Diario di bordo
La Costituzione italiana: bella, da amare e rispettare. In parte ancora da realizzare 
di Sergio Caivano
24 Dicembre 2022
 

La nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° Gennaio 1948, compie 75 anni. Ha scritto Giorgio Napolitano, introducendo il libro La Costituzione italiana (ed. La Repubblica, 2011, pg. 7): «Ci sono date che rimangono consegnate alla storia del paese, scandendone in modo significativo il divenire: esse vanno ricordate e valorizzate al fine di coltivare tra gli italiani la coscienza del comune passato storico. Ma la data del 1° gennaio 1948… ha segnato la nascita di qualcosa che ha continuato a vivere, è vivo e ha un futuro – una tavola di principi e di valori, di diritti e di doveri, di regole e di equilibri, che costituisce la base del nostro stare insieme animando una competizione democratica senza mettere a repentaglio il bene comune».

Ne ripercorro la storia. Il primo Governo del dopoguerra è guidato da Ferruccio Parri, già capo del CLN, per sottolinearne la continuità con i valori della Resistenza. Ne fanno parte i rappresentanti di tutte le forze che hanno contribuito a sconfiggere il nazifascismo, e cioè: Il Partito d’Azione, il PCI, il PSI, la DC, il PLI, il Partito democratico del lavoro. Obiettivi primari sono il superamento della monarchia, la redazione della Carta costituzionale, la laicità dello Stato, la questione sociale, la riforma agraria.

Parri si dimette il 24 novembre, per divergenze tra i partiti. Gli succede il Governo De Gasperi. Il 10 marzo 1946, alle elezioni amministrative votano anche le donne, che conquistano il diritto all’elettorato attivo e passivo. Il 2 giugno 1946 si tiene il referendum costituzionale, nel quale i cittadini sono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica. Il risultato premia la Repubblica che si afferma con 12.718.641 voti contro i 10.718.502. Anche in Valtellina si registrano 40.851 voti per la Repubblica e 28.969 per la Monarchia. Umberto di Savoia è costretto all’esilio. Nello stesso giorno vengono eletti i rappresentanti dell’Assemblea Costituente col compito di redigere la Carta costituzionale.

Dopo un profondo lavoro di ascolto reciproco, di riconoscimento di istanze diverse, di ricerca dei punti d’incontro, si trova il pieno accordo sul testo definitivo. Che non è un compromesso, ma il risultato di scelte condivise. Poi viene eletto Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, liberale. Il testo costituzionale viene approvato il 22/12/1947 con 458 voti a favore, solo 62 contrari. Promulgato dal Capo dello Stato entra in vigore il 1° gennaio 1948. Si compone di 139 articoli più 18 disposizioni transitorie finali. L’approvazione della Costituzione è un evento eccezionale, reso possibile dall’abbattimento del tiranno, dalla fine della guerra, dalla cacciata dei Savoia. È, anche, il frutto di una convergenza su certi valori delle forze d’ispirazione socialista, cattolico-democratica, laica e liberale. E ne porta tutti gli ideali di libertà, di giustizia sociale e solidarietà.

Nel suo insieme appare forte, bella, armoniosa. Si sostanzia su di un insieme di valori condivisi ed indica un’organizzazione dei pubblici poteri a garanzia di tutti. Il principio più forte, contenuto nell’art. 3, è quello dell’eguaglianza dei diritti per tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di condizioni sociali, di opinioni. Costituisce un dovere della Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza. Altri articoli riconoscono il diritto al lavoro, alla salute, all’associazionismo, all’istruzione. Il Capo dello Stato, una volta eletto, rappresenta tutto il Paese, è un super partes.

Una Costituzione da amare, da rispettare, da difendere con un’assidua vigilanza, in parte ancora da realizzare. Che andrebbe insegnata, almeno nei suoi principi fondamentali, contenuti nei primi 12 articoli, nelle scuole di ogni ordine e grado. Principi ripresi, in gran parte, dalla Dichiarazione Universale Dei Diritti Dell’Uomo elaborata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre dello stesso 1948. Finora mantenuta nelle sue linee essenziali, a parte la revisione del titolo quinto, riguardante i rapporti con le autonomie locali. In questi lunghi anni che ci separano dalla sua entrata in vigore, moltissimi costituzionalisti hanno analizzato i suoi principi, sottolineando quelli realizzati e quelli ancora da realizzare.

Questa nostra bella Costituzione è oggi sottoposta ad un duplice attacco da parte della maggioranza di Governo. Il primo è rappresentato dalla proposta di elezione diretta del Capo dello Stato, del quale non sono, per ora, indicati i poteri, ma che sottintende un uomo forte, del quale gli italiani più anziani hanno un pessimo ricordo, in grado d’incidere sulle scelte parlamentari. Contro questa proposta si sono già schierati molti costituzionalisti. La seconda proposta concerne l’attribuzione alle Regioni di una autonomia differenziata. La cosa potrebbe produrre, in un Paese come il nostro, già lacerato da profonde differenze economiche e sociali tra nord e sud, ad un’ulteriore accentuazione degli squilibri già esistenti. Già oggi, il reddito della Lombardia è il doppio di quello della Calabria. Si vuole un Paese con Regioni ancora più ricche e Regioni ancora più povere? Non è un caso che il Presidente Mattarella, di fronte ai sindaci d’Italia, abbia recentemente parlato di “coesione nazionale”, del “principio di eguaglianza”, della “garanzia dei diritti dei cittadini, al Nord come nel Mezzogiorno”.


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