In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “Circus of books” di Rachel Mason
27 Aprile 2020
 

Sarà un'affermazione che a molti suonerà ovvia: un documentario è un racconto allo stesso titolo di un film di finzione. Certo: ci aspettiamo che si attenga alla realtà dei fatti; usa ingredienti caratteristici, come le interviste ai protagonisti o ai testimoni; o stralci di materiali di repertorio. Ma, come un film di finzione, presenta dei personaggi, di cui può rendere la complessità psicologica; ammette dei colpi di scena; e può indurre nello spettatore un coinvolgimento emotivo profondo.

Se ci fosse bisogno di una riprova di questa forse evidente verità, basterebbe vedere un documentario appena uscito su Neflix intitolato Circus of books diretto da Rachel Mason.

Il titolo può far pensare che nel film si tratti di una comune libreria. È il nome invece di due negozi di Los Angeles, creati e gestiti dagli anni Ottanta da una tradizionale coppia di coniugi ebrei, negozi adibiti alla vendita di riviste e video pornografici gay.

Il film ci racconta come nacque la piccola impresa. Il marito – un uomo di indole profondamente mite, sempre sorridente, in gioventù anche brillante inventore di apparecchiature mediche – venne a trovarsi disoccupato. E allora la moglie – fervente devota alle funzioni della sinagoga, ma resa spregiudicata, intrepida dallo spirito imprenditoriale – avendo appreso che Larry Flint, il mitico editore della rivista erotica Hustler, bandita dalle edicole, era in cerca di punti di vendita alternativi – la moglie spronò il marito a darsi da fare per distribuirla a Los Angeles. Le vendite della rivista andarono talmente bene che i due coniugi poterono rilevare il loro primo negozio, e furono presto individuati dai primi editori di riviste erotiche gay come i distributori ideali delle loro pubblicazioni.

Il negozio ebbe presto un grande successo: non solo perché sorgeva nella West Hollywood, l'area più libertaria di Los Angeles; e perché diffondeva una merce ancora clandestina, bersaglio delle mire censorie dei crociati della famiglia; ma anche perché il negozio stesso diventò un luogo d'incontro. E una soffitta soprastante, una sala di lettura, consentiva ai lettori di storie più o meno pornografiche, un po’ come accadde a Paolo e Francesca, di diventare seduta stante i personaggi di quei racconti.

Il film di Rachel Mason non nasconde che il negozio attraversò momenti difficili. Durante la presidenza di Ronald Reagan, la vendita di quella merce rischiò di diventare un reato federale. E l’epidemia di AIDS falcidiò un’ampia percentuale dei clienti.

Ma se il negozio attraversò indenne tali intemperie, dovette soccombere all’ondata di Internet che, liberalizzando la pornografia, ne vanificò in gran parte il commercio.

Così quelle videocassette, quelle riviste, archiviata a mano nel Circus of Books, fanno un po’ la figura di commoventi reperti di antiquariato. Certo, alcune immagini possono apparire goffe, volgari, di cattivo gusto.

Ma a tale proposito vale la pena citare due semplici commenti che si ascoltano nel documentario.

Il primo – di un cliente di vecchia data del negozio – era che allora vedere due ragazzi nudi, a letto insieme, senza vergogna, era un fatto che poteva suscitare orgoglio.

Il secondo è della stessa proprietaria del negozio che, a proposito di una rivista gay degli anni Cinquanta, osserva che per un ragazzo dell’Iowa era un modo per scoprire di non essere il solo al mondo ad avere quei gusti sessuali.

Dicevo che in un documentario possono trovarsi anche dei colpi di scena. In Circus of books ce n’è uno così determinante per la comprensione dei personaggi, che non posso tacerlo.

A lungo i due coniugi tennero distante il negozio dalla loro vita familiare. Non ne parlavano apertamente ai loro tre figli, e a scuola, ai genitori degli altri bambini, dicevano soltanto di gestire una libreria.

Ma un giorno il destino mise alla prova questo regime di vita schizoide. Uno dei tre figli, divenuto ormai un giovane uomo, rivelò ai genitori di essere gay. La madre, in un primo tempo, la prese molto male. Pensò di essere stata punita da Dio per il suo empio commercio. Poi però, con l'energia positiva che la caratterizza, risolse la contraddizione in senso libertario. Il padre, invece, non religioso, dispiaciuto soltanto perché il figlio non gli aveva confidato fino ad allora quel segreto, con la sua sconsolata saggezza commentò: “Gli uomini possono approfittarsi di una donna esattamente come possono approfittarsi di un uomo”.

Si tratta di un documentario molto bello, da vedere su Netflix.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 25 aprile 2020
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QUI la scheda audio)


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