Cinema anni 70 & 80
Il primo horror italiano: “I vampiri” di Riccardo Freda
29 Aprile 2007
 

Riccardo Freda è un autore sottovalutato dalla critica, come molti artigiani del nostro cinema, ma è un abile regista che sperimenta quasi tutti i generi cinematografici in voga negli anni Sessanta-Ottanta. In questa sede se ne parla perché nel 1957 dirige I vampiri, primo film horror italiano, un classico che si ispira ai gotici della Hammer ma anticipa molti elementi del futuro cinema dell’orrore. Gli storici del cinema ricorderanno che in realtà il primo horror italiano è Il mostro di Frankestein, girato nel 1920 da Eugenio Testa, ma di quel film non è rimasto niente, soltanto il titolo.

Non ci sono mostri nel film di Freda, ma esiste una realtà permeata di elementi fantastici, composta da scienziati pazzi, nobildonne che non vogliono morire e desiderano scoprire il segreto dell’eterna giovinezza, amori orribili che superano le soglie della morte. Riccardo Freda è un regista che pesca a piene mani nel gotico, perché il suo film si svolge in un castello cadente, tra cripte, passaggi segreti, cimiteri, teschi e fioche luci di candela, ma al tempo stesso cerca di essere moderno. La sua rappresentazione del male è calata all’interno di una società composta da mostri, persone senza cuore che uccidono e rubano il sangue delle vittime per donare la giovinezza a una megera cadente che vuole coronare un sogno d’amore. Per Freda, il male non va esibito ricorrendo al soprannaturale e ai mostri della fantasia, ma il vero male è dentro la società e i mostri sono persone comuni che spesso scatenano passioni incontenibili. I vampiri segna il cammino per l’horror italiano più moderno e originale, anche se non va dimenticato un ottimo cinema di mostri realizzato da Mario Bava, Lucio Fulci e Dario Argento.

I vampiri è un film scritto e sceneggiato da Piero Regnoli (ex critico di cinema dell’Osservatore Romano) e dallo stesso Riccardo Freda (che si firma Rick Sjöström), Mario Bava completa la regia per le ultime scene, dirige la fotografia e realizza ottimi trucchi. Roman Vlad e Franco Mannino compongono musiche intense e suggestive da film horror d’atmosfera, come tradizione negli anni Cinquanta-Sessanta. Il montaggio di Roberto Cinquini è abbastanza serrato, soprattutto nella seconda parte del film, quando il regista lo guida verso un finale inaspettato. Beni Montresor si occupa ad alto livello della parte scenografica e dei costumi, mentre la produzione è di Ermanno Donati per Athena, che lo fa distribuire da Titanus. Il film viene girato per scommessa in dodici giorni e risente di pesanti interferenza da parte della produzione, che esige una trama gialla e una parte poliziesca ispirata a cliché narrativi consolidati. Riccardo Freda avrebbe voluto un horror più spinto e onirico, il lieto fine non è una sua idea, ma un’imposizione dei produttori. Tra gli interpreti va segnalata un’ottima Gianna Maria Canale, nella doppia parte di Giselle e Marguerite De Grand, nipote e zia che in fondo sono la stessa persona. La Canale nasce nel 1927, è una vera e propria reginetta di bellezza dal fascino ambiguo e dagli occhi chiari di grande espressività. Nel 1948, Riccardo Freda la fa esordire nel cinema e la considera una musa ispiratrice, pure se l’attrice si ritira verso la metà degli anni Sessanta delusa da un mondo che non le tributa il successo che merita. Interpreta film di ogni tipo e sempre con Freda la ricordiamo sensuale eroina in Teodora, imperatrice di Bisanzio (1953). Ne I vampiri è ben calata nel ruolo della giovane e affascinante Giselle, ma sa trasformarsi in una perfida assassina, la rugosa e vendicativa Marguerite. Gli altri attori sono Paul Miller, Antoine Belpêtré, Carlo D’Angelo, Dario Michaelis e Wandisa Guida. Riccardo Freda fa una rapida comparsa alla Hitchcock nei panni di un medico.

