Ritratti
Alberto Figliolia. A Nino e Sandro 
Omaggio a Sandro Mazzinghi, morto ieri a Pontedera, suo luogo natale
23 Agosto 2020
 

A Nino e Sandro

 

Anche il sangue era in bianco e nero

e voi ve le davate di santa ragione

per la gioia feroce della folla,

idoli di un passato che non torna.

 

Il sangue ti sporcava il bel viso, Nino,

d’attore non riuscito, pur se hai recitato

tutta la vita, come nessun altro ha saputo,

e il tuo jab colpiva perfido,

colpiva il bersaglio grosso

e le ombre nere, il presagio

di futuri giustizieri dal volto brunito,

l’animo spietato, di pietra

(com'era ancora lontano Carlos

dalla faccia d'indio senza tempo!).

Mulinavano le luci del Madison:

eran colpi e colpa di predestinato,

era ambizione irrisolta di uomo.

 

Sandro, animo genuino e guerriero,

quanto hai odiato il tuo contraltare,

quanto hai rivissuto i sinistri maligni

che ti piegavano le gambe, non l’orgoglio?

Sbiadita foto nel tempo che corre,

al centro del quadrato l’immagine vostra ideale,

a bordo ring i secondi lanciano

veloci esortazioni a colpire

e vani corrono i secondi

al suono aspro dell’ultimo gong.

 

Alberto Figliolia

(da Cieli di gloria-Poesie sportive, Edizioni Il Foglio)

 

 

Giovanni Benvenuti detto Nino (Isola d’Istria, 26 aprile 1938) è stato forse il più grande pugile italiano di tutti i tempi. Raffinato boxeur, quasi un esteta, aveva tuttavia un gancio sinistro da tregenda.

Amatissimo dal pubblico femminile, era bello come un attore – e in uno spaghetti western recitò persino al fianco di Giuliano Gemma – ma sul ring sapeva essere spietato.

Medaglia d'oro nei welter alle Olimpiadi di Roma, una volta passato al professionismo continuò a mietere successi divenendo campione del mondo dei superwelter, nonché campione italiano, europeo e mondiale dei pesi medi.

Sono nella storia della boxe i suoi incontri con Sandro Mazzinghi, da lui battuto due volte risolvendo infine una rivalità simile a quella che nel ciclismo aveva diviso un tempo bartaliani e coppiani o, in quegli stessi anni, mottiani e gimondiani, i combattimenti, negli States, con Emil Griffith – tre incontri che calamitarono l’attenzione di milioni di italiani fra radio e TV, e i due match contro il terribile picchiatore argentino Carlos Monzón, faccia e mani di pietra, che lo mise KO una prima volta nel 1970, costringendolo poi al ritiro dall’incontro (e definitivamente dal quadrato) per lancio della spugna al terzo round in una rivincita che sin da subito era apparsa troppo sbilanciata.

Un campione indimenticabile, capace di regalare infinite emozioni a chi ha avuto la fortuna di seguirne la carriera.

Alessandro Mazzinghi detto Sandro (Pontedera, 3 ottobre 1938-22 agosto 2020) è stato un pugile guerriero, gran cuore, incassatore e pugno pesante – non a caso il suo soprannome era il Ciclone di Pontedera.

Le sue battaglie sul ring erano sovente uno spettacolo selvaggio, sofferenza pura da cui il coraggioso Sandro, mai dono, non si ritraeva...

Detto della rivalità con il triestino Benvenuti e del suo esito agonistico, va rimarcato il fatto che Mazzinghi, dopo aver lasciato il titolo mondiale nelle mani del bel Nino, seppe riappropriarsene, dopo un altrettanto felice interludio europeo, il 26 maggio 1968, sconfiggendo il coreano Ki-Soo Kim nello stadio, gremitissimo, di San Siro. Fu, con ogni probabilità, il punto più alto della sua carriera durata sessantasei durissimi incontri.

Sandro Mazzinghi, un autentico campione. Anche di umanità.


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