Pianeta jazz e satelliti
Roberto Dell’Ava. Monty Alexander, Wareika Hill
03 Settembre 2019
 

Monk was truly different in every way. The way he played music, the way he played the piano, the way he led his band, the way he walked down the street. He would play his facile runs down the piano keyboard and it felt to me like he was playing them upwards, it felt somehow like he was playing back to front. His sense of rhythm was his own, like no one else’s. Like a Rastafarian in Jamaica, he was different”. – Monty Alexander

 

 

Il settantacinquenne “Monty” Alexander è un pianista giamaicano attivo sulla scena da metà degli anni sessanta e con un impressionante curriculum di collaborazioni con alcuni tra i più grandi musicisti americani (tra gli altri Ray Brown, Dizzy Gillespie, Milt Jackson, Sonny Rollins e Clark Terry). Il suo stile inevitabilmente risente delle sue radici caraibiche unite alla preponderante influenza di giganti del pianoforte quali Art Tatum, Oscar Peterson, Wynton Kelly e Ahmad Jamal.

Negli anni ‘90 ha formato un gruppo reggae con musicisti giamaicani con i quali ha registrato diversi album (tra gli altri Stir it Up del 1990 con composizioni di Bob Marley). Ha suonato moltissime volte anche in Europa dove lo si ricorda soprattutto per il suo trio con John Clayton al contrabbasso e Jeff Hamilton alla batteria.

Da pochi giorni è uscito l’ultimo album, interamente dedicato alla musica di Thelonious Monk visto da una angolazione prettamente caraibica, e cioè riletto alla luce di ritmi e arrangiamenti reggae e ska. Una operazione difficile e rischiosa e che, molto probabilmente, susciterà pareri contrastanti. Però, prima di sminuire Wareika Hill sarebbe il caso di dedicargli qualche attento ascolto per scoprire che c’è un notevole lavoro di Alexander sia come musicista che come arrangiatore.

 


 

Fa un certo effetto riascoltare temi celebri con l’aggiunta del ritmo in levare, e se in un primo tempo può risultare spiazzante, dopo qualche ascolto diventa a mio parere sicuramente divertente. Wareika Hill non entrerà nella memoria collettiva delle migliori reinterpretazioni della musica di Monk ma è un divertissement di gran classe con l’utilizzo di ottimi musicisti protagonisti di splendidi assoli. Undici tracce registrate in studio più una versione live di Well You Needn’t catturata a Parigi rappresentano al meglio la lunga preparazione a questo lavoro, la sensibilità e la capacità del pianista di fondere mondi musicali apparentemente così lontani.

Il titolo dell’album, Wareika Hill, si riferisce ad un luogo vicino alla casa di Alexander in Giamaica in cui i musicisti rastafari si riunivano per suonare, diventando così una delle prime ispirazioni musicali del pianista.

Wayne Escoffery in Well You Need Not, Ron Blake in San Francisco Holiday, John Scofiled in Bye-Ya, Joe Lovano in Green Chimneys impreziosiscono le trame ben note della musica di Monk con i loro assoli ispirati.

A fianco di Monty Alexander, che suona il piano ed ha coprodotto la registrazione con la moglie, la cantante italiana Caterina Zapponi, si possono ascoltare JJ Shakur al contrabbasso, Jason Brown, Obed Calvaire e Karl Wright alla batteria e percussioni, Andy Bassford alla chitarra, Leob Duncan e Courtney Panton al basso elettrico, Junior Wedderburn, Abashani Wedderburn, Bongo Billy nyabinghi drums, Earl Appleton alla tastiere elettriche, Ron Blake e Wayne Escoffery al sax tenore, Andrae Murchison al trombone più gli ospiti speciali John Scofield e Joe Lovano.

Un album che presumibilmente non comparirà nelle classifiche dei migliori dell’anno, ma se volete qualcosa di conosciuto in una fantasiosa chiave melting pot il divertimento non vi mancherà.

 

Roberto Del’Ava

 

 


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