Diario di bordo
Mina Welby. I tre anelli
20 Aprile 2007
 

Qualsiasi fanatismo di appartenenza a un gruppo porta a incomprensione e isolamento. Gli impiegati uccisi nella casa editrice Zirve a Malatya, in Turchia, erano colpevoli negli occhi dei loro assassini di stampare in turco la Bibbia. Sapevano quello che facevano? Quando sento dei dissidi religiosi non posso fare a meno di ricordarmi del periodo dei miei studi liceali e della lettura di Nathan il saggio di G. E. Lessing. Da giovane idealista sognavo la fratellanza di tutti gli uomini di qualsiasi appartenenza di etnie, di religione, di credo politico. I protagonisti del dramma sono il Sultano Saladino, Nathan, un ricco ebreo e un giovane Templare. Il dramma del poeta tedesco ha il suo momento più elevato nella leggenda dei tre anelli, raccontata anche da Boccaccio nel Decamerone. Il Sultano insiste a chiedere a Nathan quale religione fosse, secondo lui quella vera. Nathan risolve il dilemma, raccontando questa parabola:

 

«Un padre aveva tre figli e possedeva un anello con una pietra preziosa che era la più preziosa al mondo. Ciascuno dei tre figli supplicava il padre affinché, morendo, egli lasciasse questo anello a lui solo. Il padre allora si rivolse a un abile orafo e gli commissionò due anelli uguali a quello in suo possesso, mettendo in ciascuno una pietra simile a quella incastonata nell’originale. L’orafo fabbricò gli anelli in modo tale che solo il proprietario sapeva quale fosse l’originale. Il padre quindi consegnò un anello a ciascuno dei tre figli, separatamente e in gran segreto, in modo tale che ognuno era convinto di aver ricevuto l’anello originale in esclusiva.

«Solo il padre era al corrente di quale fosse l’anello archetipo, di cui gli altri due erano copie. Il giudeo conclude la sua storia così: i tre anelli indicano le tre fedi».

 

Non posso fare a meno di dire che anche gli uomini di chiesa e i genuflessi atei devoti hanno rinfocolato il contrasto delle fedi cristiana e musulmana. Dopo gli attentati alle Torri Gemelle era quasi una chiamata dell’Occidente a nuove crociate: prima tra cristiani e musulmani, poi la religione si butta in politica e insiste sulle radici cristiane dell’Europa. Da lì un’escalation di levate di scudi di insistenze sul mondo politico per ottenere delle leggi non per tutti i cittadini, bensì solo per la categoria di una minoranza di fedeli cattolici. Ecco la crociata anche contro i credenti in altro. Sono convinta che tutti crediamo in un qualcosa, chi lo definisce Dio, chi Essere, chi non gli dà un nome, e ha ragione. Perché dobbiamo attendere la morte di chi ci vive accanto per capire che anche lui è approdato in quel mare infinito dove c’è posto per tutti indistintamente? Non sarebbe meglio viverci in questo infinito mistero, con comprensione, dialogo e in concordia?

 

Mina Welby

(da Notizie radicali, 19 aprile 2007)


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