Arte e dintorni
Maria Paola Forlani. Fede Galizia, mirabile pittoressa 
Al Castello del Buonconsiglio di Trento fino a ottobre
08 Luglio 2021
 

Non sono molte le pittrici che hanno lasciato un segno nella storia dell’arte ma tra Cinque e Seicento alcune raggiunsero fama e successo. Accanto a Sofonisba Anguissola e Artemisia Gentileschi spicca anche Fede Galizia, pittrice di origine trentina, che è celebrata a Trento nel Castello del Buonconsiglio fino al 25 ottobre 2021, con la prima mostra monografica a lei dedicata.

Documentata a Milano a partire almeno dal 1587, vive prevalentemente nella città lombarda fino alla morte, avvenuta dopo il 1630. Il trasferimento – da Trento a Milano – della famiglia Galizia, di origini cremonesi, deve essere avvenuto sulla scorta del poliedrico padre, Nunzio, artista pure lui, impegnato nel mondo della miniatura, dei costumi, degli accessori, ma anche in quello della cartografia. Fede – un nome programmatico per l’Europa della Controriforma – ottiene un successo straordinario tra i committenti dell’epoca, tanto che opere sue raggiungono, prima del 1593, tramite la mediazione di Giuseppe Arciboldi, la corte imperiale di Rodolfo II d’Asburgo.

Gli studi novecenteschi, soprattutto italiani ma non solo, hanno dato particolare risalto all’attività di Fede come autrice di nature morte, alle origini di questo fortunato genere. Sembra giunto il momento di ripensare nel suo complesso il profilo dell’artista, che realizzò soprattutto ritratti ma anche pale d’altare, destinati a sedi tutt’altro che locali (Montecarlo e Napoli, per esempio). A tutt’oggi non esiste un repertorio completo delle numerose testimonianze letterarie che celebrano, in versi e in prosa, le doti di Fede Galizia, da intrecciare con un completo regesto documentario, approntato, ora, per l’occasione. La mostra, curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, con l’allestimento a cura di Alice de Bortoli, aspira a rispondere, tramite la presentazione delle opere dell’artista e adeguati confronti, alla domanda: perché Fede Galizia piaceva tanto? Quali sono le ragioni del suo successo nell’epoca in cui visse Quanto ha pesato, in questo, il suo essere donna? Come cambia l’apprezzamento di un’opera d’arte tra il lungo crepuscolo del Rinascimento e il mondo di oggi?

In mostra un’ottantina di opere tra dipinti, disegni, incisioni, medaglie e libri antichi. Oltre a opere di Fede Galizia, Plautilla Nelli, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Barbara Longhi, ci sono lavori di Arciboldi, Bartholomeus Spranger, Giovanni Ambrogio Figino, Jan Brueghel e Daniele Crespi, provenienti dai più importanti musei italiani, come la Pinacoteca di Brera e il Castello Sforzesco di Milano, gli Uffizi di Firenze, l’Accademia Carrara di Bergamo, Palazzo Rosso di Genova, la Fondazione Cini di Venezia, la Galleria Borghese di Roma, oltre ad alcuni prestiti internazionali: dal Muzeum Narodowe di Varsavia, dal Ringling Museum of Art di Sarasta, sal Palacio Real de la Granja di San Ildefonso, oltre che da alcuni collezionisti privati.

Nove le sezioni della mostra:

1 Quando anche le donne si misero a dipingere introdotta dalle parole di Anna Banti, questa sezione affronta l’affermarsi, tra dilettantismo e professione, delle donne pittrici nell’epoca della Controriforma. Si va da chi è iniziata alla pittura come complemento a un’educazione umanistica a chi è figlia d’arte, passando per le monache che dipingono per devozione. I nomi sono le sorelle Anguissola, Lavinia Fontana, Barbara Longhi e suor Plautilla Nelli. I casi affrontati costituiscono un prologo all’esperienza di Fede Galizia.

2 Trento

IL Concilio di Trento 1545-1563) è un’occasione – senza precedenti e senza pari seguito – per fare conoscere il principato vescovile nell’Europa del tempo. In questa sezione sono esposte opere riproducenti le sessioni del Concilio che contribuiscono a rendere fecondo e internazionale l’ambiente culturale trentino dal quale provengono Nunzio e Fede Galizia. Ad attestare i legami di quest’ultima con la città d’origine della sua famiglia c’è una sua raffigurazione del «beato» Simonino da Trento.

