L'ultimo dei milanesi
Ciao, Antonia! 
di Mauro Raimondi
02 Dicembre 2020
 

Ciao Antonia!

Mi permetto di darti del tu perché ho più del doppio dei tuoi anni e potresti benissimo essere una delle mie studentesse del Serale.

Ti scrivo perché oggi è il 2 dicembre, il giorno in cui, nel 1938, ti recasti a Chiaravalle con i barbiturici nella borsa e ti sdraiasti sul prato gelido, aspettando di morire. Per un giorno saresti rimasta in sospeso tra vita e la morte, volando via la sera del 3 dicembre.

Che coraggio, hai avuto, Antonia. Avevi solo 26 anni e – lo sappiamo – il dramma del grande amore della tua vita, quello con Antonio Maria, che non avevi potuto realizzare per colpa di tuo padre, l’avvocato Roberto. A cui poi si è aggiunto l’enorme peso delle due altre passioni con Remo e Dino che non sono sbocciate: troppo, davvero troppo, per una persona sensibile come eri.

Non ce l’hai fatta, Antonia: come fartene una colpa?

Ci spiace che non ti siano bastati i viaggi all’estero – ti ricordi quello nel Mediterraneo a vedere le meraviglie delle civiltà antiche? –, la passione per la letteratura tedesca, per la fotografia, il desiderio di scrivere quel romanzo storico ambientato nella tua Lombardia; nemmeno le tue amate vacanze a Pasturo, in Valsassina, dove fin da piccola ti rifugiavi nell’immenso silenzio delle sacre montagne.

A questo punto ti chiederai perché ti sto scrivendo. Hai ragione. Volevo dirti che quaggiù tutti ti conoscono. E non per quello che hai fatto quel giorno di dicembre, ma per la tua poesia. Eugenio Montale ti ha definita la più grande poetessa italiana del ’900, i tuoi versi sono letti e tradotti in diverse lingue. Sei protagonista di film e documentari, la tua Milano ti ha pure dedicato una via.

Probabilmente, schiva come sei, non te ne frega nulla. E di certo avresti barattato questa fama con la possibilità di vivere serenamente insieme al tuo professore ascoltando musica, leggendo libri, viaggiando.

Qui ti vogliamo bene, Antonia. Probabilmente, schiva come sei, non te ne frega nulla. Sicuramente, avresti barattato questa fama con la possibilità di vivere serenamente insieme al tuo professoreUn’esistenza normale, insomma.

Qui ti vogliamo bene, Antonia. Probabilmente, schiva come sei, non te ne frega nulla. Sicuramente, avresti barattato questa fama con la possibilità di vivere serenamente insieme al tuo professorePurtroppo, è andata come è andata.

Ma adesso anche noi possiamo affermare quello che, di te, ha detto Ada Negri: “Antonia è viva, più viva di quando era con voi”.

Un abbraccio.

Mauro


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