Arte e dintorni
Maria Paola Forlani. L’Architettrice
27 Gennaio 2020
 

È impresa difficile ricostruire, nella sua complessità, la vita di Plautilla Bricci, affidandosi alla scarsa documentazione e alle poche opere superstiti. Questa sfida è stata colta da Melania G. Mazzucco, con il romanzo L’Architettrice, che è riuscita a mettere in relazione i rari documenti con gli intrecci politici, culturali e religiosi, che vedono a Roma nella seconda metà del Seicento, il lento ma inesorabile affermarsi di una condizione artistica al femminile. Profonda conoscitrice della storia delle donne artiste nella Roma Barocca, la studiosa affronta la problematica formazione della Bricci, mettendo a fuoco il ruolo fondamentale sostenuto dal padre, intellettuale eclettico, pittore legato al Cavalier d’Arpino, musicista, scrittore di testi teatrali e cronista mondano, ma soprattutto abile tessitore di amicizie influenti nell’orbita filo-francese dei Barberini. Nell’attraversare la poliedrica attività di Giovanni Bricci il lettore è proiettato nel clima erudito dei circoli artistici, letterari e musicali romani, dove emergono protagonisti importanti per il destino futuro di Plautilla: Giovanni Capponi, amico di Maffeo Barberini, Il Cavalier d’Arpino, Teofilo Sertori, potente avocato romano, che è in rapporto con il Cardinale Mazzarino. Nella vita del padre, secondo Melania G. Mazzucco, si nascondono le tracce più significative che giustificano l’affacciarsi della figlia nella scena romana, sul finire del terzo decennio.

Fin dall’esordio, Plautilla come pittrice mostra una tangibile influenza del Cavalier d’Arpino, alla cui bottega verosimilmente la giovane allieva viene introdotta dal padre. I rapporti con il Cesari durano nel tempo. Sul 1660 circa nella Nascita della Vergine (Roma, chiesa di Santa Maria in Campo Marzio), attribuita a Plautilla dalla Mazzucco, si evidenzia stringenti parallelismi con la pala d’angolo soggetto eseguito dal Cavalier d’Arpino per la chiesa di Santa Maria di Loreto, tanto da suggerire l’ipotesi che la pittrice si sia servita di una stampa o di una incisione del dipinto del Maestro. Ma Giovanni Bricci, promuove la carriera della figlia non solo come pittrice ma anche come “architettrice”, inserendola nell’ampia cerchia di committenze legate alla cultura filo-francese, dove sta emergendo, nella letteratura femminista con Marie De Gournay e Madeleine de Scudéry, l’ideale della Femme forte, che sembra trovare una concreta realizzazione nelle moderne sovrane, Maria de’ Medici e Anna d’Austria.

In questo clima filo-francese sembra sia stato Teofilo Sertori a introdurre la Bricci presso l’Abate Elpidio Benedetti, l’autorevole committente che la coinvolge in una progettualità architettonica del tutto anomala in Italia per una donna. Lo studio teorico e pratico dell’architettura presenta ostacoli quasi insormontabili per una donna, dal momento che i corsi di architettura nell’Accademia di San Luca, ufficialmente vengono istituiti solo dopo il 1670. Convincente è l’ipotesi sostenuta nel romanzo da Mazzucco che la vera scuola per Plautilla siano stati i cantieri ticinesi largamente presenti a Roma, frequentati assieme al fratello Basilio architetto, mentre per l’istruzione teorica di primaria importanza sia stato il manuale come il Thaumaturgus opticus di Jean-François Nicéron, pubblicato nel 1646, con dedica al Cardinale Mazzarino, che ha scelto Benedetti come uomo di fiducia. A persuadere l’abate ad una scelta così coraggiosa può essere stata secondo Totti (1638) la sorella pittrice Suor Maria Eufrasia della Croce, carmelitana nel convento di San Giuseppe a Capo le Case, legata da amicizia profonda alla Bricci.

Tra le opere non resta quasi nulla della Domus Magna di via Monserrato, ristrutturata tra il 1656 e il 1658 da Benedetti, con la collaborazione della Bricci, ma resta un taccuino di disegni, in cui è evidente il valore significativo della prima attività di Plautilla architettrice sotto la guida dell’abate, che fra le tante attività pratica anche il disegno architettonico.

Anche la Villa Benedetta sulla Aurelia Antica, che doveva essere una eloquente manifestazione dell’identità filo-francese del committente è andata completamente distrutta nell’assedio del 1848.

Non è ancora chiara la strategia politica che ha concesso alla Bricci il privilegio dei lavori nella cappella dedicata a San Luigi IX in San Luigi dei Francesi.

È il cardinale Francesco Barberini, intellettuale di grande cultura e stimatore del genio femminile a procurare alla Bicci le ultime commissioni.

Nel Giubileo del 1675 la Compagnia della Misericordia di Poggio Mirtello, commissiona a Plautilla lo stendardo processionale: una tela di grandi dimensione dipinta sui due lati, con la Nascita e il Martirio del Battista (Oratorio di San Giovanni, Poggio Mirteto). Pur in assenza di documenti, la decorazione di stucco bianco e dorato, eseguita tra il 1675 e il 1684, nella collegiata di Poggio Mirteto, viene attribuita alla Bricci: un trionfo barocco di nubi, angeli e di silhouttes, dove rivive l’estro berniniano già sperimentato nel complesso decorativo di San Luigi dei Francesi, a testimoniare un patrimonio tecnico e stilistico comune agli allievi del Bernini.

Nel 1602 alla morte del fratello Basilio, Plautilla che non si era mai sposata, entra nel Monastero di Santa Margherita, dove muore il 13 dicembre 1705.

 

M.P.F.

 

 

Melania G. Mazzucco, L’Architettrice

Enaudi, 2019, pp. 568, € 22,00


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