Prodotti e confezioni [08-20]
Vetrina/ Maria Lanciotti. Romanza
29 Dicembre 2019
 

I

Bussa bussa

scrocchia le tue nocche.

Tanto attesi

che s’ossidò la chiave

e la mia mano

fu colta da paresi.

Bussa bussa

che m’inebria il cuore.

Tanto attesi

che mi feci sorda

e solo suoni

m’escon dalla bocca.

Bussa bussa

che la porta si sfalda.

Il fabbro che la fece

è sotterrato

chi la commissionò

andò ramingo.

Bussa bussa

scalcia come ossesso.

La ruggine

son scaglie velenose

più non respiro

in questo buco fondo.

Bussa bussa

e porta almeno un fiore.

 

II

Là mi specchiavo

nella cornice scura

del tuo guardo.

All’ombra della forca

c’era il boia

accanto avevo un prete

che pregava

e un giullare triste

che rideva.

Attorno al palco

c’era tanta gente

e mercanti di droghe

sottobanco

e schiavi ignudi

tirati alla catena.

In mezzo al cielo

sfrecciavano saette

tamburi battevano

gli dei

cherubini danzavan

coi demoni.

Pascevano nei campi

calme le greggi

mirava il lupo

la tenera capretta

senza ferocia

senza tenerezza.

Cosparso d’acido

quello specchio osceno

corrosa ogni cosa

vi disparve

e mi tuffai nell’acqua

del ruscello.


III

Piangere

come Dioniso pianse per Ampelo

invertire potrebbe la rotta del destino

scompaginare l’ordine degli accadimenti

il corso stabilito delle ore.

 

Potrebbe un pianto vero

portare canto laddove v’è lamento,

la morte riassorbire che dondola dai rami

abbattere la porta del diniego.

 

Maria Lanciotti


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