Dialogo Tf
Tonaca e mascherina. La CEI al tempo del Covid 
di Maria Lanciotti
02 Maggio 2020
 

Dov’è Dio?”

Dio è in terra in cielo e in ogni luogo: Egli è l’Immenso”.

Le prime nozioni del catechismo apprese da fanciullini innocenti, non si scordano mai. Come il primo amore. E stanno sempre lì a ricordarci ‒ sia pure in chiave prettamente laica ‒ che dovunque si volga lo sguardo, al di fuori o dentro di noi, il “Perfettissimo” si mostrerà in tutto il suo Mistero, insondabile per la mente umana e solo percepibile per quel nesso vitale che tutto e tutti comprende.

Ma sembra che così non possa funzionare per la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) presieduta dal Cardinale Bassetti, i cui vescovi in tempo di Covid-19 vanno a scontrarsi ‒ come tutti i comuni mortali ‒ con le restrizioni imposte per estrema necessità dal nostro governo e che a un certo punto hanno detto basta, dando il via a un’accesa diatriba con tutti i mezzi a loro disposizione, esigendo di poter riprendere in autonomia il ruolo di curatori delle anime, snobbando, e incitando così il mondo cattolico e non solo a fare altrettanto, le misure adottate dalle autorità istituzionali a tutela della salute pubblica.

Poiché, si legge nell’ultimo passaggio del comunicato CEI riferito al nuovo decreto contro il coronavirus per la fase due, annunciato dal presidente Conte lo scorso 26 aprile, “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.

Si capisce pienamente la preoccupazione e lo sconforto della chiesa cattolica in tale frangente, con le chiese vuote e tutte le cerimonie annullate, dal battesimo all’estrema unzione, con le “libere offerte” a quota zero, ed è certamente un dolore di tutto rispetto anche per tutti i credenti praticanti, ma santiddio ci troviamo tutti in altomare in burrasca sperando in possibili salvagenti, e dimenarsi a sproposito non è proprio il caso, piuttosto sarebbe auspicabile uno sguardo collettivo rivolto al cielo e alla terra e in ogni luogo, fidando nella Provvidenza e nel buon senso comune, nutrendosi alla sorgente della propria fede di appartenenza o alla spiritualità in senso lato, anche per provarne l’esistenza e la sostanza.

E a proposito del buon senso comune, va rilevato purtroppo che manca talvolta proprio in chi dovrebbe essere d’esempio, per incuria personale o altro che non è dato sapere. Come è capitato di notare in uno dei maggiori ospedali universitari della Regione Lazio, rigorosamente conforme alla normative anticoronavirus, in cui un giovane prete senza mascherina e senza guanti, presso un ascensore è stato redarguito da un semplice utente che gli ha ricordato di tutelarsi per tutelare. Un moto di sorpresa, autentica o simulata non è dato saperlo, e il giovane in tonaca nera si è cacciato subito dalla tasca guanti e un paio di mascherine, una caduta in terra e presto raccolta e rinfilata in tasca. “Ma vanno indossati?” Sì reverendo, vale per tutti.


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