretta del territorio” basta il sistema di elezione, che non vede protagonista in alcun modo i cittadini, ma le consorterie ‘politiche’.

Vero è che questi enti erano sorti con le ‘pie intenzioni’ che lei esplicita alla fine. Ma, in tutta sincerità, le sembra che l’abbiano effettivamente svolto in questi decenni o lo possano, attualmente, concretamente volgere?

Grazie per il contributo, ovviamente. (e.s.)

 

 

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