Arte e dintorni
Paula Modersohn-Becker 
Alla Schim Kunsthalle di Francoforte con Maria Paola Forlani
24 Ottobre 2021
 

Nel 1903 il poeta Rainer Maria Rilke pubblicò un libro sulla colonia di artisti di Worpswede, nella Bassa Sassonia, dove la pittrice Paula Modersohn-Becker visse dal 1898, e dopo la sua morte prematura, a 31 anni, diciotto giorni dopo aver partorito la figlia Mathilde, le dedicò il suo commosso Requiem per un’amica.

Una retrospettiva con 120 opere tra dipinti e disegni, ripercorre fino al 6 febbraio alla Schim Kunsthalle di Francoforte ripercorre la produzione di un’artista che ha sfiorato le convenzioni artistiche e sociali dei suoi tempi anticipando molte delle novità del modernismo.

Influenzata in un primo momento dalle invenzioni di Cézanne, e in misura minore da Va Gogh e Goguin, la pittura di Paula Modersohn-Becker (1876-1907) virò presto verso una visione Fauve che trae la sua forza espressiva proprio dal confronto continuo tra i maestri della storia dell’arte e le ultime tendenze dell’arte contemporanea. Prima donna a ritrarsi nuda dopo Artemisia Gentileschi, nel 1937 fu tra i molti artisti esposti dai nazisti nella tristemente famosa mostra su quella che per loro era l’Arte degenerata che, inaugurata a Monaco di Baviera da Joseph Goebles il 19 luglio 1937, fu in seguito allestita in undici città tedesche e austriache.

Settanta opere dell’artista, quell’anno furono confiscate dai musei della Germania.

Paula Modersohn-Becker lascia Worpswede solo quatto volte, per lunghi soggiorni a Parigi, in quegli anni la culla di tutte le avanguardie artistiche. È nella metropoli francese che scopre le novità che vanno via via emergendo, frequenta quotidianamente i musei e le gallerie d’arte e studia pittura, nel 1900 all’Accadémie Colarossi, nel 1906 all’Acedémie Julian. La sua attività, ovunque si trovi, è febbrile: in quattordici anni dipinge 750 quadri e realizza un migliaio di disegni, che fanno di Paula Modersohn-Becker una grande innovatrice del primo Espressionismo tedesco.

Nel 2012 la sua vita è stata narrata da Sue Hubbard in un romanzo, Girl in white, e quattro anni dopo, al cinema, dal biopic Paula, diretto da Christian Schwochow.

 

M.P.F.


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