Riccardo Freda rivendica l’idea originale di fare un film horror e in una vecchia intervista ammette di aver ideato il soggetto in un solo giorno con l’aiuto di Piero Regnoli. Tra l’altro pare che la storia non fosse neppure scritta ma incisa in un magnetofono. Freda chiede alla produzione pochissimo tempo per girare, ha tutto in testa e sa come impostare l’azione. Le sue richieste si limitano alla Canale nei panni della protagonista, Mario Bava alla direzione della fotografia e Beni Montresor per la scenografia. La mano di Bava si nota pesantemente, soprattutto per un’ottima fotografia in bianco e nero che rende l’horror ancora più gotico e spettrale. I trucchi migliori sono opera sua, soprattutto l’eccezionale trasformazione dalla giovane Giselle alla vecchia Marguerite che in pochi secondi modifica il volto della Canale. Il trucco si ripete per due volte e sono i momenti più belli di una pellicola che in certi passaggi è ancora inquietante. Mario Bava gira le ultime scene perché Freda litiga con la produzione dopo due settimane di aspre tensioni e confeziona il lieto fine. La pellicola viene girato in meno di quindici giorni, ma è molto ben riuscita, sia per un suggestivo bianco e nero che per le parti orrorifiche fatte di trucchi ben congegnati. Il film è ambientato a Parigi, ma grazie ai modellini e ai trucchi creati da Freda e Bava viene girato in un teatro di posa romano, anche perché non ci sono soldi per costose trasferte e per riprese in esterno.

I vampiri parte da una trama gialla composta dai soliti cliché a base di omicidi, un ispettore che indaga, un giornalista curioso e intrigante, ma sconfina in un cinema dell’orrore mai sperimentato in Italia. I vampiri è un horror di atmosfera che porta sul grande schermo un non morto che non succhia il sangue ma ruba l’energia vitale alle vittime. Riccardo Freda crede in un orrore sottile, psicologico, senza vampiri e senza mostri, raggiungendo il terrore con mezzi semplici e comuni, sfruttando la realtà. Niente di più moderno, visto che anticipa la tematica contemporanea del serial killer, dei delitti in famiglia e delle stragi immotivate ma reali. Gianna Maria Canale impersona la protagonista malefica che muove i fili di un insano gioco, aiutata da uno scienziato pazzo che vuole scoprire il mistero della vita umana. Il film cita la storia del mostro di Frankenstein nella sequenza in cui il macchinario dello scienziato riporta in vita un uomo morto, ma come ispirazione è importante la figura della contessa Bathory che pensava di restare giovane grazie al sangue delle ragazzine. Ne I vampiri è un macchinario scientifico inventato da un professore (che a un certo punto si finge morto) a ringiovanire Marguerite, ma lo strumento assorbe dalle giovani prede il sangue come essenza vitale. Ricordiamo interessanti sequenze realizzate con la soggettiva dell’assassino, finestre che sbattono, porte che cigolano, particolari di mani fasciate da guanti neri. Tutti elementi che anticipano l’horror moderno a base di serial killer e di omicidi efferati. Mario Bava perfeziona questa tecnica nei successivi thriller e horror, ma Fulci e Argento saranno degni continuatori di una tradizione inaugurata da Freda. Interessante tutta la parte legata ai cliché del gotico con cripte, cimiteri, tombe scoperchiate, castelli cadenti, scienziati pazzi, servitori storpi, teschi e scheletri, passaggi segreti, visioni di morti scarnificati, balli con musica d’altri tempi e quadri che ricordano antenati scomparsi. Il film ruota attorno alla enigmatica figura di Gianna Maria Canale, innamorata del padre di un giornalista che indaga sul caso dei morti dissanguati. La donna cerca di tornare giovane per concupire il figlio, tanto simile a quel padre che non ha potuto avere. La trasformazione in una ragazza giovane e sensuale dura poco e lo spettatore assiste in diretta al ritorno delle rughe e all’invecchiamento della pelle. La sequenza della trasformazione vale ancora oggi la visione del film per quanto è ben realizzata, ricorrendo a un trucco cinematografico perfetto. Il film è lento e decolla tardi, ma a partire dalla trasformazione della protagonista prende quota e diventa interessante.

Lo spettatore contemporaneo deve storicizzarlo e non deve fare troppo caso a una serie di dialoghi troppo impostati e a una recitazione spesso tirata via. Si deve tenere presente il budget irrisorio e la necessità di finire tutto in dodici giorni, cosa che di certo non giova alla cura dei particolari. Mario Bava per la fotografia e per i trucchi, ma anche Montresor per le scenografie sono due elementi importanti per la realizzazione di un’ottima pellicola. Mereghetti concede due stelle e mezzo al film e scrive che «Freda costruisce un’atmosfera originale, in bilico tra brividi gotici e colpi di scena da feuilleton». Morando Morandini concede addirittura tre stelle e ammette che «le scenografie di Montresor, le musiche di Vlad, i trucchi e la fotografia in bianco e nero di Bava danno consistenza a uno zibaldone di cinema fantastico di spavento». Il futuro regista Bernard Tavernier esalta il film che esce anche in Francia come Les vampires e riporta un discreto successo.

I vampiri è un film manifesto della poetica di Freda che si basa su un senso di angoscia trasmesso da un’orribile realtà che si svela scena dopo scena. Non solo. È un film importante che segna l’inizio di un genere cinematografico e detta le coordinate essenziali per continuare un discorso narrativo.

 

Gordiano Lupi


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