Diario di bordo
Stati Uniti d'Europa. Coronavirus: prima gli italiani? 
di Primo Mastrantoni
17 Marzo 2020
 

Roma – “Prima gli italiani”. È uno slogan che abbiamo sentito nei mesi scorsi, al quale si era aggiunto “Prima gli italiani di Foggia”, scritto in un manifesto affisso nel corso della campagna elettorale, nell'omonimo capoluogo di provincia. Ci aggiungiamo, anche, “Prima gli italiani del Nord”.

A scelta, la rivendicazione di quartiere.

Insomma, è tutto un guardarsi l'ombelico, a farsi i fatti propri e non guardare oltre.

Viene in mente Francesco Guicciardini (1483-1540), letterato e storico fiorentino, per il quale si deve “badare alla realtà delle cose, senza spingere lo sguardo al futuro troppo remoto”; già, ma così non avremmo avuto Galilei, né Colombo, né gli scienziati o i grandi della Politica che hanno consentito 75 anni di pace e prosperità in Europa.

Ora si ode un “Prima i tedeschi”; sicché, la Germania chiude le frontiere con  Svizzera, Francia, Austria, Danimarca e Lussemburgo.

Prima i francesi e i tedeschi”, così Francia e Germania rallentano il trasferimento di materiale sanitario verso l'Italia.

Ancor oggi, leggiamo le dichiarazioni di qualcuno che vuole “più poteri alle Regioni”. Non ha, ancora, capito che il virus non conosce confini.

E l’Unione europea?

La Ue, lo ribadiamo, non ha competenze sulle politiche sanitarie dei singoli Stati. Svolge un ruolo di complemento, di coordinamento e di solidarietà in caso di “grandi flagelli”. L'appello dell'Italia per l'attivazione del Meccanismo di protezione civile ha trovato tiepide corrispondenze in sede europea.

È il risultato de “L’Italia agli italiani”, “La Germania ai tedeschi”, “La Francia ai francesi”, e così via.

Quando si capirà che il sovranismo, ovvero, il nazionalismo, fa male a tutti, sarà sempre tardi.

Occorre un ministro della Salute europea, occorrono gli Stati Uniti d’Europa.

 

Primo Mastrantoni, segretario Aduc


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