Il mortaio
Renato Ciaponi. La forza dei cachi
23 Dicembre 2020
 

Non so quando le prime piante siano arrivate in Valtellina. Ma ho ricordi precisi di quando ero bambino (anni cinquanta) e osservavo sempre con interesse quelle piante adornate da belle palle color arancio, quei rami esili, privi di foglie, che le tenevano ancorate senza farle cadere. Sembravano alberi di Natale.

La mia famiglia non aveva piante da frutta. Il nostro spazio fuori casa era molto ridotto. Ricordo un terrazzo, sotto una pergola di uva americana, un piccolo orto e uno spazio per giocare.

Ma c’era sempre un vicino, un parente, che ogni tanto portava qualche piccola cesta di frutta colta da quelle piante che tutti i contadini tenevano in fondo alla vigna, a lato dei prati. Piante spesso selvatiche che non richiedevano cure particolari, producevano frutta sana, senza necessità di prodotti chimici. Oggi la definirebbero biologica. Erano ciliegie, prugne, pere, fichi. Poi ai morti arrivava anche la mia cesta preferita, quella dei cachi.

Ricordo la dolcezza, le labbra e le dita sporche di arancione. Ricordo i semi che noi bambini cercavamo e aprivamo sempre come se all’interno ci fosse la sorpresa Kinder. Già, perché all’interno del seme che aprivamo delicatamente con un coltellino, si presentava un germoglio che poteva avere forme diverse: un cucchiaio, una forchetta, un coltello.

Mio padre raccontava che le credenze popolari dicevano che ogni forma aveva un significato particolare: il cucchiaio prevedeva tanta neve da spalare, la forchetta indicava un inverno mite e il coltello avrebbe portato un freddo tagliente.

Noi bambini mettevamo poi il nostro frutto in una tazza della colazione, e con un cucchiaio mangiavamo prima la gustosissima polpa poi la buccia e alla fine il cucchiaio o il dito cercavano gli ultimi rimasugli fino a lasciare la tazza perfettamente pulita. Alcune volte la mamma ci dava anche delle castagne cotte e allora la dolce succosità del caco e la morbidezza della castagna si fondevano in una piacevolezza particolare.

Ancora oggi in Valtellina i cachi colorano di arancione le umide giornate autunnali, ma a differenza di tanti anni fa, spesso i frutti rimangono per tutto l’inverno alla mercé degli uccelli, senza essere colti. Forse per la scomodità di frutti troppo in alto, per la fragilità dei rami che non permettono di salire sulla pianta, per la necessità di utilizzare lunghe scale. O forse anche perché non più apprezzati con gioia dai bambini ormai abituati ad altri sapori.

Ma è giusto ricordare che si possono cogliere i cachi, anche nelle parti alte degli alberi utilizzando strumenti appropriati come il “coglifrutta”. Un lungo manico, comandato alla base, che termina con due “mani” che staccano i frutti dalla pianta senza schiacciarli.

Va anche ricordato che gli anziani consigliano di coglierli presto, quando sono ancori duri, conservandoli e facendoli maturare poi in cassette senza sovrapporli, in luoghi asciutti e freschi, per averli più belli, senza appassimenti della buccia.

Il caco è un frutto speciale. Energizzante, diuretico, lassativo, ricco di vitamine A, C e B, sali minerali, soprattutto potassio, calcio, fosforo, rame.

Protegge anche il cuore e aiuta ad abbassare il rischio di malattie cardiovascolari. Ricco di antiossidanti, fibre e minerali, previene infatti l’aterosclerosi coronarica. Dimostrate pure le virtù depurative, epatoprotettive e quelle di abbassare il colesterolo.

Ultimamente è stata segnalata anche, grazie alla presenza di tannini, la grande utilità nella difesa immunitarie riducendo l’infettività del Coronavirus.

Secondo “i risultati dei test condotti da un gruppo di ricerca della Nara Medical University della città di Kashinara, in Giappone, i tannini dei cachi sarebbero efficaci per indebolire l’infettività dei campioni di coronavirus presenti nella saliva”. Nei loro test, i ricercatori “hanno aggiunto un’alta concentrazione di tannini di cachi a un campione di saliva umana contenente virus CoVid-19, rinvenendo, dopo appena 10 minuti, che l’infettività del virus si era ridotta a un decimillesimo del grado iniziale”. Pur ovviamente prendendo l’informazione con cautela, rimane il fatto che la presenza di vitamina C e di betacarotene è sicuramente efficace per migliorare le difese immunitarie.

Ultima cosa. I cachi possono essere anche utilizzati in cucina, nella preparazione soprattutto di dolci, torte, budini, confetture. Ottimi in abbinamento con il cioccolato.

Ma non solo dolci, anche altri piatti. Vi suggerisco una ricetta originale e gustosa: risotto, cachi, gorgonzola e noci.

Preparate il solito risotto, con il trito di cipolla, la tostatura del riso, la spruzzata di vino bianco e la cottura lenta nel brodo aggiunto piano piano.

Terminata la cottura, a fuoco spento aggiungete la polpa frullata di 2 cachi, mantecate bene con il gorgonzola e alla fine, nel piatto, aggiungete alcuni gherigli di noci e alcuni ciuffetti di caco frullato. Vi assicuro un ottimo risultato. Buon appetito.

 

Renato Ciaponi

(dal Blog Il gusto del gusto, 22 dicembre 2020)


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