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Napoli. Gli studenti medi chiedono pił Newton, Galileo e Leonardo
30 Aprile 2007
 

Un rapporto che sarà presentato il 3 maggio dalla Fondazione IDIS-Città della Scienza lancia un monito e un’informazione: gli studenti provenienti dai ceti sociali svantaggiati apprendono e amano la scienza e la tecnologia più dei loro coetanei dei ceti sociali elevati; ma manca una strategia di educazione scientifica più attenta nei programmi scolastici

 

Gli studenti dei ceti più bassi apprendono e amano la scienza e la tecnologia più dei loro coetanei dei ceti sociali più elevati: questo è quanto emerge dal Rapporto “Conoscere il Suono, la Natura, l'Universo” realizzato dalla Fondazione IDIS-Città della Scienza, diretta da Luigi Amodio (foto), che sarà presentato il 3 maggio alle 10 a Città della Scienza Napoli in un incontro a cui parteciperanno, tra gli altri, Paolo Orefice, Direttore della Scuola di Dottorato in Scienze della Formazione dell'Università di Firenze, e Silvano Tagliagambe, Professore ordinario di Filosofia delle Scienze.

La presentazione del Rapporto giunge a conclusione di due anni di intenso lavoro del progetto “So…Science”, realizzato dalla Fondazione IDIS e finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del VI Programma Quadro (Scienza e Società), e raccoglie una serie di interventi concernenti le attività di comunicazione scientifica e di sperimentazione didattica realizzate in questi anni dalla Fondazione IDIS-Città della Scienza.

Risultati significativi soprattutto se confrontati con i dati di Eurydice, la rete di informazione sull'istruzione in Europa, sull'insegnamento delle scienze nelle scuole, che sottolinea, infatti, la carenza sempre più preoccupante di vocazioni in questo settore.

La maggior parte degli studenti napoletani tra i 10 e 16 anni, provenienti da classi sociali disagiate, condividono un parere positivo su molti aspetti del ruolo della Scienza e della Tecnologia nella società e hanno raggiunto risultati migliori in termini di abilità descrittiva e rappresentazione dei fenomeni studiati.

Complessa la fonte utilizzata dal gruppo di comunicatori scientifici ed educatori, ma indispensabile per comprendere le proporzioni del fenomeno. I curatori del progetto hanno basato la loro ricerca su 600 studenti provenienti dalle 11 scuole coinvolte, situate in Napoli e nei grossi centri della periferia, in quartieri e in comuni dove, oltre alla camorra, dilagano l'evasione scolastica, la microcriminalità, le tossicodipendenze, la disoccupazione.

«I dati statistici vanno letti, si sa», ha affermato Mario Campanino che ha curato la pubblicazione, «sempre con prudenza, ma occorre sottolineare che questo risultato non può essere considerato semplicemente un caso isolato. La capacità degli studenti, provenienti dai ceti sociali deboli, di approfittare delle occasioni formative in ambito scientifico, è superiore, in particolare in riferimento alle attività educative non formali».

Dal punto di vista della elaborazione e della diffusione di una metodologia innovativa per l'insegnamento delle scienze nelle scuole, il Rapporto sottolinea altri dati importanti su cui può aprirsi la discussione fra gli insegnanti, le scuole e chi più in generale si occupa di formazione: quella relativa alla scuola come comunità di sapere e di pratica impostata su di un corretto equilibrio tra insegnamento formale, non formale e informale. I percorsi di apprendimento non formale ed informale, unitamente ai percorsi di apprendimento formale – si legge ancora nella pubblicazione – sono fondamentali per contrastare il disagio giovanile e la dispersione scolastica, e rappresentano una opportunità per gli studenti di acquisire comportamenti, conoscenze, abilità e competenze diversificate.

«Il rapporto tra educazione formale e informale» sottolinea Silvano Tagliagambe «è sempre più al centro dell'attenzione di esperti ed educatori che studiano strategie per valorizzare, nell'insegnamento a scuola, gli aspetti percettivi e le animazioni che caratterizzano l'educazione informale (ad esempio nei musei scientifici di nuova generazione, nei parchi naturalistici, ecc.). Con questo lavoro di ricerca si vuole offrire al lettore (insegnanti e studenti) uno strumento su cui riflettere in direzione di una più ampia comprensione del modo in cui si strutturano le esigenze, le dinamiche, i processi e i meccanismi del sistema scuola, ancora oggi troppo “isola autoreferenziale” e non in comunicazione con la società».

 

Giulia Velotti (Race Communication)


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