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Sergio Caivano. Igino Manni, partigiano “Igo”
30 Aprile 2022
 

Il 2 maggio di quest’anno ricorre il 77° anniversario della scomparsa di Igino Manni. Ripercorriamo la sua storia, seguendo l’opuscolo pubblicato a cura dell’Anpi Gruppo Val Gerola, in onore di un eroico partigiano della valle, scomparso nei campi di sterminio nazisti. L’opuscolo è dedicato alla memoria di Igino Manni “Igo”.

Igino nasce nel 1920, ultimo di undici fratelli. Terminato il collegio si iscrive alla facoltà di medicina dove, nel 1943, è studente del quarto anno. La guerra in corso lo richiama alle armi. Si arruola tra gli Alpini. Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre non vuole assolutamente schierarsi coi fascisti, riesce a tornare a casa in Val Gerola, dove rimane nascosto. Viene a sapere che ci sono altri giovani disposti a battersi contro tedeschi e fascisti. Allora si collega al distaccamento partigiano Minonzio, facente parte della 55ª Brigata “Rosselli”, della quale, dopo poco, ne diventa commissario. Con i compagni svolge diverse azioni di guerriglia culminate nell’espugnazione della caserma Piazzi della GNR e nell’attacco alla guarnigione fascista della Valvarrone. Passa poi al distaccamento Croce operante in Valsassina. Nel corso di un duro scontro coi fascisti, perde la vita il comandante Ugo Cameroni, alcuni partigiani restano feriti. Mentre si accinge a soccorrere un ferito, viene catturato. Comincia il suo calvario. Viene torturato a lungo. Ma Igino non parla. I fascisti, a questo punto, lo consegnano ai tedeschi. Finisce prima a Como, poi a Milano, infine a Bolzano dove viene trattenuto qualche giorno. Successivamente trasferito a Mathausen è obbligato a camminare sulla neve a piedi nudi e a subire una serie di vessazioni. Dopo è costretto al lavoro forzato, con un’alimentazione assolutamente insufficiente, nel campo di Melk. Quando, del tutto deperito, non è più in grado di lavorare lo spediscono a Ebsen. Qui muore il 2 maggio 1945, pochi giorni prima che il campo venga liberato.

La sorella Germana scrive: «I miei due fratelli Emanuele e Igino erano fuggiti per non farsi prendere dai tedeschi ed erano arrivati a casa, ma per poco. I fascisti tornati a comandare li avevano chiamati, ma loro due, come molti altri, rifiutarono di presentarsi. Rimasero in famiglia, ma nascosti. Ad un certo punto però dovettero scegliere, e non scelsero certo i fascisti. Intanto si erano raccolti dei partigiani e Igino diventò Commissario politico col nome di “Igo”. Girò con i suoi compagni dalla Valsassina, a Gerola, a Campo Tartano, tenne i contatti con i gruppi di là dell’Adda, sulla montagna di Dubino, Traona, Ardenno». Giulio Spini scrive: «Gli studi in medicina e la mentalità intimamente cattolica si fondano, nella sua personalità, su un realismo ottimista, che coglie della lotta liberatrice il problema essenziale: quello degli uomini. A questo, con fermezza ed umiltà, applica le risorse della sua intelligenza e del suo coraggio… penso che fino alla liberazione ogni fazione sarebbe inutile e dannosa. Dobbiamo combattere e infondere nelle formazioni la nobiltà cristiana della lotta…».

Il 29 luglio 1945, a Gerola Alta si tiene la prima commemorazione nella quale, tra l’altro, si dichiara: «…E in quell’ora fatidica, in terra nemica, per quella Libertà e per quella Patria decedeva l’Eroe purissimo, il Patriota ardente IGINO MANNI (Igo) primo organizzatore saggio e indefesso delle Formazioni Partigiane in Val Gerola…». Il Comune di Gerola Alta gli ha intitolato una piazza.

 

Sergio Caivano


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