Pianeta jazz e satelliti
Roberto Dell’Ava. Nexus: una conferma
27 Febbraio 2020
 

Nexus è un collettivo fondato nel 1980 dal sassofonista Daniele Cavallanti e dal batterista Tiziano Tononi. In quattro decenni nel gruppo sono transitati molti musicisti, ma la filosofia è rimasta immutata: la tradizione della musica afro-americana innervata dalla sperimentazione dei linguaggi ha sempre contribuito a creare una musica viva e vibrante, ricca di pathos, di accelerazioni e di istanze free senza però mai dimenticare il blues. Insomma, una certezza per l'appassionato, e questo a prescindere dalla formazione.

La serata al Circolo Libero Pensiero di Lecco ha quindi visto oltre ai due leader, Francesco Chiapperini all'alto e al clarinetto basso, Paolo Botti al violino, Tito Mangialajo Rantzer al contrabbasso e Luca Gusella al vibrafono. Come sempre una formazione compatta, perfettamente rodata e capace di accendere il pubblico sin dal primo brano, Soundship per la penna di Cavallanti.

Nexus si caratterizza anche per la fertile vena compositiva dei due leader, tre i brani accreditati al sassofonista e due al batterista, nel mezzo due composizioni di Andrew Cyrille, nume tutelare di Tononi, High Priest e Metamusician's Stomp. La forza del gruppo non poggia solamente sulle spalle dei leader ma trova sangue giovane e fresco nei musicisti che di volta in volta entrano a fare parte di Nexus.

Straordinario l'innesto di Gusella, che con le sue sonorità amplia la tavolozza timbrica e inserisce colori pastello in un contesto dalle tinte forti. Ma impossibile dimenticare ciascun componente del gruppo, dalla forza nitida e sicura espressa dal contrabbasso alle sortite solistiche di Botti e Chiapperini. Più di ogni altra cosa rapisce nell'ascoltatore quel blend di ritmo e melodia, accelerazione e rarefazione, swing e interplay.

Non che avessi dei dubbi, ho avuto la fortuna di ascoltare Nexus molte volte e sempre in formazioni differenti, ma ogni volta ne sono rimasto conquistato. In quarant'anni di attività il gruppo ha sfornato una dozzina di album, spesso con notevole riscontro da parte della critica nazionale e internazionale. Se Cavallanti e Tononi hanno un torto, ebbene, è quello di essere nati in Italia. In Francia sarebbero da tempo considerati un patrimonio nazionale e come tale godrebbero di una visibilità e di un consenso che ampiamente meriterebbero. Purtroppo per loro e per fortuna per noi, sono italiani, e sono tra i migliori jazzisti del nostro paese, e i numerosi appassionati che si sono dati appuntamento a Lecco lo sanno bene.

 

Roberto Dell’Ava

 

 


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