Alcol/droga. Pił facile aggiungere un divieto che toglierne un altro
12 Aprile 2007
 

Oggi il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha annunciato che nelle prossime settimane sarà presentato in Consiglio dei Ministri un disegno di legge che impone limiti alla pubblicità degli alcolici in tv e sui giornali destinati ai giovani. Ero a conoscenza di questo nuovo e assurdo divieto che nulla farà per una concreta soluzione del problema. Alcune settimane fa il ministro, durante un'audizione in commissione Affari sociali, rassicurandoci per l'ennesima volta sull'imminente presentazione di un disegno di legge sulle tossicodipendenze (che ancora non c'è stato), accennò anche a questo provvedimento per fronteggiare il problema dell'alcol, ufficializzato, poi, oggi. Il problema del consumo di droga e alcol sono, infatti, accomunati dalla questione della dipendenza e dai danni da sostanze legali e illegali.

Nonostante le notizie sempre più allarmanti sull'aumento dei consumi di queste sostanze, è stato deciso di affrontare il problema dell'alcol con l'ennesimo divieto, in questo caso di pubblicità. E si continua ad ignorare che rendere più proibita una sostanza di largo consumo non fa altro che incrementarne i consumi, proprio come avviene oggi con le droghe illegali. E quegli stili di vita che sono oggi esaltati nelle pubblicità tv in relazione al consumo di alcool, col divieto avrebbero maggior fascino sui giovani.

Nel frattempo i dati diffusi nella Relazione annuale della Direzione centrale antidroga del Viminale parlano di un continuo aumento del consumo di droga con la comparsa di nuovi fenomeni come quello dello “sniffing”, cioè l'inalazione di droghe facilmente reperibili sul mercato quali colle e solventi. Forse il ministro Ferrero vuole risolvere la situazione con il divieto di pubblicità delle colle? Mi auspico che così non sia, e che si affronti il problema in modo rispettoso delle volontà individuali, cioè con l'informazione e quindi una maggiore consapevolezza di ognuno su ciò che sia buono o meno per se stessi in relazione con la società.

 

Donatella Poretti


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