Arte e dintorni
Ho il fine settimana libero 
A cura di Alice Ravera
Barbarah Guglielmana, ‘Tazze aforismana’
Barbarah Guglielmana, ‘Tazze aforismana’ 
13 Novembre 2019
 

Iniziare il lunedì ha il sapore dell'inizio. Prendo la tazza IMMERGERSI È COME UNO SCOTTARSI e penso che se mi alzavo prima potevo preparare il pane con il burro e la marmellata buona, quella fatta in casa, ma visto che continuavo a spostare la sveglia, finché è caduta dal letto, ho perso il tempo della meditazione. Ho buttato un filo storto di rossetto, e come ogni lunedì corro in stazione prendendo un caffè al volo e con la brioche industriale che nuota in poca acqua inizio a digerire il primo boccone della settimana; lavorerò contribuendo al successo dell'azienda, mangerò alla mensa con i colleghi osservando il cambio della stagione, penserò che non tutti hanno una settimana scandita canonicamente.

 

Martedì PENSO A ONDATE. Credo che farò Yoga, che riprendo con l'inglese, il corso di illustrazione a Milano sarebbe interessante, forse rimando a domani la lavatrice, a casa devo preparare quella relazione (che rimando dal mese scorso), ho da preparare la cena: farò una zuppa di quelle pronte. Volevo fare il risotto con le arance, fare una buona torta di quelle che profumano e tengono compagnia. Ho da leggere Fanon, volevo sbirciare nella Moscardelli, Severgnini lo recensisco un'altra volta. Potevo andare al cinema. Dormirò, perché domani mi aspetta un'altra interminabilità.

 

Mercoledì dopo l'attività sportiva sono VUOTA MA RIEMPIBILE, continuerei a far canestro. Andrei in corsa sul Fiume e tornerei, poi tornerei sul Fiume e ritornerei indietro, non all'infinito. Ho iniziato a giocare a basket da piccolina, anche quando sono diventata una gigante ho continuato. Ero brava. Gli allenamenti ogni settimana, la partita ogni fine settimana. I festeggiamenti con la squadra nella vittoria e nella perdita! Preparo una tisana di alta montagna adesso, o del latte con cognac, in queste 'tazze aforismana' ci sta bene tutto.

 

Giovedì ha un nome aperto, quasi felice, il giovedì è di suo un giorno felice, certo anche lui me l'ha detto: HO I MIEI TEMPI. Mi sono fermata a guardare il cielo con le sue nuvole, grandi che si perdono in piccolezze, e il sole che disperde i suoi raggi altrove, e ho capito che è un amore che non è partito, che non ha una sua bandiera per capirci. E oggi non aver bandiere può essere la dimostrazione di grandi forze perché schierarsi non ha più un senso, non c'è un senso nello schieramento, e nello stesso tempo la mancanza di Utopia ci muore prima, non ci riempiamo, e non ci svuotiamo certo. Sì, perché un amore è per l'altro, è per il popolo, è per l'esistere. È un esserci.

 

Venerdì PORTO TUTTO DENTRO E POI LO ESPORTO FUORI: so che dopo il raccolto della settimana il contadino finge di fermarsi, come in autunno dopo la vendemmia la terra sembra andare a dormire, mentre l’uomo la riempie di foglie e frutti marci, taglia le sue viti secche, si ripara mangiando castagne e cachi, accende un focolare ed inizia a cercarsi dentro.

 

AFORISMANA”


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