3. Miniature

La miniatura non esaurisce la sua storia con la comparsa della stampa nel corso del XV secolo; nel Cinquecento vede un sontuoso crepuscolo. E Nunzio Galizia è innanzitutto, osservando con l’occhio dell’epoca, un miniatore, la cui attività si svolge in particolare a Milano, ma anche a Torino, per la corte Sabauda. Sono presenti alcuni esempi della miniatura lombarda cinquecentesca, che vanno dai codici miniati ai ritratti. Spiccano nella sezione due ritratti, eseguiti da Fede Galizia, inseriti in una ricca cornice elaborata dal padre, che trova confronti in alcuni frontespizi di edizioni a stampa, in cui sono coinvolti celebri artisti, dal Fiammenghino al Cerano.

4 Milano

Nunzio è sulla scena di Milano, la capitale europea delle industrie del lusso, già nel 1573 e Fede fin dal 1587 è celebrata lì per la sua attività di pittrice. Si vuole dare conto della forma della città, attraverso la veduta di Milano realizzata da Nunzio nel 1578, al termine della peste che aveva visto dispiegarsi l’impegno senza limiti dell’arcivescovo Carlo Borromeo. La versatilità dell’artista trentino lo vede variamente impegnato nel mondo della moda e dello spettacolo, in un contesto in cui non mancano i contatti con la corte imperiale. Intanto sponsor principale delle doti di Fede è il milanese Giuseppe Arcimboldi.

5. Giuditte

Al centro della mostra è la Giuditta del museo di Saratota, firmata e datata 1596: un soggetto che Fede Galizia affronta più volte, in alcuni casi riproponendo addirittura la medesima immagine (è il caso del dipinto, datato 1601, della Galleria Borghese). La raccolta di più esemplari permette di verificare i gradi di autografia, all’interno di una produzione, che non rifiuta – è il caso delle nature morte – la serialità. In queste Giuditte emerge il gusto di Fede e per la rappresentazione dei costumi e dei gioielli, che prova la verifica anche alla luce delle competenze in fatto di abbigliamento di suo padre Nunzio.

6. A scuola del Correggio

La pittura dell’emiliano Correggio, morto nel 1534, è riferimento prioritario per Fede, che ne studia le opere, a partire da quelle presenti nel contesto milanese. In particolare l’Orazione nell’Orto, oggi ad Aplsley House, a Londra, ma tra Cinque e Seicento è a Milano nelle ricche raccolte del marchese Pirro Visconti Borromeo. Ma Fede non si limita a riprodurre l’Orazione nell’Orto: copia anche la Zingarella oggi a Capodimonte) e la Madonna della cesta (oggi alla National Gallery di Londra). Individua in queste immagini del Coreggio un timbro devoto e sentimentale.

7. Una ritrattista famosa

I personaggi che, fin da giovanissima, Fede Galizia immortala la fanno apprezzare come ritrattista in tutta Europa. Il Ritratto di Paolo Morigia, della Pinacoteca Ambrosiana, il dotto gesuato autore – tra gli altri – di un libro sulla nobiltà di Milano, è esposto in Duomo poco dopo la sua esecuzione all’aprirsi dell’ultimo decennio del Cinquecento. Sfilano, in questa galleria ideale, Ludovico Settala, il medico della peste manzoniana, Federico Zuccari, il pittore dell’idea, Ippolita Trivulzio, principessa di Monaco.

8. Sugli altari

Il noli me tangere, ora alla Pinacoteca di Brera, è tra i dipinti rimasti della produzione sacra di Fede Galizia il più ammirato dai viaggiatori del passato, ma curiosamente, quello forse più lontano dal gusto moderno. La minuzia con cui sono descritti i fiori in primissimo piano, che rimandano alla contemporanea produzione di nature morte, i gesti calibrati e la preziosità esecutiva delle vesti, visti con il cannocchiale del tempo, devono restituire la fama di Fede a Milano a cavallo tra XVI e XVII secolo. Fama che deve averla portata a realizzare pure un dipinto, con San Carlo, destinato a Napoli, e a prendere parte alla decorazione di quell’antologia di pittura lombarda (e non) del Seicento che è la chiesa milanese di Sant’Antonio abate, chiesa a cui l’artista lascerà parte dei suoi beni alla propria morte.

9. Come catturare la vita silente

Fede Galizia si cimenta in un genere nuovo, introdotto forse a Milano, intorno alla metà dell’ultimo decennio del Cinquecento, da un pittore di tradizione leonardesca: Giovanni Ambrogio Figino. Ma sarà la Canestra del Caravaggio appartenuta al cardinale Federico Boromeo a cambiare le carte in tavola, e Fede proverà a misurarsi, tra temi e variazioni, con il nuovo corso della pittura. Ma non sarà l’unica a dipingere frutti e fiori.

 

M.P.F.


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