Arte e dintorni
Aloïse Corbaz. L’estasi dell’eros 
A Losanna con Maria Paola Forlani
03 Luglio 2020
 

Grande figura dell’Art brut, Aloïse ha prodotto tutti i suoi disegni fantasmagorici durante il suo lungo internamento per schizofrenia. Se l’artista svizzera non fosse stata curata, non avrebbe probabilmente creato nulla.

(Michéle Laird, Losanna)

 

 

In occasione di due importanti mostre dedicate ad Aloïse, in corso a Losanna, è stato sollevato un interrogativo: la sua creatività sarebbe sopravvissuta ai medicinali odierni? Infatti i farmaci antipsicotici e antidepressivi alleviano la sofferenza di innumerevoli individui, ma possono anche arrestare lo slancio creativo.

Occhi azzurri che scrutano un mondo immaginario, seducenti damine che popolano raffinati ambienti abitati da personaggi storici, coppie di innamorati e protagonisti di opere liriche. Così si presenta l’arte di Aloïse Corbaz.

Settima di otto figli, nata nel 1886 a Losanna, in Svizzera, Aloïse è una donna alta, bella e con maniere molto distinte. Figlia di un impiegato delle poste, proviene da un contesto familiare semplice, segue i suoi studi fino a diplomarsi in musica.

Nel 1911, dopo una delusione d’amore, si trasferisce a Postdam vicino a Berlino, per lavorare come governante alla corte tedesca di Guglielmo II di Prussia, per il quale sviluppa una forte infatuazione. Nel 1914, anno della dichiarazione di guerra con cui ha iniziato il primo conflitto mondiale, comincia a manifestare disturbi comportamentali e, una volta tornata a Losanna, viene ricoverata in ospedale con diagnosi di schizofrenia paranoica. A soli trentadue anni, nel 1918, il suo stato mentale sempre più agitato indurrà la famiglia a portarla alla clinica elvetica di Cery dove rimarrà fino al 1920 quando sarà internata al La Rosiére, a Gimel, sempre in Svizzera, fino alla fine della sua vita nel 1964. Durante questo lungo periodo la bella signorina dai capelli rossi si trasforma, con il passare del tempo, in un’austera e canuta signora. Fu durante il suo ricovero che sviluppò la sua frenesia fantastica artistica, prima disegnando su biglietti di carta poi su fogli di grande formato cuciti tra loro con ago e filo. Questa attività rappresentò una forza vitale, quasi mistica, che la condusse a manifestare il suo potenziale creativo nella massima libertà. Il simbolismo di Aloïse, a prima vista, sembra essere poco più che un accostamento di colori vivaci, la gioia di disegnare viene espressa in maniera piena con personaggi teatrali e figure circensi, frutto della sua realtà interiore. Lo psichiatra Hans Steck, allora direttore dell’ospedale di Cery, e la giovane dottoressa Jacqueline Porret-Forel strinsero amicizia con Aloïse sin dal 1941 e la incoraggiano a disegnare procurandole gli strumenti per la sua arte.

Usando inizialmente pastelli, colori estratti da petali di geranio e dentifricio, Aloïse illustra, sviluppando il suo stile, storie sdolcinate con cui riempie interi fogli senza lasciare spazi vuoti. La scoperta del disegno fu una vera rinascita per lei, che le consentì di dare voce al suo universo privato attraversato dal dolore ma anche dal desiderio di esorcizzare i suoi tormenti grazie a un prodigioso sfogo di parole e immagini ricche di colore e allusioni La sua creatività proviene da una forma di inadeguatezza alla realtà, di rivolta contro la sua apparente tranquillità, come testimonia la sua opera più grande: Cloisonné de théatre. Nel 1951 Aloïse consegnò alla dottoressa amica Jacqueline un rotolo di carta su cui l’aveva disegnata, accompagnato da una lettera in cui descriveva i quattordici metri di questo capolavoro sulle cui superfici, fronte-retro, trionfa un caos euforico di cromie sgargianti che esprimono una gioia quasi infantile. È un’opera monumentale, suddivisa in tre “atti” tematici, ora nella collezione del Lam – Lille Métropole Musée d’Art Moderne, d’Art Contemporain et d’Art Brut di Villeeneuve d’Ascq, in Francia. Il primo atto, Grand Bal de nuit, evoca un antico mondo naturale e il fascino degli sfarzi principeschi e musicali. Il secondo, Le Ricochet solaire, tratta principalmente l’internamento di Aloïse, la sua rottura con la vita passata e la sua rinascita attraverso lo sviluppo di un universo tutto nuovo. Il terzo Psyché et l’amour, rivela come la sua arte rappresenti uno strumento di lotta contro il mondo esterno e una sorta di danza rituale per rafforzare il suo desiderio di libertà. L’intima connessione tra erotismo e amore è ben rappresentata dai colori rosso e azzurro che ritornano nei disegni di Aloïse. Sulla traccia di un pensiero trasgressivo, i suoi disegni – i primi realizzati nel 1920 ma in gran parte distrutti poiché si riteneva che le donne con malattie mentali non potessero fare arte – si adattano a un universo esplorato dal premio Nobel Octavio Paz nella prefazione della sua collezione di saggi La duplice fiamma, basati sull’intima connessione tra i due domini di erotismo e amore. L’ambizioso e visionario progetto dell’intellettuale messicano analizza le evoluzioni e le metamorfosi di questi due concetti chiave presenti nell’opera di Aloïse attraverso rispettivamente, il rosso dei corpi sensuali e l’azzurro degli occhi.

Aloïse stessa ha definito “miracolosa” la creatività, “L’unica fonte di estasi perpetua”. Jean Dubuffet, il pittore francese che ha coniato il concetto di Art brut, ha seguito il suo lavoro per quasi vent’anni e spesso le rendeva visita in Svizzera. Alla sua morte, nel 1964, ha affermato che la sua arte l’aveva guarita.

Il lavoro di Aloïse, considerata una delle figure più emblematiche dell’Art Brut, ha ottenuto la sua consacrazione attraverso le mostre al Foyer de l’Art Brut di Parigi, fondato nel 1947, appunto, da Jean Dubuffet nello scantinato della Gallerie René Drouin, e la pubblicazione della tesi di medicina della dottoressa Porret Forel.

La vita si fa arte e l’arte si fa vita per Aloïse che la espone come un diario intimo, la manifesta come un flusso inesauribili in continuo rapporto con l’attività della memoria. Ricordi, emozioni, idee e immagini che tesse con loro creando percorsi di riflessione interiore. I fogli che unisce rappresentano il suo spazio di libertà e le aree ricche di colore, in cui prevale il forte senso fisico e percettivo, sono testimonianza dei sentieri interrotti di arte e psichiatria.

 

M.P.F.


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