Diario di bordo
Vincenzo Donvito. Il populismo sanitario
31 Marzo 2020
 

Quasi una insurrezione invisibile? In una vita politica paralizzata dalla pandemia, con un Parlamento quasi abbandonato e un'opposizione in parte dedita a non aumentare le divisioni nel momento in cui il Governo e lo Stato conducono una lotta ardua e incerta contro il coronavirus, le proteste si rifugiano sui social network. Oltre a contributi intelligenti, critiche pertinenti, numerose richieste di solidarietà, una non marginale quantità di interventi aggressivi, offensivi e cospiratori si sta diffondendo alla velocità di un virus digitale. Un video che afferma che il Covid-19 è stato creato in laboratorio per scopi malvagi raccoglie milioni di visualizzazioni; così come hashtag di vario tipo che accusano “le élite" di aver consapevolmente fatto diffondere l’epidemia; il professore francese Didier Raoult, contro la sua volontà, diventa l’eroe massicciamente adorato di una controinformazione sommaria (cfr. La Stampa, 28/03/2020); i tweet vendicativi sostengono che la classe politica si protegge indebitamente con l’aiuto di trucchi scandalosi, ecc.

Un modo di interloquire becero con ragionamenti tra la fantasia e le credenze mistiche procede sui social, estendendo in ambito sanitario la ruvida e demagogica retorica che infesta la vita politica. La sofferenza delle persone viene presentata come il risultato di una cinica e irresponsabile scelta dei leader della politica. Al dilagare del virus che preoccupa i più e impegna allo stremo medici, infermieri e tutte le professioni sanitarie, farà seguito il dilagare del populismo? Non lo sappiamo, ma l'ipotesi non è improbabile.

Il paradosso del populismo si manifesta vividamente su scala internazionale: sono proprio i leader portati al potere dalla stessa rabbia popolare a guidare le politiche più discutibili.

Negli Usa, Donald Trump ha negato con determinazione, per un mese, la gravità della crisi. Prendendo atto che il suo Paese stava diventando uno dei più colpiti dal virus, ha fatto una retromarcia brutale, e sostenendo che le misure di contenimento sarebbero state rapidamente revocate e che l'economia americana sarebbe ripartita a Pasqua... quando i suoi stessi consiglieri prevedono una lotta molto più lunga. Trump ha subito proposto di isolare completamente lo Stato di New York dal resto del Paese prima di cambiare idea poche ore dopo. Di fronte alle prove e alle preoccupazioni diffuse, con un ritardo di un mese che costerà molte vite, ha deciso di adottare le misure di buonsenso adottate nella maggior parte degli atri Paesi. Tiene conferenze stampa quotidiane di autocompiacimento, congratulandosi con il suo pubblico televisivo come un produttore di reality show, oltre che autocompiacendosi mentre predice che alla fine ci saranno solo “100.000 morti” (sic), e questo – sostiene – dimostrerà l’efficacia delle sue decisioni.

In Gran Bretagna, l’uomo finalmente realizzato della Brexit, Boris Johnson, ha anche minimizzato la crisi e ha sostenuto che il virus avrebbe dovuto diffondersi per immunizzare la popolazione. Di fronte alle previsioni di intasamento totale del sistema sanitario britannico, e di fronte alla macabra conta dei morti che – secondo Johnson – ognuno avrebbe dovuto fare tra i propri cari... come Trump ha fatto un totale voltafaccia ed ha adottato il confino generale, così come poche settimane prima era accaduto nel resto d'Europa, mentre lui stesso è stato infettato dal virus.

In Brasile, Jair Bolsonaro continua a negare la gravità della pandemia e continua a stringere le mani nei suoi bagni di folla, sostenendo che non si deve paralizzare l'economia del suo Paese con misure precauzionali restrittive. Un miracolo salverà i brasiliani? Intanto intorno al presidente, tra gli esperti che lo consigliano, i dubbi sembra che guadagnino terreno.

In sostanza, il populismo denuncia i governi che stanno provando a combattere quasi razionalmente la pandemia, ma laddove il populismo è al potere, dimostra il caos dove i suoi istinti irrazionali lo trascinano. Nulla di sorprendente.

In Italia, dove i populisti al potere sono un po’ mitigati dalla presenza in coalizione di partiti non ufficialmente populisti, quelli all’opposizione (coi leader Matteo Salvini e Georgia Meloni), sono schizofrenici perché si lamentano per il tardivo e insufficiente intervento di quella Unione Europea che in ogni momento denunciano come inutile, ingombrante e da cui vorrebbero uscirne. Non solo, ma si arriva ad una paradosso come questo: il leader della Lega che, denunciando l’inutilità dell’apertura dei tabaccai come attività essenziali durante il confino, si lamenta del fatto che le chiese siano chiuse: “Vero che si può pregare in casa, ma una preghiera diretta può fare la differenza”… Lamento che ha una “logica” solo nell’intento di strumentalizzare la situazione a fini di consenso, accreditandosi più religioso della Chiesa cattolica che invece ha fatto proprio il confino imposto dal governo.

Sulla razionalità umana e sanitaria di questo lamento usiamo le parole di Bertrand Russell: “Nel Medioevo, allorché la pestilenza mieteva vittime, santi uomini riunivano la popolazione nelle chiese per pregare, cosicché l'infezione si diffondeva con straordinaria rapidità fra le masse dei supplicanti. Ecco un esempio di amore senza conoscenza”.

Ripetiamo: Nulla di sorprendente.

Teorizzato (e attualizzato) anche di recente da intellettuali come la politologa belga Chantal Mouffe,* il populismo consiste non nel cercare col contraddittorio del dibattito le migliori soluzioni per la società, ma nel designare un nemico comune alla società e di tracciare tra questo nemico e gli altri una linea di demarcazione che strutturi la vita politica. Questo nemico è incarnato da “quelli che dallalto...”, dalla loro arrogante conoscenza, dalla loro presunta competenza, sia eletti che medici o altri esercenti le professioni liberali. E quando questa odiata élite viene sostituita al potere dai rappresentanti del popolo arrabbiato, si continua a denunciarla come un'entità malvagia che ostacola sempre la volontà popolare. Quando l’ideologia invade la scena pubblica, i fatti perdono la loro importanza, la logica svanisce e prevalgono i discorsi e le teorie più contraddittorie con l’intento di stigmatizzare il nemico immaginario, con ogni mezzo, e col supporto dell’applauso del popolo arrabbiato.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

* Professoressa di Teoria Politica all’Università di Westminster, Londra. Autrice assurta alle cronache soprattutto grazie al libro Per un populismo di sinistra (una presentazione su il manifesto, 13/11/2018).


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