Diario di bordo
Carlo Forin. Covid 19 virus intelligente
03 Marzo 2020
 

Lo speciale Scienze rivela un modo giusto per affrontare il coronavirus come virus intelligente: colpisce lieve come influenza ed induce il colpito a trattarlo con leggerezza e continuare ad andare in giro con la sua ‘cosa da niente’. Non è un virus stupido, come l’Ebola, che uccide subito, allarma tutti e si fa isolare. Così si diffonde, rapidamente, senza allarmare dentro l’80% dei colpiti radicandosi dentro i più vissuti, che non cambiano abitudini per una leggerissima influenza, fino a triturare, con la sua costanza, i record di vittime dei ben più cattivi coronavirus fratelli. (Cfr. Elena Dusi, “Un virus intelligente ma ora bisogna scoprire tutti i suoi punti deboli”, Rep speciale Scienze “Anatomia del coronavirus”, da cui sono tratte le citazioni di seguito, ndr)

«I ritardi e le imprudenze

La preoccupazione ha spinto anche la nave da crociera Diamond Princess ad attraccare nel porto giapponese di Yokohama il 3 febbraio. Ma con calma, solo a partire dal 5 febbraio, si è stabilito di chiudere tutti nelle loro cabine. Nel frattempo, per due giorni, balli, gare e lezioni di ginnastica sono andati avanti.

Non sempre, possiamo dire oggi, siamo stati all’altezza dell’intelligenza del virus. Il 20 febbraio, con il mondo sull’orlo di una pandemia, i contagi a quota 75 mila e i morti a 2 mila, Macao, il regno dei casinò, ha deciso di rimettere in moto le roulette. Vietato assembrarsi attorno ai tavoli e fare puntate senza mascherine. Ma solo il futuro ci dirà chi ha vinto la scommessa».

 

«Il tallone d’Achille del virus

La partita, per noi umani, non è certo persa. È vero che non abbiamo medicine per prevenire o curare Covid-19, la malattia da coronavirus. Ma per quanto furbo, anche il microrganismo ha i suoi punti deboli. Si trasmette con le goccioline di tosse e starnuti, ma solo con quelle più grandi, sopra ai 5 micron, incapaci di allontanarsi più di 1,5-2 metri dalla persona contagiosa e di persistere nell’aria oltre pochi secondi. Si è calcolato che ogni persona ammalata ne infetti altre 2,5-3, mentre il morbillo può arrivare a 15, grazie alla sua capacità di cavalcare le goccioline dal respiro più piccole di 5 micron, di restare sospeso nell’aria e di viaggiare con le correnti, allontanandosi anche di parecchi metri».

Mi pare che il nemico sia individuato con precisione prossemica.

 

«Ossigeno per guarire

Il punto di forza del coronavirus – colpire l’ospite nell’80% dei casi con sintomi lievi – è anche la sua debolezza. Solo il 5% dei contagiati sviluppa una polmonite seria. In assenza di altre malattie, al netto di complicanze, anche i malati gravi hanno buone chance di guarigione, se aiutati con l’ossigeno, il ricovero in terapia intensiva e una buona assistenza. Tutto dipende dal sistema sanitario di un paese e dalla sua capacità di reggere il peso di un gran numero di contagi. A Wuhan, nelle fasi più acute, gli ospedali hanno faticato a fare fronte al dilagare di Covid-19 e la mortalità è arrivata al 3%. Nel resto del mondo, dove i pochi malati sono stati presi in cura con tutte le attenzioni, si è rimasti allo 0,7%».

Noi italiani abbiamo ancora un sistema sanitario buono. Lo 0,7% di decessi è minimo.

 

«I bambini si salveranno

Il coronavirus ha la caratteristica piuttosto misteriosa di risparmiare i bambini, o di colpirli in modo lieve. Solo l’1% dei contagiati ha meno di 10 anni. La prima volta che si parlò di contagio asintomatico, a gennaio, fu proprio a proposito di un ragazzino di 10 anni di Shenzhen, rimasto sano in una famiglia tempestata dai contagi dopo la visita a un parente all’ospedale di Wuhan. I genitori, preoccupati, vollero che fosse sottoposto al test nonostante la sua buona salute. E lui in effetti è risultato positivo, come una sorta di portatore sano, a confortarci che in uno scenario totalmente da fantascienza in cui il coronavirus ci sterminasse tutti, resterebbero i bambini a popolare un mondo nuovo».

Un settantaduenne come me resta pacificato da questa sicurezza.

 

«Gli scenari futuri

È molto più probabile che al coronavirus sopravviveremo (almeno a questo, in attesa che arrivi il prossimo). Ma davanti a noi abbiamo scenari differenti. Non sappiamo quanto i contagi siano diffusi nel mondo. I test per diagnosticare la malattia sono costosi, laboriosi e richiedono tecnologie complesse. Wuhan, nella fase calda dell’epidemia, non è riuscita a seguire l’onda montante dei contagi con i kit diagnostici che aveva a disposizione, e ha dovuto cambiare criterio di conteggio dei malati, inserendo nella lista chi mostrava segni di polmonite alla tac».

 

«L’anello più debole della catena

Paesi popolosi come l’Indonesia o un continente ricco di traffici con la Cina come l’Africa hanno registrato un numero così basso di casi da risultare sospetto. L’Organizzazione mondiale della sanità ricorda che di fronte a questa epidemia “siamo forti quanto è forte l’anello più debole della nostra catena”. E che paesi dal sistema sanitario zoppicante potrebbero essere travolti da un’ondata di ammalati che si è rivelata difficile da gestire perfino per un paese organizzato come la Cina. Non sappiamo poi se questo coronavirus ha un andamento stagionale ed è destinato a eclissarsi con la primavera».

 

«In attesa del vaccino

Nel lungo periodo – le stime variano da uno a tre anni – dovremmo mettere a punto un vaccino. Forse ci salverà dal ticchettio di morti e contagi. O forse farà la fine del vaccino della Sars, riposto su uno scaffale per mancanza di malati. Il virus, dopo aver spadroneggiato nel mondo per più di un anno, se ne andò come era venuto. Lasciando ferite e paura. Ma non abbastanza da indurci a prevenire oggi la nuova epidemia. E qui sta forse il nostro limite, nella gara di intelligenza senza tempo fra uomini e virus».

In realtà il tempo registra 3 miliardi e mezzo di vita a virus e bacilli e meno di 6 milioni di anni ad ogni ominide, col homo sapiens nato 35.000 anni fa intelligente.

Dunque il virus perderà il confronto.

 

Carlo Forin


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