Rimeditazioni
Che ci resta dei doni del Natale
22 Gennaio 2007
 
Natale, che cosa possiamo augurarci reciprocamente se non di essere all’altezza del destino e delle responsabilità a cui questo dono ci chiama, corrispondervi con una sempre più aperta, confidente, consapevole vita di comunione con gli altri, e, tra gli altri, soprattutto con gli ultimi e con i reietti (e non, eventualmente spingerli lontano da noi), che per Colui di cui celebriamo l’Avvento, sono i primi.
 
Natale è tempo di doni. Ma è anche, innanzitutto, soprattutto, essenzialmente un dono esso stesso. Il dono che Dio fa – non di una grazia, non di qualcosa di esterno e di contingente – ma di se stesso agli uomini.
Verbum caro factum est, et habitavit in nobis: il Verbo si è fatto carne e abita in mezzo a noi. Questo pensiero, questa intenzione eterna di Dio che diventa visibile sotto le forme di ciò che v’è al mondo di più inerme e di più fragile: un piccolo bambino. Un piccolo bambino destinato però a crescere, a dire certe cose, a farne certe altre, a morire per noi, a vincere per noi la morte. Non un ospite di passaggio, o uno straniero che ha smarrito la strada. Uno di noi, uno come noi.
A Natale Dio si fa uomo, Dio si fa carne, Dio si fa umanità. Ora, se è così, che cosa possiamo augurarci reciprocamente se non di essere all’altezza del destino e delle responsabilità a cui questo dono ci chiama, esserne all’altezza e corrispondervi come individui e come comunità. Corrispondervi non in questo momento soltanto, ma in ogni giorno della vita, con una sempre più aperta, profonda, consapevole vita di comunione con Dio. E poiché la comunione con Dio – secondo una verità che l’esperienza di questi anni ci porta man mano a riscoprire – sta a capo del filo a cui si regge, indivisibilmente, la varietà delle comunioni umane a tutti i livelli, corrispondervi con una sempre più aperta, confidente, consapevole vita di comunione con gli altri, e, tra gli altri, soprattutto con gli ultimi e con i reietti (e non, eventualmente spingerli lontano da noi), che per Colui di cui celebriamo l’Avvento, sono i primi.
 
Camillo de Piaz
(da Tirano & dintorni, dicembre 2006)

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