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Almor e Mellana. La settimana teoillogica
Domenica 15 Gennaio 2023

Non ci sono più i copyrighter di una volta

 

Il 30 aprile 1977, in Argentina, sedici madri e nonne marciarono in Plaza de Mayo di fronte alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale argentino. Un fazzoletto bianco in testa (il pañuelo) per simbolo e un’unica richiesta: conoscere il destino di figlie e figli, mariti e nipoti scomparsi (desaparecidos). Queste donne ogni giovedì, sempre più numerose, scesero in piazza contro la dittatura militare.

Oggi in Iran, sempre le donne, migliaia di donne, marciano e protestano togliendosi il velo, che la sanguinaria dittatura teocratica gli impone, gridando lo slogan: DONNE VITA LIBERTÀ.

Si dovettero purtroppo aspettare ancora sei anni per vedere crollare la dittatura.
Solo il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dimostrato di non essere un coniglio e ha espresso de visu all’ambasciatore iraniano
condanna e personale indignazione per le repressioni e le esecuzioni. Sembra il solo, da quelle parti, che non abbia voglia di aspettare ancora sei anni prima che crolli il regime degli ayatollah.

Mi si dice che anche il Ministro degli esteri Tajani sia andato giù pesante. Pesante perché ha dichiarato sulla pena di morte comminata in Iran: “È inflitta in modo sproporzionato ed è inaccettabile, soprattutto quando lo si fa in nome di Dio. Soltanto Dio toglie la vita, nessuno può farlo in suo nome”?

A parte il fatto che sia solo Dio a togliere la vita puzza di altra teocrazia ma longius abeamus.

Una pena di morte inflitta in modo sproporzionato (!) presuppone che ne esista una inflitta in modo proporzionato e che sia inaccettabile soprattutto (!) se inflitta in nome di Dio vuol dire che se inflitta in nome del mio barbiere va bene?

Tajani, cambia copywriter.

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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276